Musica

Django Reinhardt: la leggenda del jazz manouche

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Oggi cade l’anniversario di una scomparsa prematura nel mondo della musica jazz. Si tratta del famosissimo Django Reinhardt, morto a soli 43 anni il 16 maggio del 1953, esattamente 64 anni fa.

Django, il cui vero nome era Jean Reinhardt, nacque da una famiglia Sinti in Belgio nel 1910. Dopo un lungo girovagare fra molte citta europee e nordafricane la carovana arrivò nei pressi di Parigi e qui si fermò per lungo tempo.

A Parigi Jean Reinhardt iniziò la sua carriera di jazzista come apprezzato banjoista, ma a soli 18 anni fu sfortunato protagonista di un grave incidente: il suo caravan fu interamente carbonizzato da un furioso incendio, come conseguenza Django subì delle gravissime ustioni alla mano sinistra e alla gamba destra (di cui in seguito perse l’uso).

Durante il periodo di convalescenza in ospedale l’anulare e il mignolo della mano sinistra si cicatrizzarono insieme e si atrofizzarono, fu così che Django dovette cambiare strumento e si dedicò alla chitarra. A causa della sua menomazione dovette inoltre inventarsi una maniera per poter suonare lo strumento, impiegò anni per riuscire ad usare (seppur limitatamente) l’anulare e il mignolo sulla tastiera della chitarra.

Questo lo portò ad inventare una tecnica che rivoluzionò il jazz e che ogni futuro jazzista da quel momento in poi padroneggerà: la “rullata di scala cromaticacon un solo dito. La tecnica prevede, com’è facilmente intuibile, l’esecuzione di una scala cromatica con lo stesso dito trascinato lungo la tastiera in perfetta sicronia con la pennata.

Tecnica tuttoggi molto in uso presso i jazzisti manouche e non solo, un esempio fuori dagli stadard jazz è rappresentato da Tony Iommi dei Black Sabbath. Quando si amputò la falange di un dito in un incidente in fabbrica cadde in depressione, ma il suo capo gli prestò dei dischi di Django e questo gli diede la forza necessaria per continuare a suonare la chitarra. 

A metà anni ’30 Django ed il violinista Stephane Grappelli formarono un quintetto di strumenti a corda chiamato “Le quintette du Hot Club de France” con cui ebbe un grandissimo successo e con cui si guadagno la fama di ottimo musicista jazz in Europa.

In seguito, con l’avvento del Bebop e delle chitarre elettriche, Django diede ulteriore prova del suo talento artistico unendo il manouche alle sonorità più moderne.

Django Reinhardt non sapeva né leggere né scrivere la musica, anzi era completamente analfabeta. Si fece insegnare come fare a scrivere il proprio nome dal suo compagno violinista Grappelli in modo da poter firmare gli autografi ai suoi fan.

Grazie alla notorietà raggiunta ancora oggi è considerato un eroe dai gitani di tutto il mondo. La sua improvvisazione è alla base del genere manouche, oltre che del jazz stesso, ed era quello che colpiva tutti i musicisti che assistevano alle sue performance.

Insomma Django è stato uno dei padri del jazz, una figura di importanza notevole e di grosso impatto nella musica dei primi anni del ‘900. Addirittura citato nel film di Woody Allen Accordi e disaccordi” in cui la sua biografia è presa ad ispirazione per la creazione del protagonista interpretato da Sean Penn.

Con questo piccolo spaccato della sua storia artistica ho voluto rendere il giusto omaggio ad uno dei più grandi chitarristi di sempre.

— Onda Musicale

Tags: Black Sabbath/Tony Iommi/Sean Penn/Woody Allen/Django Reinhardt
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