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Recensione “Stages of a Growing Flower” di Miza Mayi

Il 2019 è cominciato col botto, e non intendo quello dei petardi del 31 dicembre, per la cantautrice nu soul Miza Mayi con il suo album d'esordio dal titolo “Stages of a Growing Flower”.

Autobiografico e colto, proprio come “le fasi crescenti di un fiore”, il disco si dipana in undici delicati petali. Petali ognuno diverso dall'altro per colore, profumo e sonorità. Diamoci dunque un'occhiata!

 

Golden: il piano scandisce il tempo, con note minacciose e profonde dalle tinte jazz, mentre la voce Myza Mayi scorre sinuosa tra il fiume di note e sonorità. Ora più oscura, ora più allegra, giocando con gli altri strumenti con sapienza.

Burn Down My Soul: come la migliore Etta James che stringe la mano a Miles Davis, la cantautrice strizza l'occhio in contemporanea a passato e presente passando per sonorità tipiche degli ultimi anni '90 (i Morcheeba vanno bene come paragone).

Walk Away: brano più intimo e sofferto che comunica un dolore ed una sofferenza così forte eppure così sussurrata allo stesso tempo.

The Third Way: atmosfere più eteree, ricche di riverberi e delay che si accavallano come onde, sono il teatro in cui la voce di Myza si esibisce di fronte ad un pubblico incantato. In questo caso la canzone ci trasporta subito in un locale, ora fumoso e jazz ed ora funky e moderno con vaghe tinte pop.

In My Dreams: il piano tesse un delicato intreccio di note mentre la voce si fa più sussurrata e, a tratti, quasi roca. Qui il “ritorno” agli anni '90 ed al cantautorato femminile, la Sheryl Crow più classica va bene come paragone, è molto più marcato quindi godetevi questo “momento nostalgia”. Il tutto mentre la chitarra, solo leggermente distorta, parte per un gioco di glissandi, slide ed armonici.

Jazz That Funk: credo che basti solo il titolo a far capire a cosa siamo di fronte. Prende un po' del Gino Vannelli degli anni '80 e mischiatelo con il John Coltrane più ispirato e, forse, ci siamo!

Waters: no, non è un riferimento all'ex Pink Floyd Roger Waters, ma come il titolo suggerisce si è di fronte ad un brano calmo come uno specchio d'acqua che però cela qualche segreto tra le sue profondità.

Kundalini Love: le note del piano sono in perfetto equilibrio tra Ludovico Einaudi ed Erik Satie mentre la voce di Myza Mayi, con echi in stile Cranberries ed Enya, ricorda quelle conversazioni a mezzo tono sotto le lenzuola con la persona amata.

Assurditè: stavolta è quasi più disco, ma è comunque contenuto e colto in ogni più piccola sfumatura della sua essenza. Fantastico poi il lavoro di sax che, a tratti, mi ha fatto venire in mente la celeberrima “Baker Street” di Gerry Rafferty.

Flowers: echeggiante, eterea, quasi intangibile. Come dei petali di fiore che, una volta stretti tra le dita, soffiano via spinti dalle note degli strumenti.

Tom Tom Town: jazz vecchio stampo, puro, netto, classico, almeno per i primi secondi. Poi si inseriscono magistralmente basso e batteria seguiti dai cori. Dal jazz del già citato Miles Davis, con echi al nostrano Pino Daniele, si va verso il funk di Sly and the Family Stone. Che dire, come terminare un disco col botto!

 

In conclusione, che dire di questo disco? Si tratta davvero di un ottimo lavoro che unisce sapientemente più generi musicali con maestria lasciando fuori dalla porta la banalità. Non so voi, ma io lo sto già riascoltando e così dovrebbe fare chiunque si dovesse imbattere in questo fantastico “Stages of a Growing Flower”.

 

Vanni Versini – Onda Musicale

 

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Tags: Etta James, Cranberries, Miles Davis, Vanni Versini, Ludovico Einaudi, John Coltrane, Morcheeba, Pino Daniele
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