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Recensione: “Le memorie dell’acqua” de Lo yeti

Lo yeti in questo caso non è la creatura mitologica che vive sui ghiacciai, il terribile uomo delle nevi, ma bensì è il giovane cantautore bolognese Pierpaolo Marconcini alle prese con il suo album d'esordio.

Titolo scelto per questo suo lavoro è "Le memorie dell'acqua", lavoro d'esordio composto da nove tracce che ora vi svelerò una ad una. Detto questo cominciamo subito senza perderci in inutili indugi:

 

Santa madre dei miracoli: la voce echeggia e si perde nei meandri dei riverberi per pochi secondi prima che il soulprenda il sopravvento per parlare di un tema tanto caro a quel genere. Il tradimento.

Da notare infatti l'assolo finale che si fonde perfettamente con la voce de Lo yeti. Voce che, devo dire, mi ricorda vagamente quella del Samuel ai tempi dei migliori Subsonica.

Sotto effetto della luna: partenza in sordina, come qualcosa di lontano che si avvicina metro dopo metro, con una chitarra che si esprime con sentimento e passione. Un minuto e mezzo che fila via rapido, ma non per questo futile. Prestate particolare attenzione a questa traccia.

Rita: il tenero ritratto di una donna, la bella Rita, in cui viene descritta con versi poetici in tutta la sua magnificenza. Una bellezza sia esterna che interna a tinte tanto care ai Beatlesquando cantavano "Lovely Rita" in quel capolavoro che è "Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band" (leggi qui). Davvero coinvolgente!

La canzone dell'acqua: piccoli echi e delay, come dei vortici sonori, sono la base sulla quale si sviluppa questo brano dolce ed etereo. Questo fino a circa metà dove la chitarra diventa più distorta ed i synth più decisi, un balzo inaspettato che sorprende in maniera più che piacevole l'ascoltatore!

Intrepida: ogni disco che si rispetti ha la sua balladin cui si mette tutto in pausa per un attimo e si lascia parlare apertamente il cuore e questa canzone, che mi ricorda vagamente i Verdena, ne è l'esempio più calzante. Alzate il volume e lasciatevi incantare da questa storia di ostacoli che tutti noi, chi più chi meno, ha incontrato almeno qualche volta in una relazione.

Amore bufalo: brano di stampo più alternative rock, con tratti strumentali di Nirvana e Soundgarden, in cui si mette a nudo l'effettiva vulnerabilità delle persone anche se tentano di barricarsi dietro corazze comportamentali e sentimentali.

La nostra rivoluzione: i primi arpeggi acustici faranno subito venire in mente i Beatles dei tempi di "Blackbird", ma è da questa che emergono maggiormente i tratti autobiografici del cantautore.

Davvero toccante la frase, al pari delle parti d'archi, che recita "benedetta la malinconia che ci aiuta nei rapporti intimi". Molto bello anche il cambio con degli strumming più decisi verso la seconda parte.

Anidride: impercettibile ed impalpabile come il titolo stesso, ma che può colpire quando meno ce lo si aspetta in maniera lenta ed inesorabile. Un brano dolce e letale allo stesso tempo con un assolo finale di hammond che ricorda i Rolling Stones degli anni '70.

Uomo: brano più acido e distorto che chiude in bellezza l'album

 

A questo punto che dire del disco? Non starò a perdere tempo con inutili sofismi, mi è piaciuto molto e basta! Bello, sincero, biografico e senza fronzoli. Alla faccia dell'esordio! Spero di sentire altro al più presto.

 

Vanni Versini – Onda Musicale

 

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— Onda Musicale

Tags: Nirvana, Subsonica, The Beatles, Soundgarden, Verdena, Blackbird, Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band, Vanni Versini, Samuel, The Rolling Stones
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