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L’aereo più pazzo del mondo: Led Zeppelin Starship

Gli anni settanta furono sicuramente i più faraonici dal punto di vista economico per il rock; per le rockstar, se non altro.

Uno degli status symbol e allo stesso tempo metro di giudizio per valutare il successo di un artista o di una band era quale aereo riuscissero noleggiare per spostarsi durante i lunghi tour.

E se ai Lynyrd Skynyrd toccò la tragedia quando il jet noleggiato, dall’equipaggio discutibilmente incline all’alcol, precipitò, la band che in questo particolare ambito si mise più in luce fu quella dei Led Zeppelin.

Era il 1973 quando, dopo essersi esibiti al Kezar Stadium di San Francisco, il piccolo Falcon Jet che la band aveva noleggiato incontrò gravi difficoltà a causa di forti turbolenze, anche a causa della ridotta stazza. I quattro musicisti videro i proverbiali sorci verdi e fu allora che Peter Grant, il manager fac totum della band, decise di ricorrere allo Starship.

Lo Starship era un Boeing 720; anzi, era il primo di quel modello a essere stato costruito nel 1960. Tredici anni dopo venne acquistato dalla Contemporary Entertainment, società facente capo al cantante Bobby Sherman, allora idolo dei teenager. Il velivolo, comprato alla bella cifra di 200mila dollari, era stato pesantemente customizzato: i posti furono ridotti a 42, vennero installati bar, poltrone, sedie girevoli, tavoli e un divano – comodissimo – lungo ben nove metri. Non mancava un organo elettrico e un televisore dotato di impianto di riproduzione di videocassette, una vera primizia allora, così come i nastri porno celati nell’assortimento video. Nella zona posteriore dell’aereo c’era una vera e propria zona lounge: moquette e cuscini su cui stendersi, una camera matrimoniale con doccia e ogni sorta di comodità.

“Lo Starship costava appena 14mila dollari in più del Falcon – ricordò una volta Peter Grant – perché la Boeing voleva farsi pubblicità con quell’operazione”.

E così i Led Zeppelin volarono per il tour americano del 1973 e del 1975 su quella sorta di Air Force One, anche a dimostrazione dell’incredibile successo raggiunto in appena cinque anni di attività.

Richard Cole, road manager degli inglesi, definiva lo Starship una vera cassa di gin volante, a testimonianza della vita che vi si conduceva a bordo: alcol a fiumi, pasti con ogni ben di Dio, esibizioni più o meno goliardiche della band e compagnia femminile ben assortita.

Alcune foto degli Zeppelin accanto ai motori del jet sono entrate a far parte della storia e dell’immaginario del rock, testimonianza di un’epoca di eccessi destinata a esaurirsi presto anche a causa della crisi energetica mediorientale.

Ma il lusso sfrenato e gli eccessi non erano i soli vantaggi di spostarsi per i cieli d’America su un bestione con quattro enormi motori; i piloti non si facevano troppi problemi a far accomodare in cabina di pilotaggio le star del momento. Si racconta che John Bonzo Bonham, il leggendario batterista del gruppo e appassionato di aviazione, abbia pilotato personalmente per quasi tutto un volo tra New York e Los Angeles. I tanti pregi non erano solo quelli così appariscenti, ma anche più pratici. La band si poteva spostare per le enormi distanze americane senza dover ogni volta cambiare hotel, sempre senza rinunciare a ogni sorta di confort.

Lo Starship però non fu solo al servizio dei Led Zeppelin, che pure ne rimasero i fruitori più assidui e celebri; anzi, il primo in assoluto a noleggiarlo fu Alice Cooper che – in modo forse anche un po’ discutibile – si faceva un vanto di consumare quantità industriali di carburante mentre il resto del mondo doveva razionarlo, con le famose domeniche a piedi qui in Italia, per esempio.

I Deep Purple, sempre all’inseguimento dei rivali Zeppelin anche giù dai palchi, se ne servirono per il tour del 1974; l’Allman Brothers Band trovò un’accoglienza a modo suo trionfale a bordo, con la scritta Welcome Allman Brothers composta con una robusta strisciata di cocaina. Altri ancora furono Bob Dylan e la Band, Frank Sinatra e Peter Frampton che, nel 1976, fu l’ultimo a noleggiare il velivolo.

Elton John, altro assiduo fruitore, disgustato dai piatti di alta cucina che gli venivano proposti, fece fare scorta di secchielli di pollo fritto alle hostess durante uno scalo, il celebre Kentucky Fried Chicken.

Ma i tempi d’oro del rock, buoni per certi eccessi, si avviavano al tramonto; e così, lo Starship, provato dai lunghi su e giù per gli sterminati cieli d’America. I motori iniziavano a dare segni preoccupanti e la crisi petrolifera alla lunga ebbe i suoi effetti. Dopo gli ultimi anni all’insegna di vari passaggi di proprietà, lo Starship finì ingloriosamente accantonato all’aeroporto di Luton, fuori Londra, nel 1979, per poi essere smantellato nel 1982.

Era la fine non solo dell’aereo ma di un’epoca irripetibile per la musica rock; non a caso di lì a poco e salvo rare eccezioni, anche per le grandi band degli anni ’70 fu il momento di deporre le armi.

Oggi il ricordo dello Starship sopravvive nei pochi che lo ricordano per esperienza diretta, dando vita a una delle tante storie leggendarie del rock.

— Onda Musicale

Tags: Lynyrd Skynyrd, Led Zeppelin, Elton John, Alice Cooper, Peter Grant, Deep Purple
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