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Da oggi nei cinema italiani, “Roger Waters Us + Them” ha una protagonista italiana: la straordinaria Azzurra Caccetta.

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Ben 25 anni dopo il precedente “Amused to Death”, il 2 giugno 2017 usciva Is This The Life We Really Want?, il nuovo album di Roger Waters, autore di capolavori concettuali quali The Dark Side of the Moon, Wish You Were Here, Animals, The Wall

Uno dei brani centrali nella narrazione del disco è The Last Refugee che poeticamente racconta di una donna mediorientale che cerca un approdo esistenziale oltremare per sé e per la figlia. Lei lo trova, la bambina no. Stretta attualità, purtroppo.

Waters e il suo direttore creativo Sean Evans ne fanno un cortometraggio: per promuovere l’album e per tradurre in immagini il concept del disco e del nuovo spettacolo, Us + Them. Per offrire chiavi interpretative agli ascoltatori del disco e agli spettatori dello show affinché trovino risposta alla domanda: è davvero questa la vita che vogliamo?

Per interpretare la rifugiata, Waters ed Evans hanno bisogno di un volto capace di esprimere sofferenza e fierezza, rabbia e malinconia. Fanno un lungo casting a Londra. Scelgono un volto nel quale sono incastonati meravigliosi occhi di mediterranea bellezza che esprimono uno sguardo che sa di speranza, tragedia, illusione e disillusione. E di fierezza: la fierezza italiana e meridionale offerta al mondo dell’Arte. Sì, perché quel volto e quegli occhi sono di Azzurra Caccetta, danzatrice e attrice pugliese che vive e lavora a Londra. Non perché rifugiata ma per scelta di vita, per sua fortuna.

Nel corto, didascalico rispetto al testo della canzone, la protagonista, in un rifugio di fortuna e coperta di miseri cenci, ricorda la figlia perduta in mare e il suo passato da ballerina di flamenco ma con fiera disperazione scruta il mare che ha inghiottito la figlia.

Quel cortometraggio e le altre scene girate sulla spiaggia di Camber, nel sud dell’Inghilterra, e in una fabbrica dismessa di Londra, diventano centrali nella narrazione visiva dello show Us + Them. Infatti, dal vivo la rappresentazione si apre con l’immagine della rifugiata, di spalle, seduta sulla battigia. Sull’enorme ledwall dietro il palco l’immagine è maestosa e segna il punto di partenza della narrazione dello show. Che a quella immagine ritorna alla fine: mentre i musicisti salutano il pubblico dopo i bis, sul megaschermo riappare la rifugiata, sempre di spalle sulla battigia, il cui desiderio di riabbracciare la figlia per un attimo si concretizza: dalle onde del mare risale la bambina, la mamma l’avvolge nelle sue braccia ma poi svanisce; la rifugiata rimane da sola.

La “circolarità”, il “tutto torna”, i “corsi e ricorsi” tipici di tante creazioni concettuali targate Pink Floyd e Roger Waters.

Mentre lo show è già on the road in Nord America, Waters ed Evans realizzano un secondo cortometraggio su un brano del disco: è Wait For Her, su testo di Mahmoud Darwish, palestinese, considerato il più grande poeta arabo contemporaneo. È una “lezione di kamasutra” (sottotitolo originale della composizione), è una lezione d’amore, sull’amore, che arriva dall’Oriente contemporaneo ma da ‘Mille e una notte’. Il corto, stavolta, non è didascalico come quello di The Last Refugee, ma del precedente è il sequel perché riprende il racconto della rifugiata che, in camerino, indossa un abito da ballerina di flamenco e si prepara per andare in scena; il ricordo della figlia è struggente, una foto sgualcita è di fronte a lei ma, con fierezza, si avvia verso il palcoscenico. Ancora una volta, la straordinaria interprete è Azzurra Caccetta, rifugiata dal cuore fragile ma dalla volontà ferrea.

Mentre il corto di The Last Refugee è parte integrante e centrale nella rappresentazione live, Wait For Her non è inserita nello show. Insieme con “Part Of Me Died” e “Oceans Apart” con le quali costituisce musicalmente la mini-suite di chiusura dell’album “Is This The Life We Really Want?”, la canzone viene eseguita tra i bis per 15 volte nel corso del tour, ovviamente con la proiezione del video.

