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Intervista a Mogol, il poeta della musica italiana

Buongiorno Maestro, salve Mogol, egregio Sig.Rapetti, ciao Giulio; in questo momento sono un pò teso, non riesco a decidere come iniziare questa intervista telefonica con il grande Mogol, definito anche, il poeta della musica italiana.

Osservo compiaciuto il suo nome inserito nella rubrica del mio telefono, premo il tasto e via… uno dei miei sogni si avvera! Nell’attimo in cui risponde, mi viene istintivo cominciare la conversazione così:

Buongiorno Maestro, grazie per il tempo che ha deciso di dedicare al quotidiano Onda Musicale, sono Carlo Zannetti

In quell’istante, penso all’infinità di cose che conosco di lui. In fin dei conti, è da quando avevo quindici anni che ascolto le sue canzoni e che leggo ogni notizia che lo riguarda.

Per esempio: Mogol, da pseudonimo di un tempo, oggi è diventato il suo cognome, lui si chiama Giulio Rapetti Mogol, è un uomo che ha scritto ben 151 successi, è un uomo che ha venduto 523 milioni di dischi, è l’altra metà di Battisti, è un artista che ha scritto dei capolavori e come tale, per usare una sua frase, va al di là del tempo.

Nel 1981, ha fondato la Nazionale Cantanti, e da allora per merito suo e di tutti i componenti della squadra, sono stati raccolti l’equivalente di 90 milioni di euro che sono stati donati in beneficenza.

Stella tra le stelle, Mogol ha collaborato nel corso della sua lunga carriera con; Lucio Battisti, Mina, Luigi Tenco, Mango, Riccardo Cocciante, Gianni Bella, Tony Renis, Eros Ramazzotti, Gino Paoli, Bobby Solo, Equipe 84, Dik Dik, Adriano Celentano, Gianni Morandi, Anna Tatangelo, Adriano Pappalardo, e Luciano Tajoli, solo per citarne alcuni.

Ha scritto alcuni libri, tra i quali spicca il bellissimo “ Il mio mestiere è vivere la vita” pubblicato da Rizzoli nel 2016, con un titolo (molto bello) che richiama un verso della celebre canzone“Una donna per amico” (Mogol-Battisti).

Mogol con Lucio Battisti

Sempre Mogol, 28 anni fa, ha fondato il C.E.T. (Centro Europeo di Toscolano) in provincia di Terni in Umbria, con lo scopo di formare i nuovi professionisti della musica pop. È stato recentemente invitato a Boston in U.S.A. dove è stato ospite di numerose iniziative nel corso delle quali, gli è stato consegnato un riconoscimento speciale per il suo “contributo straordinario alla musica e alla lingua italiana”.

Sempre negli U.S.A.  ha avuto modo di illustrare i sistemi didattici innovativi  adottati nel suo centro di formazione che è considerato in tutto il mondo un istituto di livello internazionale.

Per quanto riguarda il suo “metodo”, il Maestro Mogol mi liquida subito:

Io vengo ispirato dalla musica, non vado certo a pensare prima acosa devo scrivere e il mio metodo è ascoltare le note, le melodiee poi cercare di capire cosa sta dicendo la canzone. Dopo ci attacco le parole

Il Maestro Mogol, è un uomo gentile e paziente, che riesce a sorprendermi fin dalla sua prima risposta.

Come si definirebbe, Mogol?

“Un autore”

Quando ha provato interesse per il mondo della musica?

