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‘O Blues di Pino Daniele, perchè piace anche a noi

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Un po’ tutti gli ascoltatori dall’impronta quasi fisica del “primo ascolto” di un brano e quindi di un disco ne traggono la sintesi; il "mi piace/non mi piace" è strettamente correlato e interdipendente da quella percezione degli aspetti sovratrutturali: un minimo di forma e colori del “testo”, la sua esteriorità. 

In seguito chi vuole, a seconda delle proprie capacità, può condurre un’analisi degli aspetti strutturali ossia cosa c’è scritto nel testo, e pertanto conseguire ulteriori sintesi che vanno a integrare, più o meno riformandole, le prime. 
 
A me è capitato tantissime volte, ve ne racconto una. Anno Domini 1980, Pino Daniele con soltanto tastiere, basso, batteria e la sua voce (ed esigue sovraincisioni) ha realizzato uno dei suoi brani più famosi: A Me Me Piace 'O Blues
 
E come a moltissimi anche a me è piaciuto sin dal primo ascolto, e siccome anche allora che avevo solo 16 anni ero appassionato di musica complessa, seppur a orecchio sembri facile, ho pensato che celava qualche complicanza. No, però qualche peculiarità sì.
 
È raro trovare un pezzo così tanto apprezzato quanto snello e muscoloso; è musica basata sulle armonie del piano elettrico filtrato (all’”americana”) di Ernesto Vitolo e la smagliante ritmica basso-batteria di Gigi De Rienzo e Agostino Marangolo esposta nelle iniziali tre battute.
 
Nessun assolo; tre minuti e tempo medio in 4/4.  La forma è costituita di sole 3 sezioni: Intro – A – Ponte (che riprende l’Intro) – – A – Ponte – B – A2 coda (ad libitum in sfumando).
Le sezioni A e B sono basate su una breve sequenza di soli 4 accordi distribuiti in 2 misure: incredibilmente la B ha gli stessi accordi della Asolo che trasla l'avvio di un movimento.
 
La melodia nulla di particolare (A grintosa e martellante – B sinuosa) e la struttura armonica è fondata soltanto sulla scala di SI minore; peraltro gli accordi hanno una convenzionale concatenazione (nel divenire due rapidissime e minuscole varianti). Ciò che fa la differenza è, oltre alla bravura musicale di tutti i musicisti, l’aggressività del disegno ritmico (e dell’articolazione tecnica quindi dell’effetto sonico) dell’Intro e la generale sofisticazione delle armonie.
 
Significa che gli accordi sono quasi tutti estesi con none, undicesime e tredicesime, talvolta alterati (cioè con alcune note non facenti parte della scala fondamentale di SI minore), andando in questa maniera ad arricchire il campo musicale. Altresì la parte strofica (la sezione A) è formata da 9 misure: 7 cantate e 2 strumentali.
 
L’obbligato ritmico dell’Intro, quello dopo 2”, è imperniato su una bruciante sincope di natura funk (seconda semicroma), rarissima nel Rock quale che sia la sua declinazione e coniugazione (hardheavyprog ecc.). Dunque è un dettaglio importante, fa differenza di genere.
Inoltre gli accordi nella A sono sempre posti sui movimenti 4 (i “deboli”), mentre nella B sempre posti su 3 (“forte” e “mezzoforte”) cosicché l’effetto di apertura è aumentato. La batteria suona semplicissima, “dritta”, ma incessantemente con un disegno in levare del charleston nella e sul piatto ride nella B.

Talvolta per fare un grande pezzo bastano queste piccole accortezze, però in musica c’è sempre bisogno di concretarle le composizioni, la musica va suonata e da più persone; e quando lo fa qualcuno come Pino Daniele (e i suoi “amici”) è l’inestimabile valore aggiunto, cui oggi, Anno Domini 2019, dopo decenni di ascolti non ci stanchiamo di rendere grazia.

 
(di Carlo Pascerilink)
 
 

— Onda Musicale

Tags: Agostino Marangolo/Pino Daniele
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