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Franco Mussida: intervista alla leggenda del prog italiano

Franco Mussida, nato a Milano il 21 marzo del 1947, è un cantante e chitarrista famoso nell’ambito del rock progressivo italiano vista la sua lunghissima militanza nella Premiata Forneria Marconi (PFM).

Appassionatosi alla sei corde sin da giovanissimo grazie al padre musicista, Franco Mussida viene mandato a studiare la chitarra classica anche se continua nel perfezionamento delle tecniche relative alla chitarra elettrica. Sin da ragazzo è già un musicista e turnista affermato tanto che, alla fine degli anni ’60, lo ritroviamo tra le fila de “I Quelli” e poi negli studi di registrazione accanto a Francesco Guccini, Lucio Battisti, Angelo Branduardi e tanti altri.

In quegli stessi studi conosce anche altri ragazzi che, come lui, condividono una grande tecnica ed un altrettanto grande passione per la musica. Questi ragazzi sono il batterista Franz Di Cioccio, il tastierista Flavio Premoli ed il bassista Giorgio Piazza ed insieme fondano la PFM, anche se il primo nome era Krel, assieme al cantante polistrumentista Mauro Pagani.

È il 1971 e la PFM pubblica l’album d’esordio Storia di un minuto contenente una delle canzoni più famose della band, “Impressioni di settembre”, che li consacra come portabandiera del prog tricolore.

Da qui in poi il resto è storia, compresa la memorabile collaborazione con Fabrizio De André e la totale immersione nei suoi progetti artistici. Tra questi la sua scuola CPM Music Institute, con cui ha realizzato progetti come CO2, la pittura e la scultura. Queste ultime due, in particolare, sono solo parte di un’attività artistica multidisciplinare che lo assorbe al 100%. Attualmente è stato sostituito dal virtuoso chitarrista partenopeo Marco Sfogli. (leggi l’intervista)

Lo abbiamo contattato e gli abbiamo rivolto alcune domande.

Quando e come hai cominciato a suonare la chitarra e a cantare?

“A cantare, ufficialmente a quattro anni, quando i miei mi iscrissero ad un concorso in un luogo di vacanza. A suonare, a sette anni. Di nascosto dai miei e sulla chitarra di mio padre, che maneggiavo mentre mia madre faceva la spesa, mandando a memoria i gesti delle sue grandi mani sulla tastiera provando a imitarli e a correggerli per sistemare gli accordi che al mio orecchio non erano al posto giusto.”

Nelle vesti di turnista hai suonato per molti grandi artisti, quali aneddoti o ricordi ti vengono in mente a proposito?

“La concentrazione di Fabrizio De Andrè ogni volta che ho avuto occasione di registrare in diretta con lui, a partire da “La Buona Novella” nel 1970. L’estrema timidezza di Paolo Conte mentre registrava anch’esso in diretta “Bartali” al castello di Carimate. La potenza di Al Bano mentre si registrava “Nel sole”. L’essere intellettuale e al tempo stesso ‘paesano’, nel senso più bello del termine, di Guccini, mentre registrava, in uno studio milanese chiamato Il Cortile, “L’isola non trovata”. La naturalezza con la quale Battisti cantante affrontava il microfono essendo totalmente se stesso, incurante di approssimazioni e a volte anche stonature. Il modo scanzonato con cui Insieme a Dalla registrammo la frase finale di “Tutti i cuori viaggianti” in un disco di Ron. Il senso della famiglia mostrato sul palco dai Beach Boys, che si portavano con loro amici e familiari.”

Che ricordi hai a proposito del periodo trascorso in tour con Fabrizio De André?

“Troppi. E’ stato un tour faticoso ed esaltante. Non ho avuto solo il compito della direzione artistica del progetto e di curare molti degli arrangiamenti, ma anche quello di stare accanto alla persona Fabrizio De Andrè, che non amava certo affrontare il pubblico nei concerti. Mi toccò mediare tra la personalità del gruppo, e la personalità dell’artista De Andrè. Il ricordo più forte è quello che ci donava il pubblico in ogni concerto. Dopo molte delle introduzioni, specie quelle di “La canzone di Marinella”, “Il Pescatore”, “Bocca di Rosa”, quando poi partiva il pezzo dalla platea si alzava un brusio di sorpresa… “Ohhhh…..””

La tua esperienza con la PFM è stata certamente molto importante. Che cosa ha rappresentato e che cosa rappresenta per te oggi la PFM senza Mussida?

