Recensioni e Interviste

Da Mina, a Fabrizio De André, Guccini, Al Bano e Romina Power, intervista al grande batterista Ellade Bandini.

Ellade Bandini, nato a Ferrara nel 1946, è da considerarsi uno dei più famosi batteristi del nostro panorama musicale professionale.

Nella sua lunga carriera di musicista turnista ha collaborato ed in qualche caso collabora ancora, con alcuni dei più importanti artisti della storia della musica italiana tra cui: Mina, Bruno Lauzi, Fabrizio De André, Francesco Guccini, Antonello Venditti, Fabio Concato, Angelo Branduardi, Marco Ferradini e con tanti altri, compresi Al Bano e Romina Power.

Ellade, in uno spontaneo e simpatico fuori intervista mi racconta di una gioventù vissuta a Ferrara, durante la quale si era molto appassionato di calcio, di film e di lettura. Mi spiega che se non avesse fatto il batterista, gli sarebbe piaciuto stare in una biblioteca, oppure in un maneggio.

Il batterista emiliano, afferma di ritenersi molto fortunato per come sono andate le cose, di avere svolto il suo lavoro sempre con grande serietà, di avere avuto le più grandi soddisfazioni, e di aver cominciato a suonare da bambino ‘sbacchettando’ sulle sedie. Lui si ritiene un uomo fortunato, io mi ritengo onorato di avere avuto modo di conoscerlo.

Ellade è stato molto gentile, ecco l’intervista:

 

Batterista, musicista turnista, docente, artista, come si definisce Ellade Bandini?

“Una persona che ha avuto l’enorme fortuna di poter trasformare una grande passione nel proprio mestiere, e di aver avuto il privilegio di vivere in un periodo storico nel quale, il mio suonare, veniva considerato un vero mestiere. Ho fatto il musicista turnista e mi è piaciuto esserlo; mi sono divertito un sacco. Riguardo alla didattica…no, non fa per me! Io sono quasi totalmente autodidatta. Ho preso qualche lezione dal M° Roul Ferretti, ma in realtà ho imparato tutto sul campo. Per  riuscire ad insegnare a suonare bene uno strumento musicale – ci spiega Ellade Bandini – è necessario aver avuto, a suo tempo, un buon maestro, dotato di idee molto chiare, soprattutto a riguardo il percorso da fare fin dall’inizio. È solo così, che, un domani, a tua volta, hai la possibilità di tramandare ad eventuali allievi, quello che hai ricevuto e tutto ciò che si è veramente rivelato vincente nel tempo. Io questo percorso non lho fatto. Ho insegnato per sei anni agli iscritti del triennio jazz del Conservatorio ‘Girolamo Frescobaldi’ di Ferrara, ma poi ho dato le dimissioni, perché non mi sentivo bene in quel ruolo, ma soprattutto non mi sentivo pronto. Io, caratterialmente, non sono certo una persona che riesce a dormire sonni tranquilli nel momento in cui viene pagata per qualcosa che non riesce a fare bene. Ritornando alla domanda iniziale, mi posso definire un artista? Per amor del cielo! In questo caso non saprei poi come definire i grandi artisti come Frank Sinatra, Duke Ellington, Marlon Brando, Billie Holiday, e tanti altri come loro. No, no, la definizione, ‘un uomo tranquillo e fortunato’ mi sta più che bene”.

 

A che età hai iniziato ad avvicinarti al mondo della musica e quali sono stati gli artisti o i gruppi musicali che ti sono maggiormente interessati?

