Recensioni e Interviste

Jay Davenport: intervista al grande batterista americano in tour con John Mayall

Nato a Chicago nel 1960 Jay Davenport cresce ascoltando jazz, fusion jazz, rhythm and blues e molti altri generi musicali. I suoi batteristi preferiti, quelli ai quali lui si ispira, sono Art Blakey, Billy Cobham, Steve Gadd.

Inizia a suonare fin da ragazzo in alcuni locali della sua città e a 22 anni inizia a fare il road tour con il gruppo The Dells e contemporaneamente frequenta l’armonicista blues Sugar Blue, reduce dall’avere suonato nell’album “Some Girls” dei Rolling Stones. Jay ama molto il modo di suonare l’armonica di Sugar Blue e, dopo poco tempo, entra nella sua band ed inizia a suonare in tour. Sugar Blue lo affianca a Clitfon James, batterista del grande Bo Diddley, dal quale Jay impara moltissimo. In breve tempo lo stile di Jay Davenport viene apprezzato dall’ambiente blues di Chicago e diventa un batterista molto richiesto. 

Tuttavia, ametà degli 90 Jay sente di dover cambiare. Completa gli studi e inizia un lavoro come sviluppatore informatico, dedicando solo i fine settimana e le sere alla batteria. spesso con il suo amico e bassista Greg Rzab.  La grande chiamata arriva quando John Mayall invita Rzab ad entrare nella sua band e lui consiglia a Mayall di assumere anche il suo amico Jay Davenport.

Lo abbiamo contattato in occasione della tappa a Trento della tournèe italiana di John Mayall (leggi l’intervista) e gli abbiamo rivolto alcune domande.

 

 

Chi è Jay Davenport in poche parole?

“Sento di essere prima un musicista e poi un batterista. Mi sono sempre avvicinato a quello che faccio chiedendo a me stesso ‘che cosa rende la canzone più completa?’ Sono un ingranaggio nella ruota ed il mio compito è quello di essere forte ed affidabile in modo tale che gli altri nella band possano essere liberi di esplorare senza perdersi. Suono il blues da quando avevo vent’anni, ora ne ho 58, e mi sento uno di quei vecchi del blues.”

 

Quando e come hai deciso di diventare un musicista?

“Alle superiori mi sono unito alla prima band che ho trovato. Volevo essere parte di qualcosa e lo sport non faceva per me. Ho cominciato suonando gli ottoni, il corno baritono, il trombone, il corno francese e infine la tromba. Anche come matricola ho suonato una parte di batteria con la grancassa. Stavo imparando musica e batteria allo stesso tempo quindi ho sempre mischiato il mio modo di suonare.”

 

Perché hai deciso di suonare la batteria?

“Era la fine degli anni ’70 ed i sintetizzatori stavano diventando una parte importante della musica popolare rimpiazzando molti altri strumenti. Ho deciso che alcune band avevano bisogno di qualcuno che suonasse il corno, ma tutte avevano bisogno di un batterista. Ho anche pensato che ci fosse un’abilità naturale che volevo esplorare. Ci sto ancora lavorando su.”

 

Chi sono stati gli artisti e le band che ti hanno influenzato di più durante la tua carriera?

“Prima che cominciassi a suonare blues amavo gruppi jazz come i Weather Report, ma anche batteristi jazz come Art Blakey, Elvin Jone, Buddy Rich e Billy Cobham (leggi la nostra intervista). Ero un grande fan anche degli Earth, Wind and Fire ed ascoltavo qualunque cosa che Steve Gadd suonasse. Una volta imparato a suonare questo genere di musica ho ascoltato Fred Below, Odie Payne e Clifton James. Mi piacerebbe andare nei club dei Chicago Blues e sedere ai piedi del palco quando Sam Lay fa lo shuffle.”

 

Da anni suoni con molti grandi musicisti.Che cosa ci puoi dire della tua esperienza?

“Alcuni di questi sono delle persone grandiose e semplici che suonano uno strumento con una grande abilità. Altri invece sono veramente delle primedonne. Comunque sono tutti tipi di personalità che lavorano insieme per fare della buona musica. Con alcuni ti piacerebbe anche uscire quando il concerto è finito mentre, con altri, sei felice di lasciare il palco. Ma quando c’era la musica era comunque un vero privilegio fare parte di questo. A Chicago negli anni ’80 c’erano un sacco di ragazzi con cui lavorare o anche solo sedersi e jammare. Cercavamo sempre un palcoscenico da invadere.”

 

Sei anche il batterista di John Mayall, leggenda del blues. Com’è lavorare e suonare con lui?

“John è tutto incentrato sulla creatività. La cosa più divertente di suonare con lui è ascoltare e reagire. È sempre tutto come una conversazione con Mayall. ‘Dice’ qualcosa con il suo piano, io rispondo con il mio tom tom e il chitarrista, anche se d’accordo o no, fa sapere la sua opinione. Tutto senza parole, tutto spontaneo. Devi avere un buon orecchio per essere in quella band e nessuna paura. Non proviamo mai, renderebbe la musica troppo stantia quando saliamo sul palco. Quindi riguarda tutto il conoscere il tuo strumento, tutte le regole e dare un contributo alla musica che vada bene a tutti.”

 

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

“Mi piacerebbe registrare della musica con una band che chiamerei Jay Davenport – In Good Company. Ho già un paio di CD che includono le collaborazioni di John Mayall, Walter Trout, Melvin Taylor, Carl Weathersby, Greg Rzab ed altri di cui ammiro ed apprezzo il talento. A loro piace lavorare con me su questi progetti perché è sempre un po’ diverso da quello che fanno con le loro band. Sto lavorando al terzo CD e non ho idea di cosa sarà quando sarà finito. Questa è la bellezza di creare all’interno del blues.”

Stefano Leto

— Onda Musicale

Tags: Steve Gadd, Billy Cobham, Buddy Rich, Weather Report, John Mayall, Bo Diddley
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