Musica

Adrian Maben: “Pink Floyd a Pompei è stato un evento fuori dal tempo”

|

5 anni fa usciva il leggendario film girato tra gli scavi. L'evento viene celebrato con il libro 'Pink Floyd a Pompei, un evento fuori dal tempo', scritto dal collettivo The Lunatics.

L'autore del film, che annuncia una nuova edizione per il 2017, ha scritto la prefazione e ricorda quella incredibile esperienza: "Oggi lavorerei solo con i Radiohead".

Se c’è un band con la quale vorrei girare un film? Nessun dubbio: i Radiohead”. A dirlo è Adrian Maben, il regista di origini scozzesi che ha legato il suo nome a Pink Floyd – Live at Pompeii. Tra i più importanti film rock della storia fu girato nel 1971, 45 anni fa, oggi celebrati con la pubblicazione del libro Pink Floyd a Pompei, una storia fuori dal tempo (Giunti, pagg. 192, euro 25) scritto dal collettivo The Lunatics (Nino Gatti, Stefano Girolami, Danilo Steffanina, Stefano “Mr Pinky” Tarquini e Riccado Verani). Del libro, Maben ha curato la prefazione e dalla casa di campagna di Parigi ci annuncia la pubblicazione di una nuova versione del film in uscita a novembre 2017.

Com’è nata l’idea di collaborare alla scrittura del libro?

“Ci tengo a precisare che non ho scritto io il volume, tranne che per la prefazione. Ho collaborato molto da vicino con Stefano Girolami per un periodo di circa un anno. Ci siamo scambiati numerose mail tra Parigi e Torino e tutta l’esperienza è stata molto gratificante. È apparso subito chiaro che Stefano conosceva il film meglio di me. Ha tirato fuori una pletora di materiali interessanti che io avevo completamente dimenticato. L’idea di base era quella di mostrare come nacque inizialmente quel film e come sia invecchiato (spero bene) durante gli ultimi 45 anni”.

Qual è l’importanza del film oggi?

“È determinante che Live at Pompeii abbia un ascendente sulle più giovani generazioni e se possibile eserciti una sorta di influenza nell’arte e nel rock contemporaneo. I Beastie Boys per esempio ci sono andati vicini con un video parodia girato su un cratere in Nuova Zelanda con tanto di fumarole in vista e amplificatori sui quali era stampata la scritta “Pink Floyd. London”. Hanno chiamato il video Gratidute e l’hanno dedicato a tutto coloro che morirono nell’eruzione del Vesuvio nel 79 A.D. C’è anche un altro video realizzato dai Radiohead, fan riconosciuti del film”.

Lei girò questo film senza la presenza del pubblico perché doveva essere un video anti Woodstock. Il silenzio, lei disse, è più importante di migliaia di fan scatenanti e urlanti. È sempre della stessa idea?

“I tempi stanno cambiando e ogni generazione porta con sé nuove idee e temi. Vediamo cosa succede. Di sicuro, il recente concerto che David Gilmour ha realizzato nell’anfiteatro di Pompei a luglio scorso è stato interamente differente da quello che realizzammo nel 1971. Uno show in piena regola con luci e fuochi di artificio con un pubblico di circa tre mila fan. L’esatto opposto. C’è da dire che prima di suonare visitò la mostra e per me fu un’esperienza esaltante osservarlo mentre guardava le foto scattate nel 1971”.

Ma secondo lei posti così caratterizzanti, pensiamo all’Arena di Verona, oltre che a Pompei, sono le location ideali per i concerti rock?

“Nell’antichità erano i posti per lo spettacolo, di qualsiasi natura esso fosse. Tra gladiatori, belve feroci e violenze in diretta, quindi col senno del poi… Quando i Pink Floyd iniziarono a suonare nell’anfiteatro, Peter Watts, l’ingegnere del suono della band, mi disse che il suono prodotto era straordinario. Le risonanze rimbalzavano sui muri di pietra e producevano degli effetti eco che ancora oggi sarebbe impossibile da riprodurre in uno studio. Forse gli ingegneri che costruirono la struttura ovale avevano già studiato le sue qualità acustiche?”.

