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Backbone: il ritorno degli Status Quo

Il 6 settembre è stato rilasciato il trentatreesimo album degli Status Quo. Il lavoro – intitolato Backbone – è il primo successivo alla morte di Rick Parfitt. (leggi l’articolo)

Gli Status Quo sono sulla breccia dall’ormai lontanissimo 1962, quando il nuclo originale iniziò a suonare per i locali inglesi col nome di Spectres. Dal rock’n’roll ortodosso degli esordi, passando per le rivoluzioni beat e psichedeliche, Parfitt, Francis Rossi e compagni hanno cambiato più volte stile e genere. Il primo successo, Picture of a matchstick man, lo raggiunsero nel 1968 con un brano dal forte sapore psichedelico. Fu tuttavia nei primi anni ’70 che, mettendo a punto una mistura di boogie, blues e rock’n’roll, gli Status Quo dettero inizio al loro periodo di massimo splendore.

La loro musica non ha mai incontrato il favore della critica più severa, che gli ha sempre rimproverato un’eccessiva semplicità e scarsa varietà nelle loro composizioni; questo, va detto, al di là delle doti tecniche che anche i detrattori non negano. Tuttavia il loro sound semplice e grezzo si è rivelato sempre vincente in quasi tutti i paesi europei, a partire dalla natia Gran Bretagna, permettendo agli Status Quo di raggiungere successi tali da permettere l’ingresso nel Guinness dei primati in varie categorie.

La morte di Parfitt (leggi l’articoloha segnato duramente la band, tanto da metterne a lungo in dubbio la prosecuzione dell’attività, soprattutto in studio. Oltre che a livello umano, anche il tipico sound della chitarra era difficilmente rimpiazzabile, eppure con l’inserimento di Richie Malone – abile anche come compositore – ogni tassello pare aver ripreso il posto corretto.

Nonostante alcune innovazioni in sala di produzione, volte soprattutto a rendere il grezzo suono delle chitarre elettriche un po’ più pulito e meno distorto, il nuovo lavoro si immerge da subito nelle tipiche atmosfere degli Status Quo. Waiting For A Woman attacca subito col piglio giusto, proponendo un riff di fronte a cui è difficile restare fermi; il pezzo è una canonica commistione tra il pub rock in voga alla fine dei seventies e atmosfere più da rock blues all’americana. I wanna run away with you è forse il brano che più degli altri mette in evidenza il nuovo approccio, leggermente più laccato, agli arrangiamenti. Cut me some slack rimanda inizialmente ai mitici Ten Years After del compianto Alvin Lee, ma quando parte la voce pare di essere catapultati ai primi anni ’80, quando band come gli ZZTop portarono il rock blues nel nuovo decennio. Liberty Lane parte come un classico dei Rolling Stones, per poi proporre una melodia facile facile in pieno stile Status Quo. Stesso discorso per la bella title track.

Il lavoro scorre via veloce, senza eccessivi colpi di scena. La sensazione è che il meglio, gli Status Quo e questi nuovi brani, lo riserveranno dal vivo. È sul palco che i brani della band, da sempre, sfoggiano tutte le loro potenzialità, privi dei limiti imposti dallo studio di registrazione e liberi di dar vita alle chilometriche jam chitarristiche tipiche del complesso.

Peccato che in Italia non abbiano mai raccolto grandi consensi e che, probabilmente, ancora una volta i loro live non toccheranno il nostro paese.

— Onda Musicale

Tags: Status Quo, Alvin Lee
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