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Un disco per il week end: “Ixnay on the Hombre” degli Offspring

America, 1997. Sono ormai passati ben tre anni da quando i punk rockers californiani Offspring hanno pubblicato il fantastico Smash che li ha fatti conoscere al grande pubblico grazie a pezzi come Self Esteem, Come Out and Play e Gotta Get Away.

Un anno prima del successo commerciale di Americana, esempi ormai classici sono Pretty Fly (for a White Guy) e Why Don’t You Get a Job?, gli Offspring guidati come sempre da Holland pubblicano l’ottimo Ixnay on the Hombre. Diamo dunque un’occhiata alle tracce:

 

Disclaimer: un’apertura più che adeguata, una sorta di micro anticipazione a metà strada tra un circo punk ed una pubblicità alienante con tanto di chitarre e batteria in sottofondo. Ah, scordavo di dirvi che il presentatore è Jello Biafra, ex cantante e frontman dei Dead Kennedys.

The Meaning of Life: vera e propria canzone di aperture dell’album che esorta a pensare con la propria testa senza affidarsi troppo alle opinioni altrui (“opening wide and swallow their meaning of life/I can’t make it work your way/thanks but no thanks”).

Corale ed ispirante il brano presenta anche uno dei video più belli e curiosi della band, vi dico solo carrozzine a motore lanciate ai mille all’ora in una sfrenata corsa nel deserto.

Mota: crescendo tra batteria e chitarre per una canzone che parla della sregolata vita di quel tizio, che tutti noi conosciamo, dedito ad hashish e marijuana.

Fame chimica, paranoia, risate da solo davanti ad un b – movie, questa la vita del Mota Boy, descritta nello scanzonatissimo pezzo.

Me & My Old Lady: ritmi più orientaleggianti e sinuosi assieme alle chitarre distorte sono la base musicale, assieme alla voce di Holland che qui diventa quasi un trapano nell’orecchio, per un rapporto malato tra un uomo e la sua ex.

Cool to Hate: continua la parata dei cattivi sentimenti con un vero e proprio inno all’odio adolescenziale verso i gruppi a scuola (“and I hate the geeks/I hate the trendies /but I also hate the freaks”), il preside, te e qualsiasi altra forma di autorità.

In sostanza come si fa ad essere felici? Semplice! Paradossalmente rimanendo nella propria infelicità, cerchiamo di apprezzarne a fondo l’ironia.

Leave It Behind: una sorta di continuazione della traccia precedente in cui a rovinare la vita ad una persona, questa volta, è la rabbia che brucia (“rage burns/can’t pus hit aside now”) e corrode fino al midollo. Breve, ma intensa come la canzone che sfiora i due minuti.

Gone Away: tra i brani più tristi dell’album che si apre sul rullo di batteria ad opera di Welty dove poi si inseriscono alla perfezione le chitarre di Holland e Noodles. In questo brano Holland canta, stavolta accompagnato da Chris “X-13” Higghins alla voce, della perdita di una persona amata.

Un testo tutto sommato semplice, ma trascinante nella musica e nel significato. Da ascoltare con calma. Per i fan più accaniti della band ricordo la versione acustica fatta da Holland ed Emily Armstrong dei Dead Sara.

I Choose: musiche e giri più rock, non perdetevi l’assolo di Noodles, e cori scanzonati con tanto di percussioni firmati entrambi da Higghins. Sembra tutto bello vero?

Anche il video dove si vede la folle corsa di un ragazzo, per un altrettanto folle aeroporto, non è male se non fosse per il testo che parla degli ultimi pensieri di un ragazzo che si butta giù dalla finestra (“I can still hear my mama yelling no no no”). Cinico al punto giusto.

Intermission: un più che meritato intervallo, praticamente come al cinema.

All I Want: uno dei pezzi più conosciuti e lanciati dell’album (anche qui meno di due minuti) grazie al quale si rientra nel disastroso mood di prima, ovvero quello di una vita che va letteralmente a scatafascio.

Unica soluzione? Lasciami da solo, non chiedo molto (“leave me alone/I’m not asking a lot”). Mettetela a tutto volume, so benissimo che ve la ricordate perfettamente!

Way Down the Line: un inno da stadio con tanto di coro, manca solo l’inno americano opportunamente distorto, però in pieno stile Offspring dove esprimono tutta la loro sfiducia nel cambiamento, o presunto tale, e nello stile di vita americano. Immancabile.

Don’t Pick It Up: uno stralunato ska, con influenze surf music, in cui si narra di tre piccole storielle assurde. Nella prima un ragazzino prende una barretta da terra, la mangia e diventa blu perché era un escremento di cane.

Nella seconda un tizio si becca una malattia venerea e, infine, nella terza un tizio smanioso di una ragazza ne rimorchia una, ma potrebbe essere un maschio. Del resto “don’t pick it up I say/unless you can throw it away”, la mamma non te l’ha detto?

Amazed: leggermente più sotto tono rispetto alle altre canzoni, ma ugualmente nichilista e godibile con un riff di Noodles che sa come attirare l’attenzione dell’ascoltatore.

Change the World: l’ennesimo trucco che si accompagna all’ennesima promessa di salvare il mondo, tutto inutile.

 

Giudizio sintetico: un ottimo album, onesto e schietto, tra i migliori degli Offspring. Da ricordare che il termine Ixnay deriva dal maledire qualcuno nel gergo latino oppure da una derivazione del termine inglese nix che significa bloccare, vietare, respingere

Copertina: una fantasia fatta di disegni messicani tipici del giorno dei morti con tanto di teschi alati e nome della band, e del disco, scritto con le ossa

Etichetta: Columbia

Formazione: Dexter Holland (voce e chitarra), Noodles (chitarra e cori), Greg K. (basso e cori), Ron Welty (batteria e percussioni) e Chris “X – 13” Higghins (cori e percussioni dove indicato)

 

Vanni Versini – Onda Musicale

 

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Tags: Offspring, Dexter Holland, Vanni Versini
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