In primo pianoMusica

Un disco per il week end: “Led Zeppelin II” dei Led Zeppelin (1969)

Siamo nel 1969 e da poco tempo, nei cieli del rock, naviga forte e sicuro il dirigibile dei britannici Led Zeppelin. I quattro hanno infatti raccolto moltissimi consensi con l’album d’esordio (leggi qui l’articolo), ma ovviamente bisogna andare avanti.

Spinti dalla insistente casa discografica i Led Zeppelin portano dunque alle stampe, nel freddo autunno del 1969, il loro secondo album dal titolo “Led Zeppelin II”. Diamo dunque un’occhiata alle tracce:

Whole Lotta Love: tra i pezzi più famosi di sempre della band, e non sto parlando della mitica Stairway to Heaven, ma di una splendida apertura per il secondo album degli Zeppelin in cui Page, qui suona anche il theremin, ritorna all’archetto, come aveva fatto nella versione di Dazed and Confused, sparando un riff dietro l’altro mentre la sezione ritmica Bonham e Jones dà il suo meglio.

Dulcis in fundo la voce di Plant che vuole dare tutto il suo amore, sì insomma avete capito, ma credo che non serva dilungarsi troppo nella descrizione di questa traccia che sicuramente conoscerete tutti perciò alzate il volume e godetevela!

What Is and What Should Never Be: un perfetto misto di atmosfere acustiche e sonorità di matrice chiaramente più blues rock. Il testo è delicato e poetico ed è in grado di cullare letteralmente l’ascoltatore nelle parti più dolci per poi farlo scatenare in quelle più rock, un mix perfetto che solo i Led Zeppelin e poche altre band sono in grado di fare!

The Lemon Song: si ritorna attingendo dal blues a piene mani sporcandolo con la giusta dose di elettricità proveniente dalla sei corde di Page che sfodera un assolo dietro l’altro. Ma qui non si parla solo di Page! Come scordare l’ipnotico e ritmato giro di basso, messo bene in evidenza, di un ispiratissimo John Paul Jones? Detto questo vanno ricordati però un paio di punti.

Il primo, che in molti avranno già capito, riguarda il limone del titolo che è una chiara allusione all’organo sessuale maschile, diavolo di un Plant, mentre il secondo è che il blues dal quale attingono altri non è che una loro versione personalizzata ed improvvisata di Killing Floor del bluesman americano Howlin’ Wolf.

Thank You: “If the sun refuse to shine/I would still be loving you/When mountains crumble to the sea/There will still be you ‘n’ me”, come si può benissimo intuire dai romantici versi d’inizio questa è una vera e propria ballad d’amore in pieno stile Zeppelin.Un testo dolcissimo, un Page indiavolato durante gli assoli, ma non va scordato il più che pregevole lavoro all’hammond da parte di John Paul Jones che rende la parte finale decisamente sognante, con tanto di vaghi echi tipici della musica indiana.

Heartbreaker: altro riff passato alla storia che narra del ritorno in città di una certa Annie. Una ragazza bellissima che lascia una scia di spasimanti dietro di lei che non finisce più, una vera spezzacuori.

Living Loving Maid (She’s Just a Woman): allegra e scanzonata questa canzone, B – side del singolo Whole Lotta Love, parla di una donna non più tanto giovane, ma che comunque vuole continuare a divertirsi. Leggenda vuole che sia ispirata ad un fatto realmente accaduto, pare infatti che un’attempata groupie di New York stesse tormentando il povero Jimmy Page.

Ramble On: altra ballata acustica, ma decisamente ritmata con le percussioni di Bonham ed il basso di Jones ad oscurare la chitarra di Page. Enigmatica e complessa può essere considerata un altro capolavoro degli Zeppelin, arricchito anche dai riferimenti a Il Signore degli Anelli di Tolkien (Mordor e Gollum), in cui viene affiancato il tema del viaggio a quello della consueta ragazza.

Moby Dick: glorioso strumentale a tre, viene infatti escluso Plant, basato sull’omonimo romanzo di Melville in cui è la batteria di Bonham a dettare legge. Cercate le versioni live di questo brano, più lunghe e psichedeliche, sono sicuro che non vi deluderanno.

Bring It On Home: ritorno del blues e di Plant che qui, con la sua armonica a bocca, coverizza insieme agli Zeppelin l’omonimo brando del grande armonicista blues americano Sonny Boy Williamson II. Una versione grondante elettricità ed energia per concludere al meglio il disco.

Giudizio sintetico: un più che degno erede del disco precedente! Un’altra delle scintille che ha fatto divampare il grande incendio chiamato Led Zeppelin.

Copertina: ritorno ai temi della Grande Guerra con i nostri beniamini mimetizzati in una squadriglia di aviatori tedeschi, la stessa del Barone Rosso per intenderci, ad opera dell’ex compagno di studi di Page David Juniper.

Etichetta: Atlantic Records

Line up: Robert Plant (voce e armonica), Jimmy Page (chitarre e theremin), John Paul Jones (basso e hammond) e John Bonham (batteria e percussioni)

— Onda Musicale

Tags: Led Zeppelin, Robert Plant, John Bonham, Jimmy Page, Whole Lotta Love, Stairway to Heaven, John Paul Jones
Sponsorizzato
Leggi anche
Kraftwerk: recensione di 12345678 – 3D
19 giugno 1971: i Pink Floyd a Brescia – 19 giugno 2021: la presentazione del libro su quel concerto