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Across The World: “Mozambico e Sudafrica – capitolo 1”

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Famiglia mozambicana. Il padre della migliore amica della mia sorellina è proprio di Maputo e, anche se da parecchi anni vive in Italia con la moglie e i quattro figli, torna spesso nella sua terra natale dove lo aspettano i numerosi fratelli e nipoti.

Quell’estate lo avrebbe accompagnato tutta la sua famiglia al completo, per passare due mesi con i nonni e far conoscere ai parenti l’ultima cuginetta italiana che ormai aveva già tre anni. Vista l’occasione di questa trasferta, siamo riusciti ad organizzare il nostro viaggio approfittando della meravigliosa opportunità di avvicinarci al Mozambico direttamente attraverso la sua gente.

Il viaggio è stato veloce: partenza dall’aeroporto di Venezia con scalo a Doha, in Qatar, per poi ripartire su un lussuoso aereo della Qatar Airways con destinazione finale Maputo.

La sosta nella penisola arabica all’andata è stata molto breve, ma non dimenticherò mai il caldo soffocante che mi ha avvolta come un anaconda affamata appena uscita dal portellone dell’aereo: avevo in mano il biglietto cartaceo del prossimo volo che in meno di trenta secondi si è letteralmente sciolto fra le mie dita. L’altra cosa che mi ha immediatamente colpita appena entrata nel salone dell’aeroporto sono state le donne coperte dal burqa integrale, tutto nero, che lasciava appena intravedere gli occhi attraverso la fitta retina che li copriva.

Non erano la maggioranza, c’erano molte viaggiatrici occidentali a capo scoperto, ma quelle presenti si notavano immediatamente e mi provocavano un certo fascino e interesse. Anche molti uomini erano vestiti con il lungo abito bianco e il copricapo a quadretti bianco e rosso: ho provato una sensazione strana, mi sentivo davvero in un posto esotico.

L’arrivo a Maputo subito ha suscitato in me invece un qualcosa di familiare: le scritte in portoghese ed i lineamenti delle persone mi facevano fare un tuffo all’anno precedente, riportandomi alla mia amata Bahia afrobrasiliana. Abbiamo avuto qualche problema con il visto d’ingresso – avrebbe dovuto essere lì presente il nostro amico Vicente con i documenti necessari, ma al nostro arrivo eravamo soli. Per fortuna con un sorriso e l’atteggiamento giusto (e non tralasciamo il portoghese imparato in Brasile l’anno precedente) anche l’apparentemente severo ed intransigente funzionario della migração si è lasciata andare in una piacevole conversazione piena di suggerimenti su tutti i posti che avremmo assolutamente dovuto vedere in Mozambico.

Ottenuti i visti e recuperati i bagagli ci siamo riuniti finalmente con i nostri amici che erano arrivati con un minivan scoppiettante per portarci a casa.

La famiglia di Vicente abita nella cittadina di Matola, un centro urbano a sud della capitale dove siamo giunti dopo aver fatto slalom nel traffico polveroso e incontrollato della città. Tutto a prima vista mi ricordava il Brasile, o meglio, le zone più povere del nord est come le favelas di Salvador e le strade sconnesse che conducevano ai remoti quilombos.

La casa natale di Vicente ci è apparsa a lato di una strada sterrata, arsa dal sole ma piuttosto ampia: il cancello si era aperto e subito hanno cominciato a correrci incontro varie persone con segni di benvenuto. In fondo al cortile secco per la stagione, ma pieno di alberi da frutto, si sviluppava in lunghezza su un unico piano l’abitazione principale: era composta da circa cinque stanze alle quali si poteva accedere solo dall’esterno. Nell’angolo in fondo del giardino si notava subito un’altra casetta con un delizioso tetto in paglia, ancora in costruzione.

Infine una lunghissima tavola già apparecchiata dominava lo spazio antistante l’abitazione: era quello il punto di ritrovo dell’intera famiglia, che contava sempre qualche posto in più per eventuali ospiti sopraggiunti all’ultimo momento.

Il nostro arrivo era tutt’altro che inatteso: nonna Amelia ci ha accolti   radiosa e nel suo abbraccio sincero ho sentito davvero di essere la benvenuta. Per non parlare poi del piccolo nipotino Chris che non si sarebbe staccato dalla mia schiena per tutti i primi giorni di permanenza! Grazie a lui il mio portoghese si è rinvigorito subito, continuando ad apprendere nuovi vocaboli grazie alle nostre belle chiacchierate.

Prima di mangiare tutta la famiglia ha intonato un canto commovente in nostro onore, per ringraziare della nostra presenza: oltre ai brividi sulla pelle per la potenza ed il calore di quelle voci, ci è scesa anche qualche lacrimuccia di commozione vedendo tanta gioia nel ricevere gli ospiti.

Non scorderò mai quel primo pranzo tutti insieme: il riso dominava la tavola essendo l’alimento base della dieta mozambicana, era poi presente un’abbondante insalata di cipolle e pomodori del giardino della nonna, un pentolone di pesce stufato a noi ignoto e delle verdure dai nomi insoliti cotte nel latte di cocco e arachidi. Questi piatti sarebbero poi diventati comuni sulla nostra tavola italiana una volta ripartiti, non solo per i sapori esotici, ma soprattutto per i ricordi che rievocavano i momenti condivisi insieme attorno a quella tavola nel giardino della nostra avò adottiva.

L'introduzione alla nuova serie di racconti africani è stata pubblicata il giorno 22 marzo 2018, (leggi l'articolo) prossimamente i nuovi episodi.

 

Camilla Lorenzini – Onda Musicale

 
 

— Onda Musicale

Tags: Camilla Lorenzini/Across The World
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