“L’occasione per scrivere la mia Musica, per crescere e diventare un musicista. Un gruppo che ha contribuito a rivoluzionare l’approccio musicale di massa spostandolo dall’interesse per la forma canzone dove il canto era prioritario, ad un’esperienza immersiva nel mondo della Musica strumentale. Un mondo dove il linguaggio emotivo ha una valenza più forte in quanto l’esperienza intellettuale della parola era molto limitata. Questo è stato il Progressive. Oggi è una testimonianza di quel passato, senza tutti i protagonisti, con un diverso futuro da realizzare.”

Quali sono le chitarre, gli amplificatori e gli effetti a cui sei più affezionato?

“Chet Atkins classica, ho la numero tre della sua serie, Gibson 35/70 anniversario. Fender Deville.”

Parlaci del tuo rapporto con la didattica musicale e dei tuoi progetti ad essa legati.

“Il CPM sta per diventare una Università. Sarà una grande rivoluzione anche per la didattica, ma non è questo il momento per spiegare cosa ho in mente di realizzare. Il CPM Music Institute di Milano ha già concorso pesantemente a rivoluzionare il modo di insegnare nell’ambito della Musica Popolare e nel Jazz. 35 anni fa quel tipo di scuole di Musica aveva sede nei sottoscala dei negozi di strumenti musicali, e non si sapeva cosa fosse una preparazione multidisciplinare. Per anni mi sono occupato di divulgare la pratica musicale a livello popolare attraverso progetti editoriali di massa. Oggi ci aspetta un altro salto importante. Un salto capace di unire lo sviluppo dell’intelletto a quello del senso della profondità che un musicoter davvero emozionare la gente. Spero se ne sentirà parlare presto.”

Chi sono i tuoi artisti di riferimento?

“Tutti quelli che mi hanno stupito regalandomi emozioni… e sono tanti. Ma non li ho mai studiati anche se, da ragazzo, ho respirato la loro Musica. E’ successo per i King Crimson, per i Moody Blues, per bravi chitarristi come Blackmore. Ma a parte il momento della formazione, chi crea, deve ascoltare prevalentemente se stesso, per provare a tracciare una sua strada. Oggi chi mi emoziona tanto continua ad essere Bach, in tante le sue interpretazioni, come le variazioni Goldberg suonate da Glenn Gould, e i compositori classici del periodo impressionista. Per la Musica popolare mi da gioia ascoltare la nuova corrente africana, come la Musica di Sona Jabarteh. Mi da la misura della nostra attuale decadenza, e del disperato bisogno di rinnovamento che abbiamo.”

Chitarrista, compositore e cantante, ma anche scultore. Parlaci dei tuoi “Padelloni” e della tua attività di scultore.

“E pure scrittore. Il 30 di aprile ho presentato al LAC di Lugano il mio quarto libro: “Suono di Sole”, la storia dell’installazione che chiunque può vivere andando nella cupola della SPA nel complesso dello Splash & Spa di Rivera a pochi kilometri da Lugano. Un’installazione sinestetica che rinchiude tutte le mie esperienze e capacità musicali. Quelle legate alla scrittura musicale; una composizione di 24 ore per cori e strumenti dell’orchestra classica e contemporanea, divisa in 560 frammenti di 3 minuti, sempre in movimento, che si accorda con quelli del sole e delle stagioni. E quelle legate all’arte visiva. La composizione è infatti diffusa da 7 quadri risonanti; 7 dipinti sui quali ho raccontato con il colore il mondo vibrante organizzato che vive negli intervalli musicali, i mattoni con i quali si costruisce qualsiasi forma musicale. E infine la parola poetica: ogni quadro ha una descrizione poetica e l’insieme dell’istallazione è raccontato sul muro da uno scritto. Una lunga riflessione su come intendo io il ruolo del suono e della Musica.”

Chi è Franco Mussida oggi?

“Una persona che sente le meravigliose potenzialità che si nascondono dietro il mondo del suono e della Musica, e le ricerca. Che prova a rappresentarle non soltanto in forma di composizioni musicali, ma anche in forma visiva e letteraria. Che prova a usare il naturale potere della Musica per rendere migliori i giovani musicisti, che cerca di portare la Musica in luoghi in cui ancora non è presente con il suo vero valore, come nelle carceri ad esempio (ndr progetto CO2). Una persona che proverà a saldare il debito che ha verso la sua generazione tornando prima o poi sul palco.”

— Onda Musicale

Tags: Franz di Cioccio, PFM, Lucio Battisti, King Crimson
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