Recensioni e Interviste

From Sardinia with Blues: Andrea Cubeddu in tour

Di così ce ne son pochi. Prendono il largo e salpano verso l’avventura. Quasi fossimo in un film nell’era della pirateria. Beh questo è Andrea Cubeddu, coraggio e passione.

Riuscire a sconfiggere il timore iniziale e fare quel tuffo nel vuoto. Cosa che spesso paralizza molti artisti che riescono nell’impresa ormai troppo tardi, ma non è il caso di Andrea, che finite le superiori, chitarra in mano, si è buttato o nel suo caso è salpato.

Andrea Cubeddu è un giovanissimo cantautore blues classe1993, originario dellaSardegna. Dal 2015 calca le scene musicali milanesi dimostrando una propensione e un’attitudine non comuni, nell’interpretare il vasto repertorio del Delta Blues e dell’Hill Country Blues.

Nel 2016, senza perdere troppo tempo, è volato a Chicago per un’esperienza di rilevante peso per la sua maturazione artistica, il Chicago Bulls Festival. Nel 2017 esce il suo primo disco intitolato Jumpin’ up and down”. Un disco di natura autobiografica che raccoglie le sue esperienze e le sue idee.

Attualmente è impegnato in uno straordinario tour di presentazione del suo primo album in tutta Italia, riuscendo a raggiungere un numero incredibile di tappe e toccando gli estremi dell’Italia.

Noi di Onda Musicale abbiamo avuto il piacere di farci raccontare il meglio di Andrea Cubeddu.

 

 

Chi è Andrea Cubeddu?

«Sono un cantautore blues di origine sarda. E’ sempre difficile entrare nel giro dei musicisti, così mi sono deciso di mettermi per strada e vedere come relazionarmi col pubblico, imparare e migliorare il canto e suonare davanti a persone che passano e possono essere o meno interessate, in modo da costruirmi piano piano un’identità musicale. Da lì sono arrivato ad avere un EP e poi ad uscire come Andrea Cubeddu da one man band.»

 

Qual è il tuo genere musicale?

«Il genere musicale sarebbe il Blues, in particolare il Delta Blues, cioè quel Blues che nasce intorno ai primi anni del novecento nel sud del Mississippi, da New Orleans espandendosi fino a Chicago. E’ un genere molto acustico, cioè la musica che facevano i musicisti afroamericani di quel periodo, in quanto non c’erano ancora diritti per questo popolo e quindi il modo migliore per sfogarsi e trattare i propri temi era in questa maniera. Nelle proprie canzoni parlavano della vita che vivevano e dei propri disagi. Questo li portava ad essere alcolizzati e vivere una vita abbastanza complessa emotivamente.»

 

Quando hai iniziato a suonare?

«Io ho iniziato a suonare quando frequentavo la scuola media. Avevamo una scuola di musica nel mio paese che abbiamo ancora e lì ho iniziato a suonare come attività extrascolastica. Da lì piano piano ho conosciuto vari tipi di generei come il Rock and Roll, Rock e Hard Rock. In seguito mi sono trasferito a Milano avendo finito le superiori in Sardegna, dove ho cominciato un’accademia in quanto volevo diventare un professionista del settore musicale. Alla fine però per varie scelte ho preferito non concludere gli studi dato che avevo l’opportunità di partecipare al Chicago Bulls Festival. Avendo fatto busking per un anno mi sentivo pronto, ma effettivamente pronto non lo ero. Lì ho effettivamente scoperto che cos’era il Blues, perché ho conosciuto gente che viveva in quel contesto e conosceva anche i grandi del passato. Da lì ho cominciato a prendere la musica un po' più sul serio e fare quest’ep che con l’aggiunta di altri brani è diventato un disco e quindi a portare in giro “Jumpin’ up and Down”.

 

Quali sono le particolarità del tuo tour?

«Il tuor all’inizio aveva l’idea diportare in giro storie autobiografiche, io racconto un po' della Sardegna, dei valori che ho trovato altrove, ma anche di svalori, perché  una società molto antica che impatta col mondo nuovo ha anche punti positivi, ma anche molti contraddizioni e quindi racconto anche storie più svariate da come da noi la violenza sia legittimata, tu puoi fare del male a un altro fisicamente se hai subito un offesa, come però dall’altra parte viviamo le emozioni in maniera molto più forte, magari rispetto a Milano, e viviamo contesti relazionari fra amici in maniera molto più profonda e sentita. Quindi racconto un po' di tutte queste storie all’interno del disc, ovviamente vissute da me in prima persona o da chi mi stava vicino.

 

Com’è per un artista giovane partire all’avventura, come hai fatto tu?

«La parte positiva è che noi viviamo in un mondo molto stretto. Le persone intorno a te ti conoscono, sanno tutto di te e ti stanno affianco durante tutto il percorso della tua vita. Questo è sia positivo, ma anche negativo. Per esempio a me dava tante aspettative, troppe, perché hai sempre la paura di sbagliare o di cadere, mentre andare via e ricominciare tutto da zero per me è stata la cosa migliore. Suonare, girare locali o non avere amici che vengono e dover affrontare sempre un pubblico nuovo è formativo. La parte più difficile è stata questa. Io inizialmente suonavo per strada se veniva un amico a guardarmi, perché mi faceva paura affrontare situazioni del genere da solo, poi mi sono reso conto che non aveva senso, perché non avrai sempre qualcuno con te dietro. Quindi la cosa importante era formarsi come personalità, perché dover andare via da casa ti fa diventare adulto, ma hai bisogno ancora di un passo oltre per poter essere indipendente nella vita.»

 

Chi ti ha influenzato maggiormente nella tua carriera?

«Beh lasciando stare una serie di artisti Blues. Quello è relativo, perché alla fine sono sempre personali. Puoi ascoltare un disco, ma sono lì dietro una barriera che non puoi infrangere. Poi la maggior parte di quelli che ascoltavo son tutti morti, adesso ci son nuove generazioni. La particolarità è affrontare appunto dialoghi del genere, parlare, trattare con colleghi della stessa età o dello stesso giro o che comunque si mettono nel mondo della musica o lavorano nel mondo della musica. Quindi le persone che mi hanno influenzato: i primi sono i musicisti proprio bluesettari, inizalmente dalla Sardegna poi spostandomi a Milano di tutta Italia.»

Marko Stefanovic – Onda Musicale

 

 

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Tags: Milano, Blues, Sardegna, Marko Stefanovic
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