In primo pianoMusica

1964: il potente esordio dei Kinks

The Kinks

1964: anno inconfondibile nel cuore dei Sixties. È l’anno in cui un gruppo già avviato come i Beatles pubblica quel meraviglioso LP che è “A Hard Day’s Night, delizioso per le melodie delle sue canzoni, disco a cui si accompagna un film in bianco e nero assai piacevole ed elegante.

È l’anno in cui esordiscono gli Hollies con Stay With The Hollies (in Gennaio), i Rolling Stones, con l’album omonimo (pubblicato il 16 Aprile 1964), Dusty Springfield con A Girl Called Dusty (sempre in Aprile), i Dave Clark Five con A Session With The Dave Clark Five (Aprile) e gli Zombies, che il 24 Luglio pubblicano il loro singolo d’esordio nonché brano più conosciuto in assoluto, “She’s Not There”. Questo per fare alcuni dei nomi che negli anni e nei decenni successivi ritroveremo sulla scena non solo inglese ma anche mondiale.

Nel 1964, in mezzo a questa esplosione di fuochi d’artificio, fa il suo esordio anche una band originaria di Muswell Hill, distretto di Londra situato a nord. Il nome che li renderà riconoscibili non nasce subito: una volta raggiunta una formazione più o meno stabile, scelgono di chiamarsi Boll (o Bo) Weevils. Con questo nome pubblicano due demo “I Believed You” e “I’m A Hog For You Baby” (è il 1963). Cambiano in The Ravens, ma nemmeno stavolta il nuovo nome è un preludio all’inizio del tanto agognato successo, dato che non riescono a trovare una compagnia disponibile a far firmare loro un contratto discografico, nonostante i provini fatti.

La svolta arriva all’inizio del 1964, quando il loro nuovo batterista – dopo la dipartita di Micky Willet – diviene Mick Avory (sarà l’inizio di un rapporto destinato a durare, pur con fasi alterne, sino al 1984) e la band – che nel frattempo ha acquisito una formazione stabile composta da Ray e Dave Davies, Pete Quaife e lo stesso Avory – firma per la Pye Records, scegliendo oltretutto il nome definitivo che la renderà inconfondibile: The Kinks!

Il grande passo – cioè la firma del loro primo contratto – è merito di Shel Talmy, produttore americano che realizzerà tutti i loro dischi sino a Something Else (1967), per poi cedere il ruolo a Ray Davies

L’atteggiamento della Pye è la chiave per capire la genesi e la fisionomia del disco d’esordio del gruppo di Muswell Hill. Le compagnie discografiche dell’epoca (atteggiamento che andrà ben oltre gli anni Sessanta) ragionano in termini di puro profitto: il libretto che accompagna l’edizione 2004 del disco utilizza l’espressione “cash-cow”. L’espressione rende benissimo l’idea di una mucca che viene munta, ma anziché dare latte dà soldi. I nuovi artisti che l’etichetta lanciava erano mucche da spremere il più possibile in un arco temporale brevissimo.

Non a caso gli album erano ben lontani dall’essere quei gioielli che brilleranno a partire dal biennio successivo, limitandosi ovviamente ad essere una semplicissima raccolta di singoli. La fretta di dare alle stampe i dischi ne comprometteva la qualità complessiva (l’idea di concept album era un concetto a dir poco sconosciuto ai manager delle case discografiche, non a caso i grandi dischi – stando a questo ragionamento – inizialmente saranno dei clamorosi flop).

Anche Kinks, album d’esordio dell’omonima band, non si sottrae a tale clima

A Luglio viene registrato, presso gli Studi IBC di Londra, il pezzo più famoso della band:“You Really Got Me”. Il successo strepitoso del singolo eccita la Pye a tal punto che ai Kinks viene chiesto di realizzare nel più breve tempo possibile il disco d’esordio: una manciata di sedute ad Agosto ed è fatta.

Riguardo a “You Really Got Me” (leggi l’articolo) è importante dire alcune cose: il pezzo lanciò sia la carriera dei Kinks che quella dei Van Halen (nel 1978, con l’omonimo album d’esordio). La tecnica esecutiva e lo stile canoro, particolarmente energici e grintosi, hanno spinto più di qualche esperto a parlare della canzone come esempio di proto-punk o addirittura di precursore del metal, ma la definizione è abbastanza forzata. Che sia stato il seme da cui son fiorite numerose tecniche esecutive, generi musicali nonché gruppi, quello è fuori discussione.