“Ho cominciato molto presto – ci racconta Ellade Bandini – e per questo motivo sono state tante le ragioni. Sembrava fosse la musica a cercare me! Succedeva sempre qualcosa, e alla fine c’era la musica in ogni variabile della mia vita. La musica, in primis , sceglieva me. Cominciai a suonare la batteriaperché fu il primo strumento che mi capitò di provare, quando avevo appena tre anni. Una delle tante coincidenze, è stata quella che nel famoso cartone animato ‘Biancaneve e i sette nani’ , che era uno dei miei preferiti, c’era Cucciolo, che riuscì a conquistarmi subito con quel famoso scatenato assolo di batteria, durante la festa nella casetta dei sette nani. In seguito, mi capitava spesso di andare con mio padre agli spettacoli di varietà che si tenevano al Teatro Verdidi Ferrara. Mio padre era nella Guardia di Finanza, e per questo gli capitava di essere di servizio nelle domeniche, proprio in quel teatro, così mi portava con lui. Quelle occasioni mi permisero di capire con chiarezza, quali fossero i miei gusti, perché osservavo contemporaneamente sia il batterista dellorchestrina, sia le cosce delle ballerine…. In realtà, mi piaceva molto anche cantare, una passione che fortunatamente è rimasta poi abbandonata nel ‘cantiere’ della mia adolescenzaVerso la fine degli anni ’50 –ci racconta Ellade Bandini-con luscita dei primi ‘juke-box’ , ci fu poi un importante cambiamento, che si potrebbe definire tranquillamente come  ‘Il grande cambiamento’.  I ragazzi di quel periodo che fino ad allora sembravano giovani vecchi, furono svegliati da un fischio per così dire. Nacque una generazione di giovani colorati, che lasciarono nell’armadio i vestiti classici, camicie e cravatte, e cominciarono ad usare pantaloni o ‘braghe’ chiamate ‘Blue Jeans’ , delle T-shirt bianche e giubbotti di pelle. Questo nuovo abbigliamento veniva poi condito –prosegue il batterista emiliano- da un genere musicale completamente nuovo, che avrebbe poi caratterizzato gli anni a venire, il ‘Rock and Roll. Io cero, ero giovanissimo, ma cero! Il fischio, di cui parlavo, era quello che si sentiva allinizio di quel film capolavoro intitolato ‘West side story’, con le musiche meravigliose di Leonard BernsteinFu così che iI  Juke – Box  che si trovava allesterno di un piccolo bar vicino a casa mia, divenne il mio appuntamento giornaliero. Appena finito di studiare, momento della mia giornata che affrontavo con grande svogliatezza, mi precipitavo sempre lì, davanti al mio amato Juke Box, quello straordinario scatolone musicale che mi affascinava tanto. I miei brani preferiti erano: ‘Jailhouse Rock’ di Elvis, ‘Good golly miss Molly’ di Little Richard, ‘Mean women bluesdi Jerry Lee Lewis, I go ape’ di Neil Sedakae ‘Everybody Rockin’  dei The ChampsAdoravo quel sound ed impazzivo per i batteristi che lo suonavano, Earl Palmer, D.J.Fontana e tutti gli altri. Era lanno 1958, io avevo 12 anni e ricordo che c’era anche un brano di un grande batterista jazz, Cozy Cole, che mi piaceva tantissimo e che s’intitolava ‘Topsy part II’ “.

 

Collaboratore di alcuni tra i più grandi artisti della storia della musica italiana, quali sono state le più grandi soddisfazioni della tua brillante carriera?

“Sono state e sono tantissime. Io non ho mai cercato il successo, è arrivato tutto per caso. Anche se avevo preferenze personali ben precise, in realtà la musica mi piaceva tutta, in particolar modo quella che secondo i miei gusti  ritenevo la più bella .Personalmente non mi ritengo un musicista competitivo – continua Ellade Bandini –e poi non mi sono mai fatto condizionare dalle varie mode musicali. Soddisfazioni ne ho tutti i giorni, e sono molte le persone o gli artisti che mi lodano per il mio modo di suonare, apprezzando anche la mia personalità. Devo però confessarti anche, che spesso, mi sembrano un po’ esagerati. So che vorresti sapere qualcosa di più, magari facendomi parlare di qualche nome importante….si ne avrei da citartene, ma non me la sento, mi imbarazzerebbe molto”.

 

Con alcuni grandi cantautori italiani tra cui Fabrizio De André, Francesco Guccini, Fabio Concato,  Marco Ferradini, Edoardo Bennato, Angelo Branduardi, hai avuto modo di costruire a volte veri e propri sodalizi artistici, interagendo amichevolmente con loro e dando vita così a performance straordinarie. Vuoi ricordarne qualcuno in particolare?

