Soundtrack

Radiofreccia: vita, colori e dolori di un borgo

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Meno male che questa radio di merda chiude”, è la notte del 20 giugno 1993 e Bruno Iori (Luciano Federico) si appresta a dare l’addio alla sua Radiofreccia dai microfoni un minuto prima che questa veda il suo diciottesimo anniversario.

Si tratta di un momento toccante, d’addio, e tutta una serie di messaggi degli ascoltatori si susseguono ai microfoni della radio. Dei momenti che si susseguono come la musica ed i ricordi, di una vita intera, che hanno accomunato le esistenze di cinque giovani ragazzi reggiani nei lontani anni ’70. 

Parte dunque un lungo flashback che comincia con la morte per overdose di Ivan Benassi (Stefano Accorsi), detto Freccia a causa di una voglia sulla tempia, per poi andare a quando Bruno sente parlare per la prima volta delle “radio libere” dal barista Adolfo (Francesco Guccini).

È un momento di creatività estrema e di voglia di portare qualcosa di nuovo nel sonnolento borgo di Correggio ed è qui che nasce Radio Raptus, verrà ribattezzata Radiofreccia in onore dell’amico deceduto.

Una radio libera nata a metà tra il gioco e la passione del buon Bruno che non ha esitato un istante a coinvolgere gli altri amici. Il timido Iena (Alessio Modica), il capellone Tito (Enrico Salimbeni) ed il pungente Boris (Roberto Zibetti).

Nonostante le differenze i cinque passano molto tempo assieme tra il bar di Adolfo, gli scontri con gli altri “personaggioni” stravaganti del borgo, le partite a calcetto, le ragazzate e le serate al Plutonio.

Proprio qui Freccia conosce una ragazza eroinomane e questo segna l’inizio della sua discesa verso la tossicodipendenza che lo porta a rubare, perdere il lavoro e l’amore di un’altra ragazza che voleva aiutarlo, oltre a fare avanti ed indietro da ospedali e carceri.

Un ondeggiare tra la vita e la morte che lo ha condotto, inevitabilmente, a quest’ultima. In suo onore si tenne “uno dei più bei funerali del borgo, la banda suonò “Can’t Help Falling in Love”, il pezzo con cui Elvis chiudeva i suoi concerti”.

Proprio da quest’ultima citazione, suonata dalla Banda Bonifazio Asioli di Correggio, che voglio partire parlandovi della colonna sonora della pellicola.

Una scelta di musiche che rispettano perfettamente quelle del periodo dividendosi tra classici del rock, canzoni che evidenziano i vari momenti del film (Boris, Welcome Home Freccia eccetera) ed una canzone di Ligabue (“Ho Perso le Parole”), qui nelle vesti di regista alle prese con il suo primo film del 1998.

Troviamo dei veri e propri classici intramontabili firmati anni ’70 come Rebe Rebel del compianto David Bowie, Werewolves of London di Warren Zevon, The Passenger di Iggy Pop (all’epoca suo esordio solista dopo gli Stooges), Long Train Running dei Doobie Brothers e Sweet Home Alabama dei Lynyrd Skynyrd.

Tra le canzoni segnalo inoltre Love Is the Drug, un brano con un titolo quasi a monito, dei Roxy Music, stesso discorso per You Ain’t Seen Nothing Yet dei Bachman – Turner Overdrive. Delle canzoni che sembrano, quasi, prevedere il futuro e lo svolgersi delle vicende.

Ci sono anche brani più “ricercati” come Black Market dei Weather Report (impossibile non citare il virtuosismo del mito del basso Jaco Pastorius) ed Incontro di Francesco Guccini che qui, come già detto prima, veste i panni del burbero barista Adolfo.

Inoltre Accorsi e Guccini collaboreranno, nel 1999, nel film Ormai è fatta! (regia di Enzo Monteleone) sul rocambolesco tentativo di fuga dal carcere di Fossano dell’anarchico Horst Fantazzini.

Tra i brani consiglio la spassosissima performance di Kingo (Davide Tavernelli, cantante dei Little Taver & His Crazy Alligators) al matrimonio di Iena con una rockabilly “Coccinella”.

Una colonna sonora composta da brani anni ’70 sì, così come i classici, ma che fanno calare perfettamente negli ascolti del periodo creando così la giusta atmosfera. Basti pensare che viene, addirittura, citata la fuga di un ippopotamo dal circo creando non poco disappunto in Freccia.

Ad ogni modo, questa è una pellicola che consiglio caldamente, specie ai nostalgici di quel periodo, che ci farà ricordare come eravamo un tempo. Un tempo in cui ogni cosa, anche la più piccola o insignificante, era una novità assoluta come la musica straniera, in prevalenza cantata in inglese.

Testi “misteriosi” che finivano per entrare dentro il cervello ed il cuore facendo sì che diventassero parte integrante della nostra vita e del nostro essere.

Chiudo con le parole di Freccia Credo nelle rovesciate di Bonimba e nei riff di Keith Richards; credo al doppio suono di campanello del padrone di casa che vuole l’affitto ogni primo del mese; credo che ognuno di noi si meriterebbe di avere una madre e un padre che siano decenti con lui almeno finché non si sta in piedi; credo che un Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa; credo che non sia tutto qua, però, prima di credere in qualcos’altro bisogna fare i conti con quello che c’è qua, e allora mi sa che crederò prima o poi in qualche Dio; credo che semmai avrò una famiglia sarà dura tirare avanti con 300.000£ al mese, però credo anche che se non leccherò culi come fa il mio caporeparto difficilmente cambieranno le cose; credo che c’ho un buco grosso dentro ma anche che il Rock ‘n’ roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro e le stronzate con gli amici, beh, ogni tanto questo buco me lo riempiono; credo che la voglia di scappare da un paese con 20.000 abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx; credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri."

"Credo che per credere, certi momenti, ti serve molta energia. Ecco, allora vedete un po’ di ricaricare le vostre scorte con questo”.

 

Vanni Versini – Onda Musicale 

 

— Onda Musicale

Tags: Stefano Accorsi/Radiofreccia/Lynyrd Skynyrd/Elvis/Keith Richards/Weather Report/Francesco Guccini/David Bowie/Ligabue/Iggy Pop/Roxy Music/Jaco Pastorius/Vanni Versini
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