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Recensione “Gente di terra” di Pier Mazzoleni

Gente di terra è il quarto album in studio del cantautore bergamasco Pier Mazzoleni. Album di cui abbiamo già parlato qui (link), ma non perdiamoci in chiacchiere e procediamo ad analizzare le undici perle di questo disco.

Un giorno un uomo è la traccia di apertura. È una traccia con una intro molto tranquilla dove il pianoforte, la fisarmonica e la chitarra sostengono un ritmo decisamente in stile De André.

Anche il testo ricalca, a tratti, la penna del grande Faber narrando le vicende di un uomo che rincorre i propri ideali.

Dolce Maddalena vede un bel gioco tra slide di chitarra e note di piano conferendo al brano un sapore di flamenco.

Il testo, invece, è più religioso dato che si tratta della ricerca dell’amore del Dio della donna in questione. Chicca di questo brano è il breve assolo verso il secondo minuto e mezzo.

Lontani echi di batteria e delicate note acustiche costituiscono l’introduzione di Volo. Brano in cui, oltre alla voce di Pier Mazzoleni, si unisce anche una controparte femminile rendendo unico questo pezzo in cui si parla di quel lungo, ma bel viaggio, che è la vita. Si respira un’atmosfera decisamente jazz e soffusa.

Uomo di legno ricorderà gli arpeggi di Harry Nilsson a cui si uniscono i Beatles del periodo mistico indiano grazie al sitar. Il violoncello poi, si incastra alla perfezione con gli arpeggi acustici della chitarra. Il tutto rende ancora più chiaro e cristallino il colore, ed il sapore, di terra e di mare. I sapori di un “uomo di legno o anche d’argento”.

Gente di terra è la titletrack il cui fischio iniziale, e le scarne note del principio, racconta l’errare dell’umanità su questa terra. Un errare dominato dalle incertezze sul proprio futuro, verso l’oceano e poi sempre via, per un altro infinito vagabondare.

Se “la vita promette” è altrettanto vero che “la morte la osserva”. Piccola nota, vi è il più che gradito ritorno della voce femminile e del controcanto. Ottimo!

Il terrorista Jo ha un che di folk più tipico dei Modena City Ramblers, il violino autentica questa mia affermazione, anche se non mancano le influenze jazz del piano. Alzate il volume.

Una rosa che non c’era è delicata e triste come il fiore che dà il titolo. Un piano, un arpeggio ed un fischio che va e vola come il vento d’autunno.

Tristezza a secchiate questo sì, ma anche resistenza dell’anima, come “una foglia non caduta”, e pace immensa nel silenzio di una strada nebbiosa.

La seguente Sono Dio è proprio quello che sembra. Un po’ in stile Battiato, soprattutto per le atmosfere e la voce, Pier Mazzoleni racconta dell’essere Dio.La creazione di tutto, l’amore, l’universo, la vita eterna, la redenzione. Fantastico l’assolo di chitarra verso il terzo minuto e mezzo.

Esmeralda ha un sapore più gucciniano, mi riferisco alla sua Cirano, dove regna l’amore, dettato dall’avorio del piano, per questa donna. Un amore non facile, doloroso, un sogno? “Son come il carnevale e lei il Natale”, un amore agli opposti.

Il flauto alla fine … come descriverlo? Tenero, delicato, sognante, la classica ciliegina sulla torta. Tenete dunque a mente il lavoro di Angelo Branduardi e della PFM per intenderci mentre tutto sfocia nel sogno.

Il disco si conclude con Cambiamento, particolare la cantata in italiano ed in portoghese, e Per chi. Degne conclusioni di un disco non facile.

A proposito di disco, che dire di questo? Non è un disco facile, ma non per questo è un trattato di fisica quantistica o filosofia trascendentale. Devo dire che c’è veramente di tutto, la gioia, ma anche la sofferenza. Ascoltatevelo e riflettete sul mondo e sulla vita che ci scorre attorno. Più che consigliato!

 

Vanni Versini – Onda Musicale

 

 

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Tags: Vanni Versini, Harry Nilsson, PFM, Fabrizio De Andrè, Franco Battiato, The Beatles, Angelo Branduardi, Modena City Ramblers
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