Recensioni e Interviste

“Il Maniaco”, l’esordio di Mikeless

Iniziamo a parlare della recensione della settimana con “Anima”. Una canzone acustica, ricca arpeggi ed armonici con cori e richiami al blues, che ci introduce all’esordio di Mikeless.

Una canzone che, come da titolo, parla di un’anima/donna consigliando le seguenti parole “devi guardarti, sentirti libera, devi fidarti della tua identità”. In poche parole “devi guardarti come se fossi l’unica”. Verso il terzo minuto vi è una sorta di parlato rap, ma fa comunque il suo bel dovere.

A questa segue “Castigo” in cui la cassa armonica della chitarra fa da tamburo mentre una plettrata, e la voce, in stile chitarra flamenco regolano tutta la canzone. “È la tua voce che mi sveglierà, e la tua luce che mi scalderà, sei la mia croce, la mia libertà sei, la mia pace, la mia unica sei tu” e questo “tu” sono le ricorrenze in questo brano. Brano che vede la libertà come presenza costante, ma che può fare male.

È poi l’ora della, "dovuta", title track dell’album, “Il Maniaco”. Brano che sembra uscito da una vecchia radio swing degli anni ’50, la voce ed il suono sono distorti in questa maniera, dove si presenta, per l’appunto, un maniaco.

Quello che ansima al “telefono”, nato in piena era “Green Economy”, pillole da prendere per non impazzire e foto profilo di Facebook modificate in maniera tale da sembrare un chirurgo plastico “bello e ricco da fare schifo”.

Questa contrapposizione tra uno stile d’esecuzione anni ’50 unito a tematiche e parole moderne è veramente geniale e fa sorridere, oltre a ripensare alle relazioni ed ai dogmi di oggi. Dogmi di un “mondo cinico fatto di fax, sms, carta straccia, foreste di burocrazia”. Canzone che ci mette ben poco a diventare la preferita dell’album.

Si prosegue con “Piccolo” dove, delicati arpeggi acustici, per un gioco di hammer on e pull off, Mikeless ci descrive come “ancora una volta mi sembra banale esprimere i miei sogni con la voce” oltre alla piccolezza dell’uomo. Uomo che si rapporta all’enormità, ma invece di lasciarsi sommergere dalla malinconia, in maniera quasi bambinesca, lo affronta contando “i pianeti immaginando che siano abitati". La domanda però rimane, quale potrebbe essere la parte di un individuo nel cosmo? “Vivere” e “ridere”, questa è la risposta. Canzone decisamente intima e delicata.

Il gioco di armonici si ripete, anche se viene arricchito da slide e slap acustici in stile Tommy Emmanuel, per “Regole” caratterizzandone l’intro di questo brano delicato, ma ben ritmato, dove si parla della generale transitorietà delle situazioni della vita. Situazioni qui espresse con la metafora delle “nuvole” che il vento spazza via. Un brano più “leggero” come le nuvole appena citate, ma che fa volare con la mente e l’immaginazione.

In “Versi e parole” si ha un’intro a suon di slide eseguiti con il bottleneck sorretteti dagli armonici, per pochi secondi pare quasi Wish You Were Here dei Pink Floyd, ma poi uno strumming più deciso sorregge la ricerca dell’artista. Una ricerca dove “con versi e parole cerco la mia eternità” mentre “con lacrime e dolore scavo la mia libertà”. Brano decisamente poetico e sentito che colpisce dritto al cuore ed alla mente.

Solstizio Generazionale”, invece, è una canzone che descrive l’immobilità ed i problemi di una generazione, completamente diverse rispetto a quella dei nostri genitori, che si trova a dover gestire una situazione di incertezza generale su più aspetti.

Un’incertezza fatta di weekend, quasi peccaminosi, dove si aspetta il lunedì che setaccia le persone costrette a “dire di sì, sorridere e pagare senza pensare mai” di essere sé stessi. Una sete di conoscenza destinata a rimanere inappagata.

La descrizione, quindi, del palcoscenico quotidiano della vita dove noi, come gli attori dell’antichità, indossiamo le nostre maschere per nascondere quello che sentiamo realmente. Inoltre sembra che siamo diventati anche “allergici alle favole del mondo” ed “isterici per la carestia d’affetto”, una modernità che ci fa pagare dei prezzi esorbitanti per dei, sedicenti, comfort.

Questo è un pezzo particolare perché ci fa riflettere su come abbiamo smarrito quella fanciullezza interiore e su come, però, il fatto di avere qualcuno al proprio fianco possa aiutare veramente. Aiutare a capire che tutto non è perduto e che si può andare avanti anche se sarà difficile e può far paura.

In conclusione è il turno di “Funky Love” dove una voce filtrata in stile vecchia radio sostenuta da delle corde che, letteralmente, strisciano introducono l’ultimo brano del disco. Un brano tra sonorità, per l’appunto, funky e blues che farà ballare e che vede, inoltre, la presenza di tastiera, batteria, chitarra elettrica, ma soprattutto basso che scalda il cuore con il suo slap ed il suo groove. Un testo per lei dove si volerebbe, volentieri, “verso l’infinito”, ma questa lei può benissimo essere la voglia di sentire un’altra volta, come viene espresso esplicitamente, un buon funky blues.

Degna conclusione per questo lavoro per cui la domanda che mi pongo è, praticamente la stessa, “che dire di questo album?” Una chitarra acustica ed una voce contro il mondo. Poesia, rabbia, filosofia ed ironia sono i colori essenziali che sono stati utilizzati per dipingere questa opera prima di Mikeless per un album, essenzialmente acustico, che terrà incollato l’ascoltatore. Da tenere d’occhio, e di conseguenza seguire, nella maniera più assoluta, anche per la tecnica acustica impiegata del cantautore.  

Vanni Versini – Onda Musicale

— Onda Musicale

Tags: Pink Floyd, Tommy Emmanuel, Blues, Swing, Vanni Versini, Funky
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