Recensioni e Interviste

James Senese e una piacevole “chiacchierata” con il nostro giornale

E’ un torrido pomeriggio di agosto e sono in viaggio verso Torbole per il concerto di James Senese con il suo gruppo Napoli Centrale.

Parto presto perché ho un appuntamento importante, dopo il sound check, James mi ha concesso un’intervista. L’emozione è tanta, non capita mica tutti i giorni di trovarsi “a tu per tu” con un pezzo da novanta del Sax.
James è infatti pioniere, oltre che musicale, anche culturale: contraddizione vivente, spesso chiamato “figlio della guerra“. E’ nato da un soldato afroamericano ed una napoletana DOC. Viene dalla strada, James, ed è uno degli ultimi baluardi di resistenza umana. Ogni suo gesto è un concentrato di credibilità, eleganza e rifiuto per tutte le ingiustizie dei potenti. A vederlo sembra una versione partenopea di uno dei suoi miti: Miles Davis.
Raccontare 50 anni di carriera richiederebbe davvero troppo tempo, ma un cenno è doveroso all’album uscito nel 1980, “Nero a Metà“, che Pino Daniele definiva così:
Il titolo Nero a Metà, legato ad un concetto musicale, fu anche inspirato da un bellissimo libro che uscì negli anni 70 Nero di Puglia che è la storia di un uomo di colore che nasce nel sud, un pò come la storia del mio amico James Senese, inutile dire che per me il pezzo più bello è Quanno chiove una delle mie prime canzoni d’amore… tanto l’aria s’adda cagna! C’era tanta voglia di cambiare le cose e la musica ci aiutava molto.
Come si può leggere nelle note di copertina, l’album è dedicato al cantante degli Showmen Mario Musella, scomparso poco prima della pubblicazione del disco, definito da Pino DanieleNero a metà“, in quanto figlio di madre napoletana e di padre nativo americano (in Italia per via della guerra).
Senese mette soggezione a prima vista, seguo le prove e lo guardo con ammirazione da sotto il palco, ad un certo punto gli mostro un suo album che un amico mi ha affidato, chiedendomi di farloautografare con una dedica, ed è lì che mi sorride e alza il pollice in segno di approvazione.
In quel momento mi rendo conto che James è di un’umanità incredibile e conserva un umorismo ed uno spirito che a 74 anni tutti vorrebbero avere. Il suo intercalare è ritmo allo stato puro, è groove. Infarcisce i suoi discorsi di napoletanissimi “hai capit?‘”, e in effetti usa spesso questo suo intercalare nelle risposte alle mie domande. Poche per la verità, perché prima di me ci sono altri giornalisti ad attenderlo per registrare audio/video ed un’intervista che si è prolungata più del previsto.
A quel punto infatti, l’organizzazione mi prega di essere concisa, perché il tempo è poco, la Band deve rifocillarsi prima di iniziare il concerto che, per la cronaca, ha incantato un’ incredibile folla. Capisco la situazione e quando arriva il mio turno, seduti sugli scogli con alle spalle l’immenso lago di Garda ed una piacevole brezza, inizio a fare le mie domande.
James, 50 anni di carriera, un punto di arrivo o una nuova ripartenza? Qual’è il segreto per un successo così duraturo? Il musicista o il cantante?
“Non c’è un punto di partenza né un punto di arrivo, io sono un musicista, sono uno che suona la musica, capit’? E dunque non mi sono mai fermato nella mia vita e non mi fermerò fino a quando non andrò dall’altra parte hai capit?” – e qua mi sale un brivido, pensando all’immatura scomparsa di Pino Daniele con il quale Senese ha collaborato – “e dunque c’è sempre qualcosa di nuovo che io cerco nella mia vita, c’ho tanta di quella carne a cuocere e non mi sono mai fermato, e continuerò a tirare fuori questa musica che è la mia vita.”
Da dove e quando è partita la tua passione per questo genere di musica e cosa ne pensi della nuova generazione di musicisti e cantanti napoletani?