Bè, sicuramente Francesco Guccini perché è una persona che desiderava sempre divertirsi e anche far divertire le persone che erano con lui. Questo, prima, durante e dopo i concerti. Mi ricordo una volta che andammo io e lui a bere qualcosa in un pub di miei amici di Pieve di Cadore, esattamente il ‘Babek’ di Lorenzago, provincia di Belluno. Si capiva, fin dallinizio, che qualcosa di particolare doveva succedere, e infatti fu così. Francesco (Guccini – n.d.r.) non si fece tanto pregare quando gli chiesero di cantare qualcosa. Io sapevo che di lì a poco avrebbe accontentato tutti i presenti, Improvvisammo un concertino con Francesco Guccini alla chitarra ed io alla batteria. Francesco iniziò a cantare Vola colomba, fermandosi di tanto in tanto, com’era sua abitudine, per raccontare, secondo il suo punto di vista, il significato della canzone. Fu un momento esilarante! Io avevo le lacrime agli occhi, come anche tutti i presenti. Un’altra volta, sempre Francesco (Guccini n.d.r.),  com’era consuetudine venne ad una festa di compleanno organizzata da me, per Norberto, un amico comune di Ferrara. Francesco, aveva espresso solo tre desideri per loccasione : voleva mangiare la salama da sugo con purè, poi zuppa inglese e non voleva essere chiamato con il suo nome, ma bensì, Jack Montana. Cantò per tutta la serata, non i suoi brani, ma solo canzoni rock and roll, anni ’50….fu fantastico!  Mi sembrava di essere tornato ai tempi delle ‘Osteria delle dame’ di BolognaUn’altra volta, Fabrizio De Andrèdurante la tappa di Modena, città dov’era prevista in quei giorni una delle serate del famoso tour de ‘Le nuvole’, (anche in quella occasione un day off), mi disse – continua Ellade Bandini – che gli sarebbe piaciuto assistere al concerto che Francesco (Guccini – n.d.r) avrebbe tenuto a Bologna. Ricordo che chiamai Renzo Fantini, il manager, per anticipargli la visita e per avere gli accrediti. Quella sera Fabrizio (De André – n.d.r.) non fece che elogiare Francesco Guccini che era tra l’altro in grande forma, forse anche perché contento e onorato di avere tra il pubblico un così importante collega. Fabrizio rimase entusiasta e disse : ‘Troppo forte, non canta più seduto come prima, cammina per il palco, a suo agio come se fosse a casa sua e poi:  ‘Come fa a colloquiare così con un palasport pieno di gente? e ancora : ‘Ma si prepara le cose?’  . Io gli risposi: ‘No Fabrizio, lui risponde a quello che chiedono i ragazzi, ogni volta in modo diverso!’  E De André ancora: ‘No, no, io non sarei mai capace…che forte!’. Quella volta rimasi molto colpito, dall’aver scoperto quella che era una profonda e preziosa stima, che era evidentemente nata tra due uomini così diversi tra loro, tra due artisti così diversamente tanto grandi”.  

       

Batterista di Mina. Una carriera eccezionale la tua. Quali devono essere le doti principali di un musicista turnista?

“Per me, fortuna a parte, è stato abbastanza facile inserirmi. Grazie agli anni di gavetta passate nelle orchestre da ballo (da non confondere con le orchestre di liscio che sono tuttaltra cosa), avevo acquisito un repertorio musicale vastissimo. Nelle sale da ballo si suonava di tutto e, per una ragione o per unaltra, alla fine i brani ti piacevano quasi tutti.  Alcuni erano più divertenti da suonare, altri erano veramente belli ed altri ancora ti ricordavano qualche momento romantico nel quale magari avevi fatto invaghire qualche ragazza. Erano molte le ragioni per le quali potevi serbare nel cuore tanti bei ricordi. Grazie a Dio, ancora oggi, ritengo di avere una buona memoria che mi permette di ricordare un sacco di cose del passato, compresi i brani che suonavo allora, tanto tempo fa. Mi ricordo perfino le stesure musicali e il modo in cui li accompagnavo. Allora, si suonava di tutto e spesso in modo molto approssimativo, non si eseguivano i brani stilisticamente in modo perfetto. Questo mi ha aiutato molto nelle registrazioni, quando mi si chiedeva di suonare qualcosa che ‘assomigliasse’ ma ‘non fosse’.  Quando iniziai a fare registrazioni, mi capitava di dovere suonare un gran numero di brani in una sola mattina, e dovendo risolvere da solo le parti batteristiche (perché mancavano gli arrangiamenti) ero costretto a suonare avvicinandomi a cose simili che avevo già fatto in passato, ispirandomi a brani americani o inglesi con le loro particolari sonorità. Premetto che non copiavo, io prendevo solo spunti. Sono cresciuto così, brano dopo brano, ascoltando i consigli dei musicisti con i quali lavoravo, e tenendo sempre presente che il mio è uno strumento gregario, dove e facile aggiungere ma è anche difficile togliere. Quello che apprezzavo di Mina, – ci continua a spiegare Ellade – a parte la grandezza artistica, era la libertà e la fiducia che dava ai suoi musicisti; parlo del passato perché ormai sono molti anni che non registro con lei. Le si chiedeva come dovevamo suonare la tal cosa e lei rispondeva: ‘Ragazzi, il nome sul disco è il vostro, suonate come vi sentite’. Quando nel suo studio di Lugano veniva convocato il Maestro Mario Rubbiani per qualche nuovo arrangiamento di  nuove cover, lui faceva il giro per assegnare le parti, prima andava da Massimo Moriconi e  Danilo Rea, poi arrivava da me e sorridendo mi chiedeva: ‘ Ellade, questo brano lo conosci vero?’. Io rispondevo: ‘ Si, lo conosco!’. Avevo suonato migliaia di brani per mille volte nelle sale da ballo. Quella è stata la mia scuola!”.

