Musica

“Bohemian Rhapsody”, il film snobbato dalla critica ma amato dai fans

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Ad una settimana dall’uscita nelle sale italiane “Bohemian Rhapsody”, il film su Freddie Mercury e i Queen, si conferma un grande successo, mantenendo stabile la prima posizione nella classifica al Box Office.

Le premesse affinché diventi la pellicola più vista dell’anno e faccia incetta di premi, ci sono tutte. Diretto da Bryan Singer (cui è subentrato Dexter Fletcher), il film è interpretato da Rami Malek e altri attori scelti per la loro incredibile somiglianza con i protagonisti originali, ma che non sfigurano alla prova della recitazione. La pellicola segue le vicende di Freddie Mercury dal 27 giugno 1970, il giorno del suo ingresso nella band, al 13 luglio 1985, data della trionfale partecipazione dei Queen al Live Aid.

Come già detto gli attori sono tutti molto somiglianti agli originali, quasi dei sosia, il più dissimile è paradossalmente proprio Rami Malek, cui un paio di baffi e denti finti conferiscono un aspetto vicino, ma non abbastanza, a Freddie Mercury. In particolare non si capisce perché l’attore non sia stato fornito di un paio di lenti a contatto per trasformare i suoi enormi occhi azzurro/grigi in quelli piccoli e marroni di Mercury. Anche il fisico asciutto di Malek contrasta con l’immagine robusta che tutti abbiamo del cantante. Va tuttavia riconosciuto al giovane attore l’impegno nell’incarnare Freddie nei gesti e nelle movenze, che compensa ampiamente la scarsa somiglianza fisica.

Assolutamente credibile anche Gwilym Lee, sebbene il Brian May da lui interpretato risulti sottotono: il chitarrista era sempre stato la seconda personalità del gruppo e l’alter ego di Mercury, mentre nel film non risalta più di tanto. Risultano molto più caratterizzati Roger Taylor, cui viene affidato il ruolo di uomo-rock, e John Deacon, relegato dal film a personaggio comico.

Gli ottimi risultati al botteghino confermano l’entusiasmo dei fans per la pellicola; meno accondiscendenti sono stati i critici musicali le cui opinioni si possono leggere in questi giorni. Paradossalmente è proprio la stessa sorte riservata alla canzone “Bohemian Rhapsody” al momento della sua pubblicazione. In particolare al film viene rimproverata la non perfetta corrispondenza con i fatti (il litigio con il produttore, la data del test HIV, la rottura tra Mercury e la band in vista del suo album solista, il terminare la narrazione sei anni prima della sua morte), ma tali elementi sono stati modificati per rendere più funzionale e cinematografico il racconto degli eventi, e non inficiano la vicenda raccontata.

Approcciandosi alla pellicola bisognerebbe rendersi conto di questo: non si tratta di un documentario, o di una mera biografia. Stiamo trattando di un film, che in quanto tale segue le sue regole strutturali per arrivare al pubblico. Non solo, si tratta della storia di un (super) eroe, e in quanto tale ha la sua drammaturgia scritta da rispettare: inizio in solitudine e incomprensione, incontro con un alleato, prima ascesa, scontro con il nemico (il suo edonismo) dal quale esce sconfitto, nuovo sodalizio con l’alleato, rinascita e gran finale in gloria. Punto.

Tutti i film dei supereroi seguono questa linea. “Bohemian Rhapsody” è solo questo, è pura agiografia, è il racconto, la consacrazione e il culto di Freddie Mercury eroe da tramandare ai posteri. Che hanno capito e stanno affollando le sale a 27 anni dalla sua morte.

 

 

— Onda Musicale

Tags: Queen/Freddie Mercury/Bohemian Rhapsody/Rami Malek
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