Cultura ed eventi

L’Istituto Luce – Parte Prima (1924-1945)

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Spesse volte si sente dire che un Paese senza memoria è un paese senza storia. Nulla di più vero, dal momento che la mancanza di memoria significa in primis assenza di un’identità: una Nazione, che – al di là dei miti – non è consapevole del percorso fatto sino al tempo presente e dei possibili sviluppi nel futuro.

Tra le fonti che contribuiscono a definire l’identità italiana del Novecento un posto di assoluto rilievo lo detiene il mezzo audiovisivo e cinematografico, radicalmente innovativo rispetto al confronto familiare con pittura, scultura e, dalla metà dell’Ottocento, fotografia.

Il 1924, l’anno dell’assassinio di Matteotti e della progressiva affermazione del Fascismo, vede la nascita di una piccola società anonima, il Sindacato Istruzione Cinematografica (S.I.C.). Già dal nome si intuisce come in esso sia racchiusa la consapevolezza del fatto che la pellicola possa essere un mezzo efficacissimo di veicolare messaggi e contenuti: il capo del Governo, Benito Mussolini, coglie al volo le potenzialità della macchina da presa, tant’è che già nel 1925 un Regio Decreto istituzionalizza quella che, nel frattempo, è divenuta L’Unione Cinematografico Educativa, cioè l’Istituto Luce.

Il Luce, prima che il regime (cioè il Duce) dichiari – alla metà degli anni Trenta – che “la cinematografia è l’arma più forte” (del resto sono gli anni di film chiaramente propagandistici come “Scipione l’Africano”), si impegna – forte anche dei sussidi statali – nel costruire l’iconografia su pellicola di un’Italia nuova, un’Italia la cui propria ritrovata virilità, stando all’ottica fascista più pura, si sublima in mirabolanti imprese sia militari che civili: la seconda metà degli anni ’20 è un periodo dall’impronta prettamente agraria, dato che i cinegiornali (da proiettare obbligatoriamente prima di ciascun film) mostrano in toni epici e trionfali eventi come la Battaglia del Grano (connessa all’autonomia alimentare del Paese) o la Bonifica Integrale dell’Agro Pontino (cui seguì la fondazione di centri urbani dall’aspetto ancor oggi chiaramente riconoscibile).

Altro tema assai frequentato dai cinegiornali è quello che potremmo definire urbanistico-architettonico: l’architettura è uno dei punti forti della propaganda, dato che la solidità austera delle sue forme traduce nel modo più potente l’incrollabile fiducia che il Fascismo ripone nella validità della propria opera riformatrice e plasmatrice di una nuova nazione, sana ed efficiente militarmente.

L’efficienza bellica da sfoderare sul campo non manca di essere degnamente celebrata, soprattutto negli anni ’30, con la narrazione di eventi di assoluto rilievo come la proclamazione, il 9 maggio 1936, di un Impero che la Storia dimostrerà – di lì a pochi anni – essere fatto di cartapesta.

Trait d’uniondi questi differenti registri narrativi è Mussolini stesso, la cui immagine – proprio grazie al mezzo cinematografico – viene sapientemente declinata in un ampio ventaglio di situazioni: egli si presenta come vittorioso comandante militare (la romanità è il principale riferimento del fascismo), ma anche come intrepido aviatore, oltre che come instancabile nuotatore, nonché esperto agricoltore e prolifico edificatore.

Sino al 1940 il racconto enfatico dei cinegiornali e la realtà dei fatti (e delle notizie) procedono quasi sempre in sincrono, ma a partire dal 1943 lo scollamento tra le due dimensioni si fa sempre più ampio, dato che la rigidità della struttura espositiva del cinegiornale si mostra praticamente refrattaria al compito di dover raccontare tutta la verità dei fatti, soprattutto quelli meno gloriosi e piacevoli.

Durante il periodo della Repubblica di Salò (settembre 1943- aprile 1945) gli eventi della Storia e le immagini della pellicola si sconnettono completamente: la repressione della guerra partigiana, i bombardamenti, le apparizioni pubbliche di un Mussolini che appare sempre più logorato e provato, sono singolari sprazzi in un contesto dove dominano la leggerezza di cronache mondane o sportive e la piacevolezza di documentari dedicati a manifatture tipiche di determinati luoghi della Penisola (fine prima parte).

 

Massimo Bonomo – Onda Musicale

— Onda Musicale

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