 

E delle tournée internazionali con Al Bano e Romina Power cosa ci racconti? Un aneddoto divertente per i nostri lettori, qualcosa di strano che ti è successo mentre giravi il mondo?

“Con Al Bano e Romina credo di aver passato alcuni degli anni tra i più belli della mia storia fino ad oggi. Ho lavorato con loro dal 1976 fino al 1981. Facevamo dai cinque ai sei mesi allanno in Spagna. Da dicembre e gennaio la parte nord, quindi Asturie, Galizia, i Paesi Baschi, da giugno a settembre la parte sud, per cui Estremadura, Andalusia, La Mancia e così viaTerra meravigliosa, così come la sua gente e le sue tradizioni, a parte le corride alle quali mi sono sempre rifiutato di andare, nonostante ricevessi degli inviti da parte di alcuni toreri. Conosco molto bene ogni zona della Spagna, tanto la si girava, con il nostro furgoncino, in lungo e in largo. In quegli anni andammo anche diverse volte negli Stati Uniti, Canada, Australia, Canarie, Marocco, Nuova Caledonia, Sud America, Costa Rica, MessicoLa Spagna é rimasta per sempre nel mio cuore. Quegli anni sono veramente stati anni fatti di continue avventure. In molti posti del Sud America vi era il coprifuoco, ahimè, in Cile vigeva la dittatura di Pinochet. A Vina del Mar, persi la testa per una ragazza universitaria che mi raccontò tutto sulla tragedia politica in atto e dei suoi amici desparecidos…fu terribile!. Ricordo di quella che avrebbe dovuto essere una breve gita organizzata da Al Bano. Eravamo alloggiati alla Guaira in Venezuela e precisamente a circa 20 km da Caracas, in un piccolo ma comodo hotel sulle rive del Mar dei Caraibi. Sapevamo che quel pomeriggio dovevamo partecipare ad una trasmissione televisiva nella capitale, ma Al Bano, come sempre iperattivo, decise di fare un giro nei dintorni dellalbergo. Partimmo alla mattina verso le 9.00, Al Bano, Romina, Iarin, Ylenia, la madre di Al Bano Signora Iolanda, Enzino il bassista, io e un tipo di Roma improvvisatosi guida. Fu una bufala! Gira a destra, vai a sinistra, fermiamoci su questa bella spiaggia, ripartiamo, inoltriamoci nella foresta, rigira a sinistra, rigiriamo a destra  e dopo aver guadato un fiumiciattolo mentre il tempo passava imperterrito, decidemmo di tornare alla base. Alla fine ci rendemmo conto che seguire le indicazioni di quella strana guida, era servito solamente a perderci, con il rischio di ritardare alla trasmissione televisiva. Ormai senza speranze, decidemmo di prendere la cosa con filosofia. Romina disse: ‘Chissà che frutti sono quelli la sopra’ , mentre Al Bano , come una scimmia , subito si arrampicava fino in cima, per gettarne giù qualcuno. Ricordo che durante il viaggio vedevo anche Al Bano che giocherellava con un serpentello verde, dall’aspetto tutt'altro che convincente. Ci trovammo al buio in mezzo alla foresta con una colonna sonora fatta di versi di animali. Continuammo lungo il sentiero illuminandolo con i fari.  Vedemmo perfino una famigliola di tarantole, o così sembrava. Alla fine capimmo che ceravamo inoltrati un po’ troppo. Fu solo grazie ad un vecchio, con capelli e barba bianca lunghissimi, che poi fortunatamente incontrammo , che riuscimmo a trovare la strada del ritorno. Lui se ne stava seduto davanti ad una capanna, con tre donne indios ai suoi piedi ed un crocefisso di fronte.Dieci chilometri per entrare nella foresta, più di cento per uscirne. Arrivammo in albergo quasi allalba. Nel frattempo .si era mobilitato mezzo Venezuela per cercarci.

