Musica

Rino Gaetano: colorato menestrello e poeta che sfidò il sistema

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Ci sono musicisti relegati in pochi versi o note, ma che sono stati molto più. Ci sono stati artisti che hanno sfidato il sistema, che mira a svuotarci del cervello e a comandarci in massa. Appartiene a questa categoria Rino Gaetano.

Acrobata, libero e colorato, si è arrampicato sui rami della musica d’autore italiana fino a snaturarla e rifondarla, con canzoni d’amore, ma anche intrise di nonsense, satira, e poesia e un tocco di cabaret nelle sue esibizioni. È riuscito a raccontare l’Italia di ieri e di oggi con semplice acume alla portata di tutti.

Salvatore Antonio Gaetano nasce a Crotone nel lontano 29 ottobre 1950, a dieci anni la sua famiglia si trasferisce a Roma dove studia in un seminario in provincia di Terni e a soli quindici anni compone il suo primo poemetto: “E l’uomo volò”.

Con la testa fra i giganti della musica del bel paese e di fuori (De Andrè, Battisti, Jannacci, Dylan…) nel 1970 fonda i Krounks, cover band dove suona il basso, stesso periodo in cui inizia a frequentare il locale romano rivolto a giovani artisti, Folkstudio, dove prende parte a diverse rappresentazioni teatrali interpretando: la Volpe in Pinocchio o Estragone in Aspettando Godot; lo stesso dove si ritrova a collaborare con Antonello Venditti, Francesco De Gregori ed Ernesto Bassignano.

Nel frattempo di diploma in ragioneria e per via di problemi economici familiari il padre cerca di indirizzarlo verso una carriera ben retribuita e stabile in banca, tuttavia i progetti di Gaetano divergevano completamente da quelli del padre col quale raggiunse tuttavia un compromesso: avrebbe provato un ultimo anno a sfondare nel mondo nella musica, con esito negativo avrebbe accettato di lavorare in banca.

Ragion per cui nel 1972 si iscrive alla SIAE dopo l’incontro col responsabile della casa discografica IT inizia a incidere i primi 45 giri con lo pseudonimo di Kammamuri’s (chiaro riferimento ai romanzi di Emilio Salgari), probabilmente per timidezza e insicurezza.

Il 1974 fu l’anno di svolta per il cantautore, l’anno in cui riesce a pubblicare il suo primo album in studio, Ingresso Libero, firmato col suo nome, a cui seguirà due anni dopo Mio fratello è figlio unico che contiene le celebri Berta Filava e Mio fratello è figlio unico, canzone che esprime il disagio e l’emarginazione di chi negli anni ’70 all’alba di un nuovo tempo si comportava “normalmente”.

Seguiranno: Aida (1977), Nuntereggae più (1978), Resta vile maschio, dove vai? (1979), e l’ultimo lavoro E io ci sto (1980).

Il suo marchio era divenuto uno solo, originale e inimitabile: voce ruvida, puntigliosa ironia, testi chiari ma profondi, si sentiva libero, libero di denunciare e discorrere di tutto ciò che desiderasse davvero, senza paura di criticare la situazione politica e sociale dell’Italia di quei tempi, non facendosi scrupoli nell’includere nei testi nomi cognomi e fatti scabrosi, testi più volte sottoposti a censura, ma ciò non l’ha fermato. Le tematiche più affrontate: l’emigrazione, il problema del meridione, corruzione politica e sfruttamento del meridione.

Avvocato Agnelli, Umberto Agnelli
Susanna Agnelli, Monti Pirelli
Dribbla Causio che passa a Tardelli
Musiello, Antognoni, Zaccarelli (nun te reggae più)
Gianni Brera (nun te reggae più)
Bearzot (nun te reggae più)
Monzon, Panatta, Rivera, D’Ambrosio
Lauda Thoeni, Maurizio Costanzo, Mike Bongiorno
Villaggio, Raffa, Guccini
Onorevole eccellenza, cavaliere senatore
Nobildonna, eminenza, monsignore
Vossia, cherie, mon amour
Nun te reggae più”.

Nuntereggae più, Nuntereggae più, 1978.

“A te che odi i politici imbrillantinati/che minimizzano i loro reati,/disposti a mandare tutto a puttana/pur di salvarsi la dignità mondana,/a te che non ami i servi di partito/che ti chiedono il voto, un voto pulito./Partono tutti incendiari e fieri/ma quando arrivano sono tutti pompieri”

Ti ti ti ti, E io ci sto, 1980.

“Ma io con la mia guerra voglio andare sempre avanti/E costi quel che costi, la vincerò non ci son santi /Ma ci ripenso però, mi guardo intorno per un po’/E mi accorgo che son solo/Ma in fondo è bella però è la mia guerra e io ci sto”

E io ci sto, E io ci sto, 1980.

“C’è qualcuno che vuole mettermi il bavaglio: io non li temo. Non ci riusciranno. Sento che, in futuro le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni. Che, grazie alla comunicazione di massa, capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale”.

C’è chi ha sostenuto che la sua morte non sia stata accidentale ma pensata e provocata da poteri forti. Rino era un cane sciolto, uno che non si poteva collocare in un ben preciso schieramento ma che faceva da sottofondo a manifestazioni politiche, uno di quelli che faceva nomi e cognomi.

Forse quel 02 giugno 1981, giorno in cui perse la vita in un incidente stradale dopo esser stato rifiutato da più ospedali, la sua auto non finì casualmente contro un camion proveniente dall’altra corsia… Forse quella canzone scritta da un giovane Rino Gaetano anni prima, “La Ballata di Renzo”, non è solo una semplice canzone, ma la profezia (forzata) di un destino, il suo…

“Quando Renzo morì, io ero al bar. La strada molto lunga

s’andò al san Camillo e lì non lo vollero per l’orario.

La strada tutta scura s’andò al san Giovanni e li non lo accettarono per lo sciopero.

Con l’alba, le prime luci s’andò al Policlinico ma lo respinsero perché mancava il vice Capo

In alto, c’era il sole si disse che Renzo era morto ma neanche al cimitero c’era posto”

— Onda Musicale

Tags: Rino Gaetano
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