Recensioni e Interviste

Blastema “Tutto finirà bene”: un inquieto rock elettronico

Con un inizio che ricorda i Subsonica migliori dove le melodie, sorrette da una martellante batteria, si alternano in momenti poetici, d'amore, ma anche d'inquietudine, si apre il disco dei Blastema.

Nella seconda traccia, interventi acustici si mischiano all'elettronica spinta, arricchita da suoni in stile sitar e stralci di conversazioni televisive, che si rifanno all'inquietudine. Di particolare interesse, nonché piacere, la breve chiusura al pianoforte sfumante in un'interferenza dell'etere. Un'intro in stile Depeche Mode dove la voce viene, decisamente, distorta meno e dove schiocchi di dita intervallano la descrizione de "I morti"(da quelli viventi dei party alle famose rockstar decedute).

Brano in cui i sintetizzatori la fanno da padrone, anche se strizzano l'occhio alla chitarra elettrica nell'assolo centrale, che si rivela come uno destinato a rimanere in testa. Segue l'omonimo distintosi per un'apertura, straordinariamente, acustica che sfocia in una melodia che si fa più aggressiva con il progredire del testo dove svetta quella sorta di bugia speranzosa che è "tutto finirà bene".

Synth più 'spaziali' incesellano delicatamente il brano arricchendolo di ulteriori fantasie sonore. Elettronica più spinta con tetri rimandi, in stile quasi Paradise Lost del primissimo periodo, sia come sound che come il nichilismo dei testi, sorretti da un altro passaggio di sintetizzatori che cullano lo spettatore in un'aria che "sarà bisogno e veleno" in "Prima che". "Asteroide" si rivolge direttamente ad una ragazza, tale Marta, senza sfumarla in un'immaginaria musa. Il basso viene evidenziato di più, come le chitarre elettriche, lasciando da parte l'elettronica ed abbandonandosi  a momenti più pop/rock.

Risalta inoltre la frase "stringimi forte" che potrebbe quasi stonare in un contesto come questo, a parole, ma che comunque fa il suo dovere per chiudere la traccia.

Intro più melodica al piano, accompagnata da una voce nostalgica per "Ora o mai più" che diventa una sorta di arrabbiato lamento sorretto da chitarre elettriche e giri di batteria che non perdono un colpo, sottolineando, con una rullata, lo sconforto ed il rimpianto del cantato che s'interrompe bruscamente lasciando una sospensione. Altra intro acustica per "Perle ai porci" dove, ancora una volta, ritorna il tema, questa volta decisamente più esplicito, della morte come fenomeno intrinseco della natura umana ed animale.

Colpiscono molto la frase di 'ringraziamento' alla madre per averlo "fatto così male", la storpiatura del Padre Nostro riferito alla figura, per l'appunto, paterna ed il paragonare la prole al titolo, "Perle ai porci". Brano che quasi trasuda speranza, "Tornerai", anche se non sarà un ritorno immutato. Molto è cambiato, ma non questa sorta di preghiera che diventa una litania da quante volte viene ripetuta.

Delicato gioco ad intreccio tra batteria e tastiere per "Pastorale" che fanno scivolare nell'incorporeo anche per merito delle tastiere più ipnotiche verso la fine del brano con "cavalcate" di sintetizzatori.

"Illusione" ed "ombra" sono le parole chiave. "Un modo semplice" quasi rinnega la speranza, si parla anche di paura, che traspariva prima, anche se i due amanti staranno insieme nell'ultima notte. Interessante lo stacco tra dark prog e normale prosecuzione del brano ed il secondo, breve, assolo di chitarra dell'intero album.

"Il destino del mondo", brano finale con influenze più ambient e testi quasi metafisici che paiono troppo grandi e generali. Atmosfera in bilico tra la pacatezza della melodia, ritorno degli interventi pianistici, ed il nichilismo delle parole che segna la chiusura dell'album.

Se si dovesse descrivere il tutto con una parola credo che la migliore sarebbe "inquietudine" che fa da filo ed emozione principale di tutto l'album.

Un disco comunque ben fatto e ben suonato, ma che lascia addosso una sensazione di lieve tristezza facendo sì che ci si abbandoni a qualche ricordo lontano, in cui c'è un volto che pensavamo di aver dimenticato, ma che così non è.

 

Vanni Versini – Onda Musicale

— Onda Musicale

Tags: Paradise Lost, Synth, Vanni Versini, Chitarra, Depeche Mode, Elettronica, Blastema
Sponsorizzato
Leggi anche
Intervista ai Wit Matrix, Pink Floyd tribute band
Misero Spettacolo: “Porci, Pecore e Pirati”