 

Cosa rappresenta per te la musica?

“Cultura, rispetto, sensibilità, passione, dolore, amore…praticamente vita …"

 

Il fatto di riuscire a suonare molto bene uno strumento musicale da cosa dipende? È una capacità innata? È solo una questione di studio? È una cosa misteriosa che non si può spiegare?

“È tutto linsieme di quello che hai detto. Ho letto in un metodo di un grande sassofonista; nella prima pagina: ‘Se vuoi diventare bravo devi studiare molto’, nella seconda pagina: ‘Se vuoi diventare bravissimo devi studiare tantissimo’. Sicuramente studio e talento si compensano a vicenda. Poi ci sono i casi nei quali chi ha talento si accontenta solamente di questo dono naturale, e  si trova ad essere spesso superato in preparazione da ragazzi meno dotati ma con maggiore determinazione e volontà nello studio. Lideale sarebbe che i veri talenti venissero stimolati da tutto e tutti ad impegnarsi maggiormente. Ma questo non può essere possibile in un paese dove la persona media non sa che differenza c’è tra musicalità e anti-musicalità, tra intonazione e stonatura, tra facile e difficile, ma sopratutto fra bello e brutto. Finché in Italia la musica sarà lasciata in mano a certe personaggi televisivi, e non sarà mai considerata un vero patrimonio culturale, noi purtroppo saremo sempre destinati a tenerci questa squallida realtà, gestita ed operata da persone impreparate. Alla fine ci vuole molta umiltàSembra che tutto musicalmente sia già stato fatto, ma in realtà credo che ci siano  tante possibilità che noi occidentali non abbiamo ancora sfruttato. Starebbe ai giovani fare un passo indietro, studiare il passato per poi scoprirsi curiosi e andare alla ricerca di quel qualcosa che potrebbe essere nascosto dentro qualcuno di loro. Questo richiederebbe molti sacrifici e molto studio e, ripeto, molta umiltà”.

 

Ci puoi descrivere brevemente il famoso progetto musicale “Mille Anni Ancora” e quali saranno i tuoi programmi per il futuro?

“Fu unidea di Giorgio Cordini insieme a Mario Arcari, o viceversa. Mario riarrangiò, in modo per me sublime, tutta  la ‘Storia di un impiegato‘ , che esegui con un gruppo suo. Da cosa nasce cosa! Giorgio e Mario pensarono che sarebbe stato bello e istruttivo fare un gruppo che eseguisse i brani di Fabrizio De Andrè come lui stesso voleva. Immediatamente contattarono me che fui molto felice di accettare. Era da tempo che notavo sempre più spesso che c’erano molti ragazzi dispiaciuti  di non essere mai riusciti ad assistere ad un suo concerto. Poteva essere una buona occasione per soddisfare il desiderio di tanti, ma anche per noi ,che potevamo di suonare i suoi brani con grande tranquillitàSono stati cercati e trovati ragazzi straordinari, musicisti bravissimi. Ultimamente la formazione è composta da Max Gabanizza al basso, Enrico Mantovani chitarre, Alberto Venturini percussioni, Diego Maggi tastiere, Stefano Zeni violino, Alessandro Adami voce, e ultimamente si è unita a noi anche Laura De Luca corista e flautista della band originale; tutti musicisti straordinari che meritano essere citati. I miei progetti futuri? Bella e stimolante domanda fatta a un 74enne! Ti rispondo subito! Continuerò a fare quello che faccio con grande passione e divertimento. Oltre al progetto ‘1000 anni ancora’, continuerò a fare seminari, cercherò di suonare il più possibile con il trio ‘La Viola, Mazzucconi, Bandini ‘ con Gabanizza e Mantovani per fare brani di Hendrix e degli Stones, e a suonare jazz con gli amici Danilo Rea e Ares Tavolazzi, con Nico Gori e Massimo Moriconi e con chi chiunque abbia voglia di suonare con me. Come puoi vedere, tutto come prima.Del resto cosa puoi pretendere da uno che non ha lavorato un solo giorno in vita sua, ma ha solo suonato…..” .

 

  Carlo Zannetti – Onda Musicale

— Onda Musicale

Tags: Fabrizio De Andrè, Antonello Venditti, Francesco Guccini, Fabio Concato, Angelo Branduardi, Ellade Bandini, Intervista, Al Bano, Bruno Lauzi, Carlo Zannetti, Mina
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