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Recensione: “E ora che” di Tomaso Chiarella

E ora che è il nuovo album del cantautore genovese Tomaso Chiarella il quale, armato con la sua voce graffiante e la fida chitarra, snocciola la sua visione del mondo in queste undici perle che costituiscono il disco.

Detto ciò ritengo inutile perdersi in ulteriori chiacchiere e lasciamo che a parlare siano i testie la musica del cantautore genovese:

 

Mascherata scientifica: schitarrate elettriche e giri di batteria in stile punk rock aprono le danze alla prima energica traccia dove Chiarella si scaglia contro gli “alternativi con il distintivo”, i finti intellettuali e gli ipocriti mentre il basso pulsante continua imperterrito a scandire note.

Lasciatevi dunque cullare dal coinvolgente ritornello ed alzate il volume per l'assolo finale di chitarra che vi farà ricordare i mitici anni '70.

Dopo il temporale: l'elettricità distorta e scanzonata viene momentaneamente accantonata per sonorità più intime ed acustiche da tenera ballad in stile Ratti della Sabina.

Chiarella mostra dunque il suo lato più introspettivo e romantico, tessuto su delle elettriche che si esibiscono in riff e piccoli assoli decisamente coinvolgenti e toccanti e che, devo dire, mi hanno ricordato vagamente il virtuoso Joe Satriani. In particolar modo verso il finale.

Noi conosciamo già il finale, che se va male, ritorneremo ancora a prenderci” è poi uno dei versi che mi ha colpito di più facendo sì che la mia mente vagasse verso un ricordo lontano assieme ai film citati.

E ora che: stupenda title track che narra di una vecchia storia d'amorepiena di bei momenti, attimi unici, spensieratezza di coppia e complicità che rendono unica questa persona.

Lo stile ricorda un po' la canzone italiana moderna, di quella buona però assieme alla citazione Lucio Battisti, con una spruzzata di hammond e Baustelle che non guastano mai.

Il conto è domani: ipnotici arpeggi e giri acustici immersa in un'atmosfera folk e fiabesca, la fisarmonica mi ha fatto venire in mente i quartieri parigini dei vecchi film francesi, tanto cara ad artisti nostrani come Lucio Dalla e Stefano Rosso.

La città dei ragazzi lasciati e persi: la voce qui è più lontana ed eterea colma di tristezza come gli sfortunati protagonisti di questa malinconica canzone.

La giornata dei ragazzi lasciati e persi. Terrificante metodicità tra perdono e crudeltàsa colpire l'ascoltatore con la delicatezza di una carezza e la forza di un pugno nello stomaco.

Benedetti maledetti: brano dal sapore a metà tra il countryed il blues americano, il contrabbasso vi farà ricordare il Johnny Cash degli esordi, condito con il folk italiano che mostra lo spirito d'adattamento e la mente libera di Chiarella. Come un personaggio delle fiabe che si fa beffe di questa assurda normalità e banalità. Stupendo poi l'intermezzo strumentale prima del finale corale.

Paola: un sound più moderno ci narra la curiosa storia di Paola. Una ragazza che probabilmente conosciamo tutti, la “ragazza della porta accanto”, persa nei suoi pensieri e nella sua voglia di ribellione all'immagine di persona educata che la circonda. Paola vive veramente, non ha paura dei giudizi di te.

Jimmi: cupi giri acustici narrano la curiosa storia, questa volta, di un ragazzo di nome Jimmi che è il contrario di un lamento e sopravvive con la fantasia. Siete sicuri che non sia accanto a voi anche in questo esatto momento o l'avete appena visto stamattina distrattamente in un bar? Altra ballata che va dritta al centro! Schiacciate “repeat” più volte.

L'uomo della città: echi, riverberi e delay elettronici aprono i primi secondi per poi sfumare in una melodia a tratti reggae narrano invece la curiosa storia di questo uomo della cittàperduto tra le sue manie e frustrazioni.

In anticipo lì: ritornano le sonorità acustiche e sognanti con un testo quasi pop che vi manderanno la mente indietro in quella fantastica giornata di qualche estate fa mentre lei vi correva davanti.

I giri di basso, inoltre, mi hanno subito fatto pensare alla celeberrima Autogrill di Francesco Guccini mentre il vorticoso assolo centrale lo Slash dei tempi migliori. Insomma, un brano decisamente completo!

Il tuo accento spezzino: l'ultimo brano presenta invece sonorità più jazzistiche ed acustiche che descrivono una solitaria e malinconica sera persa tra ricordi lontani, rabbia ed indecisioni mentre ci si scola l'ennesimo bicchiere.

Poi però è l'ora di dire basta, buttare via le sedia, invitare amici a cena e perdersi in un finale orchestrale a metà strada tra il mitico Ennio Morricone e gli albionici Pink Floyd! Semplicemente pazzesco!

 

In conclusione, che dire di questo disco? Un disco veramente ben fatto, ma soprattutto pieno di talento, ispirazione ed emozione. Tanto di cappello! Lo sto già riascoltando e non credo che smetterò tanto presto.

 

Vanni Versini – Onda Musicale

 

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Tags: Lucio Dalla, Ennio Morricone, Slash, johnny cash, Baustelle, Joe Satriani, Vanni Versini, Stefano Rosso, Pink Floyd, Lucio Battisti, Francesco Guccini
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