Musica

Giovanni Carnazza presenta “Che la vita ti sia lieve”

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C’è stato un momento in cui sono arrivato a rinnegare tutto, tutto l’amore che avevo provato per questa persona. Un momento durato esattamente quarantotto ore, durante il quale ero riuscito a estirpare dalla mia mente tutti i ricordi creati insieme.

L’autenticità del nostro rapporto era diventata una mia illusione e il dolore che avevo provato fino a quel momento, mi raccontavo, derivava dal mio aver creato una realtà fittizia e aver finalmente aperto gli occhi.

Allo scoccare della quarantanovesima ora, qualcuno mi poggiò una mano sulla spalla, sussurrandomi: “quello che provi non è solo tuo, altrimenti non avresti dovuto far fronte a tutta questa sofferenza”. L’impatto con quella verità fu devastante: il mio cuore si aprì a metà e il mio corpo fu percorso da un fulmine che, dalla terra, corse lentamente dentro di me fino alla testa per tornare nel cielo, lì da dove era improvvisamente venuto. A quel punto, non rifiutai più nulla. Accolsi i bei ricordi. Accolsi quelli brutti.

Vidi il mio corpo piegarsi e gli occhi riempirsi di lacrime. Vidi uscire dallo squarcio che avevo sul mio petto parte della persona che ero, accettando l’inevitabile trasformazione che stava avvenendo in me. Sarei stato più lo stesso? Saremmo stati più qualcosa? In fondo, aveva davvero importanza? Una volta accettato quel dolore, qualcosa iniziò a prendere forma dentro di me. Sapevo fosse una canzone ma avevo paura di darle una forma.

Avevo paura delle mie emozioni in quel momento. Ero un caleidoscopio di sensazioni che facevano fatica a trovare il loro posto. Ero attraversato da rabbia, delusione e dispiacere e non volevo rendere concreti quei sentimenti. La domenica prima della vigilia di Natale, quando mi alzai, capii che era arrivato il momento di confrontarmi con quella massa informe che ormai conviveva in me.

Presi la chitarra e fu così che passai la giornata a fissare su carta tutto quello che provavo. Scrissi di una ragazza che era scappata, sfuggita come un soffio di vento tra le mani in una fredda notte d'inverno. L’amore non era finito. Di fatto, l'amore non sarebbe mai finito ma la paura aveva eretto un muro intorno al suo cuore e non c'era stato modo di scalfirlo in alcun modo. Posai la chitarra, chiusi il quaderno e il mio cuore si sentì leggero. Il macigno che era cresciuto nel mio petto aveva trovato pace. La musica era riuscita ancora una volta a rendermi libero. 

Di quello che successe dopo ricordo un abbraccio infinito e la consapevolezza della bellezza di ciò che ci legava: saremmo riusciti ad andare al di là della paura, accettando quell'amore infinito?

Testo e musica: Giovanni Carnazza
Direttori artistici: Giovanni Carnazza, Gabriele Duregon
Chitarre: Lorenzo Reggio 
Basso: Daniel Mastrangelo
Missaggio e Mastering: Gabriele Duregon
Videoclip Montaggio: Lucas Procopio

Giovanni Carnazza non è un cantautore. Non è nemmeno un musicista. È una persona come tante che, un giorno, ha sentito la necessità di condividere con gli altri quello che stava vivendo. 
Giovanni Carnazza, dopo una lunga esperienza in una band rock, riprende contatto con la musica sulla soglia dei trent’anni, fondando un gruppo synth-pop, Sushi sul Sofà e iniziando a produrre giovani artisti emergenti (Gallaro, Creta, MARVO, Edwige). 

Nel momento più difficile della mia storia, la musica è venuta a salvarmi. E non lo dico tanto per dire. È stato davvero così. Devo tutto alla musica. Ho sempre amato scrivere. Ho scritto poesie, racconti. Ora sto scrivendo una biografia dove racconto quello che ho vissuto e sto vivendo. La musica è venuta a dare una veste diversa a quello che avevo dentro”.

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(cm)

 

 

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