Il brano si caratterizza per il cosiddetto “power chord”: nella teoria musicale l’accordo ‘classico’ è composto da tre differenti note

Se alla struttura 1ª – 3ª – 5ª (all’interno della scala) – in cui è la nota centrale a determinare la tonalità dell’accordo (maggiore o minore) – si omette quest’ultima, ne viene fuori un accordo “anomalo” (1ª – 5ª).

Per quanto riguarda la genesi della canzone, bisogna dire che Ray Davies l’aveva pensata in chiave jazz, dal momento che la melodia aveva preso forma sui tasti di un pianoforte. Fu il fratello Dave a suggerirgli di pensare la melodia attraverso l’esecuzione con la chitarra elettrica, più adatta a darle vigore e grinta. In un momento di frustrazione dopo aver litigato col fratello (così recita la vulgata), Dave tagliò con una lametta il rivestimento dell’amplificatore. Provò a suonare la canzone: meraviglia! Il suono era quello giusto, grezzo e ruvido al punto giusto! Ora il brano era pronto per sfondare le classifiche inglesi e del resto del mondo.

Il resto dell’album si divide più o meno a metà tra composizioni originali e cover: d’altronde, era difficile che artisti alle prime armi potessero già aver scritto chissà quante canzoni di proprio pugno in vista della loro prima seduta di registrazione. Si cercava di mettere insieme abbastanza canzoni per un LP ricorrendo alle cover, una vera e propria garanzia nei confronti del pubblico.

Per quanto riguarda le composizioni originali, “Just Can’t Go to Sleep” si pone nel solco del classico beat britannico del tempo: è impossibile sottrarsi completamente alla moda dominante, ma è possibile imprimerle il proprio tocco originale, come anche nel caso di “So Mystifying”,“I Took My Baby Home” (canzone il cui ritmo incalzante e gli accordi trasmettono bene un senso di positività e di euforia) e “Stop Your Sobbing” (pezzo valorizzato dal musical Sunny Afternoon). Eccetto “Revenge” – pezzo strumentale in cui la batteria e l’armonica dominanti stravolgono un ritmo originariamente blues (pare di intuire) – in tutte le altre composizioni il dinamismo esecutivo e la voce di Ray si amalgamano nel creare un suono che rende i Kinks perfettamente riconoscibili, dopo essere emersi dal mare del beat che spopola ovunque (eccetto che nelle isole del blues).

Tra le cover, l’album è composto da “Cadillac” (frenetico rock ‘n’ roll a firma Bo Diddley, omaggiato in quegli anni anche dagli Animals), “Beautiful Delilah” (Chuck Berry), “Long Tall Shorty” (Herb Abramson, Don Covay) e “I’m a Lover Not a Fighter” (J. D. “Jay” Miller) cantate dalla voce ancora acerba di Dave (in compenso promettente chitarrista), e da “Too Much Monkey Business” (Chuck Berry), classico cantato da Ray. I pezzi più deboli dell’LP sono a firma Shel Talmy, cioè “Bald Headed Woman” e“I’ve Been Driving On A Bald Mountain”. “Got Love If You Want” è la cover che chiude l’album, scritta da Slim Harpo e cantata da Ray: il suo particolare timbro di voce conferisce al pezzo un suo perché.

Tralasciando di parlare anche delle bonus tracks dell’edizione 2004, altrettanto importanti nel completare il ritratto della band ai suoi esordi, si può convenire sul fatto che Kinks – nonostante sia un album assemblato in fretta e furia sull’onda di “You Really Got Me”, con le inevitabili cover e qualche interessante composizione originale – è un po’ acerbo ma comunque promettente, dal momento che a partire dal 1965, con The Kink Kontroversy, Ray Davies inizierà a mostrare appieno le proprie qualità di compositore. Iniziava la Leggenda.

— Onda Musicale

Tags: Kinks, Ray Davies, Zombies, A Hard Day's Night, You Really Got Me, Dave Davies, The Rolling Stones, Van Halen
Sponsorizzato
Leggi anche
16 agosto 1977: muore (a 42 anni) Elvis Presley
Annunciato evento per festeggiare i 25 anni di carriera di Irene Grandi