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Quando la Guerra Fredda incontra il Rock’n’roll: i Beatles ad Amburgo (1960-1962) [Seconda Parte]

La grande svolta nell’esordiente carriera dei Beatles avvenne quando loroconobbero il musicista Tony Sheridan (1940-2013).

Fu con lui che vennero realizzate le prime registrazioni professionali (dato che quelle di Percy Phillips nella Liverpool del 1958 erano abbastanza amatoriali – le possiamo però ascoltare nel primo disco dell’Anthology 1, edita da Apple nel 1995).

Intuendo che sia in Sheridan che nei Beatles c’era del potenziale, il compositore, direttore d’orchestra e produttore Bert Kämpfert (1923-1980) li mise a contratto per un anno alle dipendenze della Polydor Records. Da questa esperienza nacque My Bonnie, album d’esordio di Sheridan, pubblicato il 5 Gennaio 1962. In copertina troviamo il nome The Beat Brothers ma non quello di The Beatles, dal momento che per il pubblico tedesco la parola suonava simile a piedel, termine infantile per indicare il pene.

Delle varie canzoni eseguite durante le sessioni alla Friedrich-Ebert-Halle, molte furono le cover (es. “When The Saints Go Marchin’ In” / “What I’d Say” / “Ready Teddy”), cioè brani tradizionali, di Ray Charles o di Elvis, ma qualche composizione originale iniziava a farsi strada, come nel di caso di “Cry For A Shadow”, pezzo strumentale firmato – caso più unico che raro – da Lennon e Harrison. Quanto alle performances vocali, a tenere la scena era Sheridan, mentre i Beatles li sentiamo nell’interpretazione di Lennon della celeberrima “Ain’t She Sweet”.

La permanenza dei Beatles ad Amburgo li vedeva migliorare a ritmi vertiginosi dal punto di vista della tecnica esecutiva e della scioltezza nella presenza scenica, forgiate in lunghissime ed estenuanti esibizioni sostenute dall’aiuto delle pillole di Preludin.

Ma anche in questo caso, come in tanti frangenti analoghi, la Storia ti attende al varco e ti cambia le carte in tavola. Sutcliffe era divenuto consapevole di ciò che in quel momento più gli interessava fare nella sua giovane vita: dedicarsi alla pittura e all’arte contemporanea più in generale. A detta di chi lo conobbe non era affatto scarso come bassista, ma i colori e i pennelli sembravano rispondere meglio alla sua vocazione. Nel lasciare la band, decise di affidare a McCartney il suo Höfner President 500/5, a condizione che non cambiasse l’ordine delle corde, dato che Stuart era destro, diversamente da Paul.

Non appena gli fu possibile, Paul poté finalmente acquistare un basso per mancini, quell’Höfner 500/1 – detto colloquialmente “violin bass” – che è ancor oggi lo strumento a lui universalmente associato. Avendo in tasca un po’ di soldi, anche Harrison e Lennon ne approfittarono per acquistare degli strumenti degni di un professionista: Lennon acquistò la celeberrima Rickenbacker 325 Capri ed Harrison si dotò di un amplificatore della Gibson.

Durante il 1961 e il 1962 sarebbero successi altri importanti mutamenti nell’avventura dei Beatles. Ogni volta che terminava un periodo di permanenza in Germania, il gruppo faceva ritorno in patria, ma non per riposarsi: li attendevano altre toste esibizioni in quell’inferno claustrofobico – definizione di McCartney – del Cavern Club in Matthew Street a Liverpool: una cantina in mattoni che aveva aperto i battenti nel 1957 e che spesso era satura di persone, dato che i nuovi talenti si esibivano in quel posto divenuto così gettonato.

Fu lì, il 9 Novembre 1961 che Brian Epstein, titolare della NEMS (North End Music Store), decise di andare a scoprire dal vivo quei famosi Beatles di cui tanto si parlava, complice anche il singolo “My Bonnie” registrato con Sheridan. Ne restò folgorato, e da quel momento iniziò pian piano un rapporto che li avrebbe condotti sulla vetta della Musica Mondiale.

Nel 1962 invece accaddero altri colpi di scena: in Aprile, il 13, fecero ritorno ad Amburgo per iniziare una nuova serie di esibizioni che sarebbe terminata a fine Maggio, ma ricevettero una terribile notizia: il 10, cioè pochi giorni prima, Stu – così era chiamato Sutcliffe – era morto per un’emorragia cerebrale. Pare che il problema fosse la conseguenza postuma di una rissa in cui lui aveva battuto la testa, ma a lungo si è cercato di fare luce sulla vicenda. La morte del loro amico e compagno scosse profondamente i Beatles, soprattutto Lennon.

Ora i Beatles erano in quattro, ma nell’arco di qualche mese alla batteria di sarebbe seduto qualcun altro. Quella del 6 Giugno 1962 sarebbe stata l’ultima esperienza di Pete Best con i Beatles, ma la prima del gruppo negli studi di registrazione di Abbey Road, nati nel 1931 ma divenuti universalmente famosi e meta di incessanti visite dopo il 1970.

A metà Agosto 1962 Best fu sostituito con Ringo Starr, che i Beatles avevano conosciuto ad Amburgo come membro del gruppo Rory Storm and The Hurricanes. I quattro non si perdonarono mai la vigliaccheria – a detta di Lennon – nello scaricare Best, dato che non lo fecero di persona. Alcuni fan non digerirono la cosa e George Harrison pagò il disappunto ottenendo un occhio nero (lo si vede nelle foto delle sedute per “Love Me Do”, dell’11 Settembre 1962).

Con il nuovo arrivato, il gruppo – ora nella sua formazione “classica” – si esibì fino a fine anno nella città che li aveva forgiati come musicisti e come uomini. Dopo l’ultimo ritorno a casa e le ultime esibizioni al Cavern, registrarono finalmente il loro primo LP.

Iniziava il capitolo più eccitante della Storia della Musica: la gloriosa epopea dei Beatles, che al giorno d’oggi non smette di affascinare ogni generazione.

   Massimo Bonomo – Onda Musicale

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Tags: Ringo Starr, Paul McCartney, Amburgo, Love me do, Gibson, George Harrison, Elvis, Brian Epstein, John Lennon, Abbey Road, The Beatles
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