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Un disco per il week end: “La pulce d’acqua” di Angelo Branduardi

Correva l’anno 1977 e, dopo il successo de Alla fiera dell’est e la raccolta Incontro con Angelo Branduardi, per l’artista lombardo “naturalizzato” genovese è tempo di un nuovo disco.

Forte della collaborazione con Luisa Zappa, il menestrello italiano per antonomasia, pubblica infatti un album destinato ad essere uno dei tasselli fondamentali della sua discografia ovvero La pulce d’acqua.

Ballo in Fa Diesis Minore: se siete degli appassionati di cinema, come “Il settimo sigillo” di Ingmar Bergman, oppure di arte medievale, come La danza macabra dipinta sulla chiesa di Pinzolo e/o di Clusone, allora questo è il brano del menestrello di Cuggiono che fa per voi. Uno dei più celebri e coverizzati, le versioni dei Kalevala e dei Fiaba sono un buon esempio, del suo repertorio apre il disco sulla melodia di un ballo medievale friulano (Schiarazula marazula) usato prevalentemente nei momenti più folkloristici ed esorcistici.

Come nell’affresco sulle chiese già citate, la morte sembra voler accompagnare gli appartenenti a tutti i vari strati sociali, dai grandi re agli umili contadini, al loro inevitabile destino nella tomba tra un giro di danza e l’altro. Branduardi, invece, ribalta completamente quest’idea facendo sì che siano gli stessi uomini, i mortali per l’appunto, a convincerla a lasciare la falce per danzare assieme a loro. Come disse lo stesso artista “c’è l’idea che la musica abbia un potere talmente alto da far dimenticare alla morte di essere venuta per portarci via”.

Il ciliegio: arpeggi acustici e giri blues si rincorrono come in un eterno gioco al rimpiattino il quale, a sua volta, si perde nel racconto di uno scortese Giuseppe alla vergine incinta Maria. Tratto dall’omonimo brano delle “Child Ballads” di Francis James Child, altro non è che una versione italiana di “The Cherry Tree Carol” ripresa dallo stesso menestrello nell’album Il rovo e la rosa. Ballate d’amore e di morte. La ballata è stata poi coverizzata da innumerevoli artisti come Joan Baez, Judy Collins, Pentangle e così via.

Nascita di un lago: una chitarra ricca di delay accompagna la malinconica voce di Branduardi che, stavolta ispirato dal ciclo arturiano, canta dell’incontro tra il mago Merlino e la Dama del Lago Viviana. L’anziano mago s’invaghisce della Dama e, per amore di lei, crea un castello invisibile sul lago ed una grotta di cristallo dove i due avrebbero dovuto riposare insieme alla fine dei loro giorni. Ma c’era ben poco da fidarsi perché Viviana lo intrappola lì dentro con le sue stesse arti magiche, dalla prigione magica Merlino continuerà comunque ad amarla nonostante l’onta subita. “Quella volta infine si adirò ed in un vasto lago la mutò. E dall’alto di una bianca torre per il resto del tempo lui l’amò”.

Il poeta di corte: riprendendo le melodie di Gaspar Sanz e le parole della poesia di Luisa Zappa, Branduardi cambia totalmente registro con musiche e ritmi decisamente più allegri e frenetici nonostante la malinconia di fondo del testo.

Un “corvo di mare ”ed un granchio annunciano infatti la sua stessa morte al poeta di corte, ma egli, al pari del suo signore, sa benissimo che la morte non basterà “per far tacere per sempre il mio cuore”.

Il marinaio: dalla fredda Inghilterra Branduardi traghetta verso le assolate acque dell’Antica Grecia. Tra chitarre, basso e bouzouki (strumento tipico di quelle zone) anche il mito cambia con l’“Odissea” di Omero. Si narra infatti dell’attesa della paziente Penelope del prode Ulisse che, come in molti ricorderanno, passerà mille peripezie ed avventure prima di ricongiungersi all’amata nella natia Itaca. “Te l’ha giurato e sai tornerà, l’uomo che amavi non mentiva mai”.

La pulce d’acqua: title track del disco il cui testo, ancora una volta, è stato scritto da Luisa Zappa. I ritmi e gli arpeggi acustici questa volta si spostano verso le Americhe. Il testo si basa su una leggenda degli indiani d’America, trascritta dal linguista Jaime de Angulo, dove si narra di un uomo paralizzato da una pulce d’acqua che gli ha rubato l’ombra. Ma nulla è perduto perché lo sfortunato ha ancora una possibilità, “devi a lungo cantare per farti perdonare e la pulce d’acqua che lo sa l’ombra ti renderà”.

La sposa rubata: dopo questo viaggio linguistico e letterario si ritorna in Europa, più precisamente in Bretagna, con la leggenda “Ar plac’h dimezet gant Satan” (“La Sposa di Satana”) contenuta nella raccolta “Barzaz Breiz” (“Ballate Bretoni”) del filologo Hersart de la Villemarqué. Una sposa viene, per l’appunto, rubata al suo futuro sposo all’indomani delle nozze dal diavolo con un trucco. La sposa viene infine ritrovata “lungo un’acqua scura”con indosso delle vesti d’oro prima che l’Inferno stesso la inghiottisca.

La lepre nella luna: Luisa Zappa stavolta fa virare il timone della sua poesia verso lo sconfinato mare della mitologia orientale con la leggenda del “coniglio lunare” (“Sasajataka”). Si narra infatti che un tempo una volpe, una scimmia ed una lepre vagassero sulla Terra uniti da una fortissima amicizia. Un giorno un dio, incuriosito da questa amicizia, decise di mischiarsi a loro travestito da vecchio mendicante in difficoltà.

Promise infatti loro una ricompensa se gli avessero portato del cibo. La scimmia e la volpe si diedero da fare per procurarglielo, ma la lepre continuò a giocare perché quella era la sua natura. I due decisero allora di cucinarla e servirla al dio in incognito che, inorridito dal tradimento, portò la lepre nel suo palazzo sulla luna dove avrebbe goduto di vita eterna. Molto interessante anche l’uso dell’armonica a bocca in questo brano.

La bella dama senza pietà: sitar e basso si uniscono per un intreccio sonoro piuttosto cupo, interrotto solo da qualche scarno accordo di chitarra. Il testo riprende una poesia di John Keats dove un cavaliere incontra una misteriosa “bella dama senza pietà”, dalle dita “bianche e gelide”, che fa addormentare l’uomo che fa un sogno. Gli appaiono infatti “mille e mille di più” altri poveri sfortunati che sono caduti preda del suo inganno, ora anche lui continua ad aspettarla su un gelido pendio.

Giudizio sintetico

Album fondamentale per capire la musica, l’ispirazione e l’estetica branduardiana in perfetto equilibrio tra leggende di vari Paesi e tradizioni.

 

— Onda Musicale

Tags: Joan Baez, Angelo Branduardi
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