“Non è che ho provato interesse, la mia non è nata proprio come una passione, è diventata poi una passione. Inizialmente io lavoravo per fare delle versioni e prendevo l’equivalente di 2 euro e cinquanta a versione, quindi la prima parte della mia vita era un lavoro; un lavoro, diciamo, fatto per le versioni americane,inglesi, etc..etc..; allora gli editori non andavano tanto per il sottile, pagavano e liquidavano l’autore. Io ho lavorato molto – ci spiega Mogol –  ho fatto tantissime canzoni, e questo mi ha permesso di formarmi degli automatismi fondamentali, quello della rima, la metrica, la ricerca delle parole e chiaramente lavorando, lavorando e lavorando, si acquista una capacità diversa, soprattutto quando si assorbono gli automatismi, che ci permetto di lavorare. È anche l’esperienza che ci soccorre ad ogni passo. Questa è una cosa che non è toccata solamente a me, – continua Mogol fa parte della meccanica mentale di noi umani. Lavorando per 10.000 ore a qualche cosa, poi si acquisiscono degli automatismi che ci permettono di agire in piena libertà e di avere anche un po’ di magia”.

Lei si è definito un lettore “onnivoro”. Quali sono state le sue letture e quali autori l’hanno influenzata di più?

“Ma io veramente, tutto sommato, non ho letto moltissimo; comunque gli autori che mi sono piaciuti sono quelli del primo novecento americano, i poeti della Spoon River e anche la prosa, mi è piaciuto Steinbeck, e poi ho letto con grande piacere le opere di Piero Chiara che è stato un grandissimo scrittore, scoperto dalla gente, anche se non troppo osannato dai critici.”

Lei una volta ha affermato:”Preferisco vivere le mie passioni, piuttosto di disperdere tempo e concentrazione”.

“Tutti dovrebbero vivere le proprie passioni, perché in ognuno di noi c’è una possibilità inimmaginabile di crescere. Quando si formano quegli automatismi di cui abbiamo già parlato, si diventa straordinari. Una prova della formazione di questi automatismi, per esempio, è quello che noi tutti facciamo dopo i 12 anni, ovvero, scriviamo sotto dettatura, senza pensare a quello che scriviamo. Andiamo in automatico. Questo lo puoi fare in tutte le arti, – prosegue Mogol – il problema è che tutti ci andiamo superficialmente, cioè facciamo qualcosa ma non approfondiamo, non andiamo avanti. Io dico sempre che passo dopo passo si può arrivare in cima ad una montagna di 4.000 metri, e passo dopo passo, si possono raggiungere dei risultati straordinari, non bisogna mai mollare, ecco, bisogna prendere le cose seriamente, con la passione di approfondire, con autocritica”.

I versi delle sue canzoni, comprese quelle scritte insieme a Lucio Battisti sono diventati parte della cultura italiana. Cosa ci dice in merito?

“Le grandi canzoni, come la grande musica, che sia classica o pop, quando è bella è bella. Anche con la musica pop si possono fare grandi cose, le hanno fatte in tutto il mondo e sono rimaste. Nel nostro caso, è vero, ormai fanno parte della nostra cultura”.

In un altro contesto, lei una volta ha affermato: ” Meno canti, più ti avvicini al senso delle parole e più trasmetti emozioni.”

“Qualsiasi cantante, anche del passato, che canta a squarciagola è più impegnato a dimostrare le proprie capacità vocali e a volte non si riescono neanche a capire le parole. Non è un problema di corde vocali, l’emozione arriva attraverso i sentimenti, attraverso l’interpretazione delle parole stesse”.

Lei come scrive i testi?

“Io sono ispirato dall’ascolto della musica. Se vuole sapere da dove comincio, le posso dire che comincio dalla frase più importante della musica, devo trovare quella per poi ricostruire tutto il resto”.

Che effetto le faceva sentire le sue canzoni dappertutto?

“Mi sentivo grato al destino, come fosse un miracolo. Ho sempre lavorato con onestà e ho difeso sempre la mia libertà. Devo però confessarle – conclude Mogol – che a volte domandavo a me stesso da dove venissero queste parole, alcuni dei miei testi risulterebbero così difficili da programmare….”

— Onda Musicale

Tags: Lucio Battisti, Tony Renis, Dik Dik, Equipe 84
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