“A proposito del film, non ci siamo mai detti ‘dovrà esserci un forte messaggio sui rifugiati’. È venuto fuori dal materiale scritto per lo show, da The Last Refugee che è una bellissima canzone. Quindi, abbiamo avuto l’idea per il film e lo abbiamo allargato; è nato un po’ da sé”: è una dichiarazione resa dal regista Sean Evans durante la conferenza stampa di presentazione del film alla Mostra del Cinema di Venezia. Dunque, l’attualissimo tema delle migrazioni, dell’incontro/scontro tra noi e loro, con l’auspicio che diventi un noi + loro (come nel titolo dello show e del film), tema simboleggiato dalla rifugiata, non è centrale nella concezione originale del film ma lo diventa per la potenza espressiva di “The Last Refugee”.

Il tema della rifugiata diventa così centrale e simbolico nella narrazione del film, il quale non è una mera trasposizione cinematografica dello spettacolo ma ha un suo plot autonomo, tanto che i registi Waters ed Evans girano altre scene che costituiscono il prequel di “The Last Refugee” e “Wait For Her”. A mo’ di flash back, queste brevi scene raccontano la vita della rifugiata e della figlia nella propria terra, nella propria casa, prima della traversata in mare. Raccontano di momenti sereni sulla spiaggia, della mamma che insegna alla figlia a fare il pane (“baking bread”, un verso di “Déjà Vu”, altro brano fondamentale dell’ultimo album di Waters e dello show “Us + Them”), di bombardamenti e fuga verso il mare, di esplosioni anche sugli inermi civili atterriti.

In queste scene d’azione rivediamo la bambina di The Last Refugee, interpretata da Anais Dupay-Rahman; vediamo un gruppo di attori (tutti di origine mediorientale) che interpretano il ruolo di altri rifugiati; a proposito: “C’è una breve scena nel film, quella delle barche, fatta con attori ovviamente, che abbiamo ripetuto tante volte, per tutto il giorno; alcuni attori mi dissero: ‘Questa cosa l’ho fatta davvero vent’anni fa’”, dichiara Sean Evans in conferenza stampa a Venezia, così aggiungendo valore alla forza espressiva delle immagini.

Ma soprattutto nelle nuove scene girate per il film rivediamo Azzurra Caccetta, l’intensa interprete della rifugiata, già protagonista di “The Last Refugee” e “Wait For Her” che, come abbiamo illustrato, è la figura centrale dello show e, quindi, del film.

Nel montaggio finale del film, le nuove scene sono state inserite sul brano Breathe(madre e figlia sulla spiaggia), su “Breathe Reprise”(madre e figlia che fanno il pane), su “Dogs”(la fuga in barca) e sul brano “Us and Them”(bombardamento ed esplosioni).

Per questo, oltre che per la profondità dell’interpretazione, Azzurra avrebbe meritato di sfilare sul red carpet alla Mostra del Cinema di Venezia. Ma irrinunciabili impegni di lavoro l’hanno portata in quei giorni a Tokyo.

Visti i temi umanitari e politici trattati nello show e nel film, ci piace pensare che Roger Waters e Sean Evans abbiano scelto di fare la prima mondiale a Venezia in omaggio a quella grande parte d’Italia che tanto si spende per il dramma dei migranti, spesso nella solitudine internazionale, e in omaggio all’interprete che a quel dramma ha dato corpo, occhi e, soprattutto, anima: Azzurra Caccetta.

In Roger Waters Us + Them è silente, Azzurra Caccetta, ma parla con lo sguardo, comunica con il corpo, trasmette con il movimento. È danzatrice e attrice, Azzurra Caccetta, dunque attinge ad altri linguaggi oltre la parola per generare empatia per la rifugiata, il suo personaggio. E lo spettatore viene investito dallo sguardo, dal corpo, dal movimento di Azzurra Caccetta perché lei è una interprete straordinaria!

Ed è una interprete straordinaria perché Azzurra Caccetta è una persona straordinaria!

Distribuito da Nexo Digital, da oggi e fino al 9 ottobre in Italia abbiamo la possibilità di vedere al cinema Roger Waters Us + Them e la magnifica performance di Azzurra Caccetta.

Le abbiamo rivolto alcune domande.

 

La tua interpretazione della rifugiata è silente ed è tutta affidata all’espressività degli sguardi e del corpo, ma colpisce per l’intensità. Che tipo di lavoro hai dovuto fare per preparare una interpretazione di questo tipo?

"Nessun tipo di lavoro. Ero di fronte al mare in una giornata molto fredda e nuvolosa, una di quelle in cui il mare non ti accoglie, ma al contrario ti incute timore, ed ho immaginato di doverlo attraversare quel mare cupo, grigio ed infinito a bordo di un barcone fatiscente con altre persone infreddolite. Alcuni degli attori che erano con me sul set avevano sul serio vissuto l’esperienza della traversata. A me immaginarlo è bastato per rabbrividire."

