Recensioni e Interviste

Recensione: “Per tutti questi anni” di Zuin

Una copertina che ricorda il Salvador Dalí dei tempi migliori, e psichedelici, mi accoglie sulla mia "scrivania" e con essa il titolo, "Per tutti questi anni".

Quattro parole, sì esatto, bastano solo quattro parole a riassumere una vita intera ed a farmi fare un viaggio indietro nel tempo e nella memoria.

Ma ovviamente non si tratta di un quadro surrealista, ma dell'esordio del cantautore Zuin! Diamoci dunque un'occhiata:

 

Fantasmi: uno scricchiolio anticipa gli strumming acustici ed elettrici che si ergono dalle pieghe del tempo e dei ricordi. La voce di Zuin poi, graffiante e addolorata come i Subsonica dei tempi migliori, canta dei "fantasmi".

Ma non sono quelli delle favole o dei film, lenzuoli bianchi con delle catene addosso, bensì quelli più reali della vita quotidiana che prendono la forma delle nostre paure. Assoli di chitarra elettrica poi, a metà tra blues ed atmosfere eteree, arricchiscono il brano conferendogli quel tocco in più.

Io non ho paura: non si tratta del film di Gabriele Salvatores tratto dall'omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti, anche se comunque si accenna all'infanzia. Il brano è infatti il racconto di una crescita, dai 13 ai 30 anni, che parte dalle spensierate vacanze al mare con i genitori fino al pesante cuore di un trentenne con i suoi dolori e le sue ferite.

"Due polmoni che sono la mia arma", ecco la risposta di Zuin a questa crescita inesorabile ed a questa situazione. Lanciata come una freccia in mezzo agli occhi, sottile e letale.

Monza – Saronno: il tiro cala e si fa più nostalgico e triste al ricordo di un'amicizia nata su di uno scassatissimo autobus per andare a scuola. 18 anni, gran bella età, fatta di discorsi e di progetti.

Un'età dove sentiamo di poter spaccare il mondo, ma poi non riusciamo neanche a rimanere in contatto con una persona così importante e la rivediamo dopo "quattro anni". Farà male, ma va fatto. Il tutto intervallato, in brevi istanti, da vaghissimi echi dei Jethro Tull.

Hannah Baker: il brano stavolta vira verso i nostrani Tre Allegri Ragazzi Morti mentre i testi rimangono fissi sugli allegri ricordi spensierati per poi virare verso un amore. Di quelli che ti fanno stare bene e male allo stesso tempo, per i fan di Netflix i riferimenti a "Tredici" si sprecano.

Credimi: si sente spesso parlare di divorzio, nonostante l'Italia sia considerata il "Paese dell'amore" 2 matrimoni su 3 finiscono così, ma bisogna considerare anche i figli.

Il frutto di un amore che ora assiste inerme alla divisione dei genitori, li ama comunque, ma ora la confusione è massima al pari del dolore.

Oh mio Dio!: collegamento tra la precedente canzone e la prima, ambientata in una Milano grigia e stressante. Il titolo è l'urlo di un figlio che vede il padre sempre al lavoro quando lo vorrebbe accanto a lui. "Milano non ne posso più"urla infatti il giovane.

Sottopelle: brano degno del Motta più intimista ed in vena di pensieri lontani, si parla di un rapporto tossico tra due amanti, "poi mi porti più lontano questa notte". Sonorità più vicine all'alternative rock accompagnano poi la voce di Zuin che vorrebbe solo scappare, "mi luciderò e farò nuove cose".

Caro amico (ti sfido): parafrasi della famosa canzone di Lucio Dalla che prende in giro tutte le falsità che ora attanagliano un fratello maggiore. Tenere un bambino in braccio solo per qualche consenso in più, un colletto inamidato, un lavoro per bene ed anche le parole già pronte in bocca. Tanto, ormai, non serve più pensare.

Il profumo di un albero: l'essere umano ha veramente la malata tendenza a distruggere tutto ciò che tocca, spesso lo intendiamo quando si parla di emozioni oppure ideali, ma questo vale soprattutto per l'ambiente. Gli attuali cambiamenti climatici devono farci riflettere, ma se non dovessero bastarvi allora ecco la canzone per voi!

Bianco: canzone conclusiva impreziosita dalla collaborazione con Daniela D'Angelo e la sua melodiosa voce. Il brano parla di, beh, forse è meglio che sia lo stesso Zuin a dirvelo; "avevo 16 anni quando i miei genitori decisero di separarsi. In realtà sapevo già tutto, un figlio unico ha più tempo per ascoltare, per osservare, per pensare. Poi è stato come se tutto intorno si muovesse alla velocità del vento e io stessi fermo, nello stesso identico punto, con lo stesso identico sorriso di chi fa finta che tutto vada bene e nulla sia cambiato. Un po’ come col disco di Newton, che quando i colori intorno girano velocissimi, tu alla fine vedi solo bianco”.

 

In conclusione, che dire di questo disco? Non credo che sia un album semplice o comunque di facile comprensione. Quello che si può capire è il grande dolore di una persona, ma anche la sua forza di andare avanti nonostante le avversità. Più che un disco, direi che è un vero e proprio manifesto alla forza interiore ed al ricordo che rimane. Più che consigliato!

 

Vanni Versini – Onda Musicale

 

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Tags: Netflix, Tre allegri ragazzi morti, Salvador Dalì, Subsonica, Lucio Dalla, Jethro Tull, Motta, Io non ho paura, Vanni Versini
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