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Recensione di “At the Break of Dawn” di Valeria Caucino

Il disco di oggi è At the Break of Dawn della cantautrice Valeria Caucino. Un interessante album folk in cui le sue undici tracce scorrono piacevoli come un ruscello nei boschi montani, un’immagine decisamente bucolica richiamata alla mente da queste undici perle.

The Beating of Life è la prima traccia che ci introduce al disco d’esordio di questa cantautrice. Il suo sound folk, la chitarra arpeggiata e gli altri strumenti tradizionali sorreggono la delicata voce che, come un sogno, trasporta l’ascoltatore da un’altra parte invitandolo ad apprezzare le sfumature della vita.

Vita che, per fortuna o purtroppo, è spesso colma di insicurezze e serendipità. La voce di Valeria si intreccia anche con una maschile creando delle atmosfere che ricordano i migliori Pentangle, storica formazione folk rock inglese.

Over the Pain contiene un invito a superare il dolore con un sound decisamente celtico, ma con elementi di modernità. Per intenderci sarebbe come mettere insieme Dolores O’ Riordan dei Cranberries con i Corrs.

Inoltre, se è vero che “anche l’occhio vuole la sua parte”, potete vedere qui il bellissimo video del brano in questione. Un video dove la chitarra e la voce di Valeria sono inserite in un bucolico paesaggio tra montagne, laghi, boschi e cascate. Non per niente qualcuno lo avrebbe definito locus amoenus

In Another Footprint in the Sand, piano e violino tessono l’intreccio di questo brano in cui regna, ancora una volta, l’indecisione. Una giovane donna è in dolce attesa, ma c’è un dubbio che l’attanaglia.

Mettere al mondo o meno una nuova vita che finirà, inevitabilmente, in una società crudele. Tutto questo dubbio amletico è accompagnato dal piano e dal violino mentre la chitarra è più in sottofondo, o comunque in secondo piano.

Un tuono e fuori scende la pioggia a bagnare il terreno, come le lacrime sul cuscino di A Pillow Full of Tears. Lacrime versate per un amore ormai finito, ma che porta con sé il dolore ed il rimpianto.

Sensazioni ed emozioni che accompagnano la solitudine della voce rotta dalle lacrime. Un brano, indubbiamente, triste, ma decisamente sentito e soprattutto vero.

As I Rovet Out, con il suo incipit in equilibrio tra ambient e musica elettronica che determina l’inconsueto svilupparsi di questo classico tradizionale della musica irlandese.

Curioso esperimento l’inserire un brano così atipico dopo le precedenti atmosfere acustiche, ma decisamente ben riuscito anche grazie alla bodrhàn, percussione celtica, e gli echi lontani di elettronica ed elettrica.

You’re the One, invece, è una canzone d’amore in cui viene dichiarato tutto il sentimento verso una persona e dove la chitarra lap steel, usata in ambiti più country, si unisce a quella acustica ed alla voce per un pezzo toccante.

Con Now ritorna l’intreccio vocale, unito a quello tra piano e violino, ricorda come sia magico l’incontro con l’amore nella vita di una persona.

Anche Evil Thoughts narra di un amore, ma questa volta è tradito e perso. Infatti, dopo il tradimento, una giovane donna cerca di riconquistare la fiducia tradita dell’uomo, ma tutto si rivela inutile.

I cori in sottofondo, un po’ come Enya per intenderci, sono i colori in cui sfumano tutti i tentavi di riconquista a cui segue la dura verità. Aver perso il proprio amore per sempre. Verità sottolineata dall’ultimo, e laconico, arpeggio di chitarra mentre tutto il resto si spegne.

La seguente The River potrebbe essere definita come la seconda parte del brano precedente. Un uomo vede la donna, distrutta dal dolore, che fissa il fiume, ma poi vi è l’illuminazione. Anche se ormai tutto è giunto al capolinea, e perso nelle torbide acque, la vita va vissuta comunque soprattutto se è dura e spietata.

Toni più leggeri e poetici per Flying From Ireland. Il brano è tratto da una poesia ed un tassello artistico di Valeria che qui viene presentato in versione più acustica rispetto all’originale (dall’album In This World and Beyond dei Narrow Pass datato 2009).

Stacchi armonici, violini, tastiere e flauti sono i suoni dominanti che cullano l’ascoltatore grazie alle loro dolci serenità. È possibile sentire, tra le pieghe di questo tessuto armonico, l’accenno ai primi anni della PFM quando Mauro Pagani era ancora all’interno della formazione.

Senza Limiti è l’unica traccia cantata in italiano, la versione in lingua nostrana della prima canzone, per chiudere in bellezza questo disco.

A questo punto “che dire di questo disco?” Un disco in cui ritroviamo il folk nella sua accezione più pura con accenti tipicamente irish (considerando anche l’inusuale versione di As I Roved Out).

La sua incantevole voce ricorda molto quella di Jacqui Mc Shee dei già citati Pentangle e di Candice Night, dei Blackmore’s Night. La sua chitarra invece, grazie ai suoi inanellamenti acustici, ricorda quella del compianto John Renbourn.

A tratti si può respirare una malinconia di fondo, ma c’è anche molto spazio per la gioia e la contemplazione. Album più che consigliato per gli appassionati del folk e di un certo tipo di atmosfere acustiche che merita veramente, ma veramente, tanti ascolti.

 

Vanni Versini – Onda Musicale

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Tags: Blackmore's Night, PFM, Mauro Pagani, John Renbourn, Cranberries, The River, Vanni Versini, Candice Night
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