Per tornare al film, si sa che c’è una quantità di materiale girato che è andato perso. Cosa è accaduto?

“La storia vera sarà svelata durante una mostra itinerante che sarà aperta in Italia alla fine del prossimo anno. Aspettate e vedrete per conoscere la risposta”.

Pensa che questo film abbia creato il mito dei Pink Floyd prima che raggiungessero il successo con The Dark Side…?

“No, certo che no. La band era già estremamente popolare in Inghilterra e all’estero alla fine degli anni Sessanta. Però, penso che la combinazione tra l’anfiteatro vuoto di Pompei e la musica dei Floyd fu una grande idea. Non dimentichiamoci che quel film fu creato con un qualcosa che andasse contro l’idea di Woodstock e quindi: isterismi, flower power e esperienza hippie. La musica era davvero importante combinata con la strana atmosfera della predestinata città di Pompei. L’una amplificava l’altra. Un commento attraverso il web diceva: “I Pink Floyd stavano suonando per l’anima dei morti”.

È stato testimone di qualche battibecco tra i quattro Floyd in quel periodo?

“Non ci sono stati disaccordi nella band sia a Pompei che due mesi dopo a Parigi per girare altre scene in studio. Durante il documentario Chit Chat With Oysters ne abbiamo anche discusso apertamente. Io chiesi: “Come evitate di beccarvi”. Roger Waters mi rispose: “Perché abbiamo il senso dello humor”. Oggi abbiamo dimenticato che i quattro musicisti non erano solo intelligenti ma anche estremamente spiritosi e maestri nel contegno di stampo britannico”.

È vero che le macchine da presa utilizzate furono le stesse di Fellini e Sergio Leone?

“Per le riprese utilizzammo due Mitchell e una Arriflex 35 mm che furono affittate a Cinecittà. Per quanto ne potevo sapere mi dissero che c’era la tradizione di scrivere su placche di metallo, avvitate sulle macchine, il nome del film girato in precedenza. Un cameraman francese mi disse che aveva notato su una macchina da presa l’iscrizione: “Otto et Mezzo di Federico Fellini” e su l’altra: “Per un pugno di dollari di Sergio Leone”. Ero a dir poco stupito perché avevo visto entrambi i film quando ero studente al Centro Sperimentale di Roma".

A proposito di quegli anni, cosa ricorda? Chi era il regista che più apprezzava?

“Vivevo in un piccolo appartamento nelle vicinanze di Trastevere condiviso con tre studenti italiani iscritti anch’essi al Centro sperimentale. Il nostro insegnante era Nanni Loy ed era molto dotato e paziente soprattutto per guidare studenti indisciplinati come noi. Apprezzavo molto Ermanno Olmi perché lui preferiva usare le immagini e non le parole per comunicare i sentimenti. Quando arrivavo ogni giorno al Centro aspettavo alcuni minuti per vedere l’ingresso in macchina di Federico Fellini. Ma non ci sono mai riuscito. Anni dopo ho visitato Cinecittà a fui sorpreso nello scoprire che Fellini viveva in una casa che era stata costruita appositamente per lui vicino allo studio da dove lui non smetteva mai di lavorare. Ecco perché non potevo avvistarlo!”.

C’è una rock band con la quale, oggi, preferirebbe girare un film?

“I Radiohead, se potessi scegliere”.

Ci sarà un’altra edizione di Pink Floyd at Pompeii?

“Sì. E sarà completata entro novembre 2017. In un modo particolare, sono un po’ come un pittore francese del diciannovesimo secolo, Pierre Bonnard, che era solito ritoccare e ridipingere i suoi quadri negli anni successivi quando erano ancora affissi al Louvre. E i funzionari del museo erano furiosi!”.

(tratto da www.repubblica.it – link)

{loadposition testSignature}

— Onda Musicale

Tags: Roger Waters/Radiohead/Adrian Maben/Pompei/Pink Floyd
Segui la pagina Facebook di Onda Musicale
Leggi anche

Altri articoli