“Mah, questo genere di musica l’ho creato io, non è che ho copiato, è partita da un fatto naturale, essendo figlio di un americano, madre napoletana, era nel DNA che io dovevo creare una dimensione, creare un linguaggio, hai capit’? Un linguaggio che in realtà non è facile analizzarlo se vuoi, hai capit’? perché sono delle dimensioni molto forti a 360 gradi.”
Raccontaci di questo tuo ultimo lavoro discografico, “Aspettando ‘O tiempo”.
Noi volevamo, io ho voluto mettere fuori un po’ tutta la storia di Napoli Centrale, che è la storia mia, dal 70 fino ad arrivare a oggi, e forse anche a domani, ho messo ….è stato molto difficile scegliere i brani che abbiamo poi inserito nei due live, però quelli sono abbastanza significativi per quella che è la musica di Napoli Centrale.”
Tu sei un figlio della guerra, ti senti senti più napoletano o afro americano? Cosa conservi di questi due mondi così differenti?
Eh sì, sono del 45… guarda, è chiaro che io mi sento da una parte più americano e poi napoletano perché Napoli, per quanto io sono rimasto a Napoli, ho vissuto a Napoli non sono nato in America. Ma sono questi due linguaggi che mi affascinano – mi speiga James – che non posso assolutamente contraddire, però a volte l’America mi fa soffrire di più di Napoli perché sarebbe stato molto più facile identificarmi in quella dimensione perchè trovavo molto più spazio e una parte della mia gente no? Diciamo così…il mio popolo, mente a Napoli è stato molto più difficile identificarmi, anche se oggi come oggi, insomma, mi chiamano ‘O Re. Però è stata molto dura eh? “
Napoli Centrale e il jazz rock unito ad una nuova canzone popolare napoletana, pensi di aver rivoluzionato una tradizione?
Io ho rivoluzionato una tradizione e lo riconoscono tutti quanti, perché anche i classici cantanti napoletani, hanno capito che James aveva fatto qualcosa di importante. Ma rivoluzionato non significa poi mettere fuori la tradizione. Rivoluzionato – prosegue Senese – è una parte in più nella tradizione, però James ama la tradizione al mille per mille.”
Quali erano le influenze dei tuoi dischi negli anni 80?
“Mah, negli anni 80 da una parte mi sono sempre rivolto a me riconoscendomi all’America, dentro di me però avevo sempre questa napoletanità è chiaro no, anche… è stato molto facile poi inserire in questo linguaggio, creare in questo linguaggio che poi è diventato, infatti poi questa sera sentirai che da una parte sembriamo americani ma dall’altra parte poi esce questa melodia in parte voluta napoletana no? Che la senti no? Senti che è un linguaggio universale no? Che appartiene sia dall’altra parte (America) che da questa parte (Napoli).”
Cosa vuoi dire alle nuove generazioni così povere di cultura musicale, mi riferisco a questi generi Rap e  Trap.
Ma li contesto perchè non hanno questa capacità emotiva no? capacità di sentimento di capire dove, da dove devono attingere, hai capit’? Allora io li chiamo “copiers”, sono dei copiatori, non creano, non hanno inventato nulla, perché c’hanno paura no? C’hanno paura e poi vogliono tutto e subito. Questo tutto e subito – racconta il musicista – ha un po’ rivoluzionato tutto perché il sistema fa in modo che tu non capisci niente, perchè questi giovani vogliono tutto e subito, chiaramente mettiamo da parte come ho detto prima i grandi autori e cantautori che conosciamo tutti quanti e che hanno fatto la storia, no? Però i giovani non vanno da nessuna parte, non da qui e non da lì, meglio fare un altro mestiere hai capit’?”
Qui mi fermo perché il tempo scorre inesorabile, sarebbero state molte le domande che avrei voluto fare ma James e la sua Band sono attesi per la cena.
Concludo ringraziando James per la disponibilità e lo saluto dicendo: “Ci vediamo più tardi, sotto il palco“. Lui mi sorride e mi dice: “Ti aspetto“.
 

— Onda Musicale

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