 

La figura della rifugiata è centrale nello show “Us + Them” e ancora di più nel film. È stato interiormente faticoso interpretare il suo dramma?

"È stato molto triste e doloroso."

 

L’intensità e la bellezza della tua interpretazione del ruolo della rifugiata fanno pensare che non siano solo frutto del talento ma anche dell’intima condivisione del messaggio umanitario di Roger Waters. È così?

"Certamente… Credo che siamo qui sulla terra per aiutarci l’un l’altro ad evolverci. L’empatia è il mezzo."

 

Us + Them”, come tutta l’arte di Roger Waters, è un lungo messaggio umanitario e un invito all’azione. Questo tipo di arte riesce davvero a disturbare i potenti contro i quali lancia acutissimi strali?

"Non so se riesca a disturbare i potenti… Ma non ho dubbi che riesca a scuotere le nostre coscienze, e le nostre coscienze hanno il potere  di direzionare il corso degli eventi."

 

Eri ad Amsterdam in occasione di una delle repliche di “Us + Them” riprese in vista del film, peraltro raccogliendo l’omaggio tributato dal pubblico e dallo stesso Waters che ti ringraziò dal palco, e poi a Roma nella suggestiva cornice del Circo Massimo. Che cosa hai provato nel vedere la tua immagine così centrale nello show, anche pensando che è stata replicata per 156 volte nel mondo e adesso è immortalata nel film?

"Mi ha fatto molto piacere che Roger Waters abbia voluto omaggiarmi pubblicamente. È stato un momento molto speciale che non dimenticherò.  Per quanto riguarda il ruolo che ho interpretato, spero che abbia indotto le persone alla compassione."

 

La piccola Anais con te in “The Last Refugee” e che hai ritrovato sul set delle nuove scene, è una di quei giovani ai quali Roger Waters ha rivolto un invito a Venezia: more i-deas less i-Phones, più idee meno telefonini, più dialogo meno isolamento. Passa anche da questo la salvezza di un mondo in cui i ghiacciai si sciolgono e le foreste bruciano?

"Assolutamente si!  Siamo schiavi consapevoli dei telefonini e dei computer. Ma nei bambini come sempre alberga la speranza per un mondo ed un futuro migliore. Basterebbe aiutare i nostri figli a non commettere i nostri stessi errori."

 

A differenza della rifugiata che è stata costretta, tu hai scelto di andare oltremare per vivere e lavorare a Londra, azzerando ogni confine soprattutto mentale e culturale. Invece c’è chi tenta di alzare muri – contro i quali da sempre si batte Roger Waters – tra la Gran Bretagna e l’Europa, tra il Texas e il Messico. Che cosa pensi della Brexit?

"Cosa penso della Brexit conta davvero poco. Sinceramente provo a non farmi trasportare e coinvolgere da quest’ondata di pessimismo. D’altronde credo che i potenti vogliano per noi proprio questo: indebolirci, incuterci paura, farci sentire precari, come se il futuro fosse incerto e dunque dovessimo correre ai ripari. La sicurezza materiale per esempio a cui tanto ci aggrappiamo è un’illusione. Nulla è veramente nostro. Tutto ci è stato dato in prestito da Dio per condividerlo con il nostro prossimo. Le  mura che dovremmo abbattere sono quelle che abbiamo innalzato intorno ai nostri cuori, i muri che continuano ad essere innalzati non ne sono che un riflesso."

 

Il tuo rapporto artistico con Roger Waters e Sean Evans dura da due anni intorno al progetto “Us + Them”. Che cosa ti ha dato sul piano professionale, artistico ed anche personale?

"Mi ha fatto comprendere quanto sia importante mettere da parte il proprio ego,  dinanzi ad una macchina da presa come nella vita."

 

Con tutto il riserbo del caso, il tuo coinvolgimento nel progetto “Us + Them” può avere ulteriori sviluppi?

"Only Godknows…"

 

Azzurra, is this the life we really want? È davvero questa la vita che vogliamo?

"Credo che ognuno di noi si ponga questa domanda ogni giorno… Quando la pongo a me stessa, mi rispondo che  devo avere fiducia nel potere che l’amore ha di guarire."

 

Azzurra, grazie della tua intensissima interpretazione della rifugiata, grazie di avere irrorato di talento italiano una produzione artistica di dimensione planetaria, grazie della profondità delle tue parole. No, non è questa la vita che vogliamo; come te vogliamo avere fiducia nel potere che l’amore ha di guarire!

 

    Carlo Maucioni

 

 

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Tags: Is This The Life We Really Want?/The last refugee/Azzurra Caccetta/Wish You Were Here/Roger Waters/Animals/The Wall/The Dark Side of the Moon/Sean Evans
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