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Five Leaves Left: bellezza e tristezza secondo Nick Drake

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Esattamente 50 anni fa, il 1° settembre del 1969, usciva Five Leaves Left, disco d’esordio di un artista che in vita raccolse poco, per poi diventare un personaggio quasi leggendario: Nick Drake.

Fame is but a fruit tree
So very unsound.
It can never flourish
Till its stalk is in the ground.
So men of fame
Can never find a way
Till time has flown
Far from their dying day.

 

Se molte sono le dicerie diffuse sulla presunta preveggenza del titolo di questo disco – cinque fogli (o foglie) rimasti, e Drake morirà cinque anni dopo – effettivamente non si può non cogliere un sinistro presagio nei versi di Fruit Tree: Drake non otterrà mai la fama meritata, se non tanto tempo dopo il suo suicidio del 1974.

Five Leaves Left è in realtà un titolo che si presta a una serie di giochi di parole. Innanzitutto era una dicitura che appariva nelle scatole delle cartine Rizla: quando il pacchetto stava per finire, un foglietto avvisava che ne rimanevano solo cinque. Il prodotto era ovviamente usato anche per confezionare sigarette di marijuana, di cui Nick era consumatore, droga leggera diffusissima soprattutto in quell’epoca. Ma leaves vuol dire anche foglie, spesso simbolo romantico della morte.

Ma chi è questo giovanotto di appena vent’anni, alto e di indubbia bellezza, ma di una timidezza cronica che all’epoca si barcamena ancora in equilibrio sull’orlo della depressione? Nick Drake nasce nel 1948 in Birmania; il padre, ingegnere, si sposta spesso per i remoti angoli dell’allora vasto Impero Britannico. Ma già nel 1950 ritroviamo Nick nel più rassicurante Warwickshire, in Inghilterra. Nonostante la formazione scientifica del padre, in casa Drake l’arte e la musica la fanno da padrone e i genitori compongono canzoni. Quelle della madre Molly, ritrovate anni dopo in registrazioni di fortuna, sono assai vicine allo stile di Nick. La sorella, Gabrielle, diverrà un’apprezzata attrice, entrata nell’immaginario per il personaggio di Gay Ellis in UFO. Caschetto viola e minigonna vertiginosa, Gabrielle Drake incarna a quel tempo il sogno proibito di qualsiasi nerd.

L’adolescenza di Nick è altalenante

A dispetto di quello che generalmente si pensa, eccelle nello sport, soprattutto nell’atletica come velocista e nel rugby. Viene descritto come sicuro di sé, distaccato e autorevole. Sembra più grande della sua età e la grande introversione fa sì che nessuno sembri conoscerlo veramente. Dotato naturalmente come musicista, suona già pianoforte, sassofono e chitarra. Negli anni successivi Nick si avvicina a scene più alternative, abbandona lo sport e conosce le droghe: cannabis e LSD soprattutto. Studia prima in Francia e poi a Cambridge, ma i risultati sono sempre discontinui. Musicalmente scopre la scena folk americana: Bob Dylan, Phil Ochs, Donovan e Van Morrison. Contemporaneamente si appassiona ai poeti maledetti, Baudelaire, Shelley e Blake. Inizia a esibirsi nel circuito folk e una sera viene notato da Ashley Hutchings, bassista dei Fairport Convention. Questi lo presenta al produttore Joe Boyd, che rimarrà al suo fianco per tutta la breve carriera.

Vorrei fare un disco” – afferma semplicemente Drake. Nasce così Five Leaves Left.

Erano altri tempi per l’industria discografica

Si usava concedere più tempo per maturare agli artisti, il mercato era vario e in grande espansione, c’era più spazio per il rischio. Boyd, che ha già grande esperienza, intuisce che il talento di Drake è speciale e lo asseconda anche di fronte a qualche capriccio. Per esempio quando Nick si impunta sulla scelta degli arrangiamenti degli archi: vuole Robert Kirby al posto di Richard A. Hewson, più esperto e proposto da Boyd. Kirby è amico di Drake dai tempi di Cambridge e, come Nick, non ha praticamente esperienza.

Da queste premesse non proprio incoraggianti viene fuori un piccolo gioiello, una rara gemma per tutta la musica del ventesimo secolo. La voce allo stesso tempo pastosa e fragile di Nick Drake veleggia leggera su tappeti folk che svariano di volta in volta tra accenni blues, Three Hours, atmosfere classiche, Way To Blue e ‘Cello Song, jazz, Man In A Shed, e melodie senza tempo, Time Has Told Me e Day Is Done.

Saturday Sun è una ballata pianistica, tra le più belle di tutti i tempi, che chiude in modo magistrale il set

I musicisti impiegati nelle registrazioni sono di prim’ordine: c’è Richard Thompson dei Fairport Convention che suona la chitarra elettrica in Time Has Told Me, Danny Thompson, il bassista dei Pentangle e il pianista Paul Harris. All’epoca è il gotha del folk revival inglese. Musicalmente Drake propone un folk che si distacca da quello americano per la tipica sensibilità malinconica britannica, avvicinandosi più a un Donovan più cupo o ancor di più a John Martyn.

I testi sono sempre suggestivi e ricchi di pathos; impossibile non provare un po’ di commozione sapendo cosa il futuro riserverà a quel ragazzo di vent’anni. Si va dalla saggezza – inusuale per l’età – della splendida Time Has Told MeTime has told me/You’re a rare rare find/A troubled cure/For a troubled mind. And time has told me/Not to ask for more/Someday our ocean/Will find its shore – al simbolismo di Three Hours: Three hours from sundown/Jeremy flies/Hoping to keep/The sun from his eyes/East from the city/And down to the cave/In search of a master/In search of a slave.

Un delicato ma ineluttabile fatalismo pervade tutto il lavoro, in particolare Fruit Tree e la stupenda Saturday Sun: Saturday sun came early one morning/In a sky so clear and blue/Saturday sun came without warning/So no-one knew what to do.

Un raggio di sole pare filtrare nella malinconia di Drake, ma è solo un attimo e anche qui il destino è già scritto: And Saturday’s sun has turned to Sunday’s rain/So Sunday sat in the Saturday sun/And wept for a day gone by.

Nick Drake inciderà ancora due dischi, Byter Later e Pink Moon, bellissimi e, a detta di molta critica, più compiuti dell’esordio. Five Leaves Left rimane tuttavia il distillato più puro dell’arte di Nick.

Un distillato purissimo di arte, malinconia e dolce distacco dalle cose terrene.

 

 

— Onda Musicale

Tags: marijuana/Nick Drake
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