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DETROIT: declino di una città industriale e musicale

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Nell'articolo precedente abbiamo parlato della città di Detroit dalla sua nascita fino allo sviluppo degli anni d'oro. (leggi l'articolo) Ci siamo ovviamente concentrati sull'aspetto musicale di questa metropoli che diede i natali a generi peculiari come il protopunk, il tipico sound motown e la techno o a personaggi famosi come Iggy Pop e Madonna, tanto per nominarne qualcuno.

Parlare di ciò che fu Detroit senza scontrarsi con la più triste realtà odierna è piuttosto ipocrita, e anche se così facendo il discorso si discosta dall'argomento prettamente musicale, mi preme descrivere anche il degrado socio-economico al quale la città ha dovuto assistere in questi ultimi 60 anni.

Nel ventennio successivo alla fondazione della Ford (1903) sorsero qui oltre un centinaio di aziende automobilistiche che contribuirono a rendere Detroit La motown, ossia la città dell'auto, ma un primo scossone al suo prepotente sviluppo economico avvenne già con la Grande Depressione.

I salari degli operai vennero decurtati, nacque il primo potente sindacato (l'United Auto Workers) e i colossi automobilistici incominciarono a decentrare gli impianti nelle cittadine dei sobborghi per prevenire scioperi e scontri.

Con lo scoppio della Grande Guerra gli stabilimenti siderurgici vennero convertiti dal governo in centri di produzione bellica per carri armati, aerei e munizioni destinati alle potenze alleate. I ritmi della guerra portarono in città numerosi lavoratori, per lo più provenienti dal sud dello stato e mentre la popolazione del Michigan aumentava, parallelamente aumentavano anche gli scontri razziali.

Due anime, quelle di Detroit, quella bianca e quella nera, destinate a venire a confronto, purtroppo cruento, troppe volte nell'arco della sua storia.

Con il boom economico degli anni '50 Detroit raggiunse, come molte città industriali americane, il suo apice demografico con quasi 2 milioni di abitanti e 200 mila operai. Eppure nel mezzo secolo successivo la città vide fuggire due terzi della propria popolazione contando oggi solo circa 700 mila residenti e soltanto 20 mila operai… ma cosa è successo nella storia recente di questa città per portarla a un tale declino?

Molti vedono in un episodio del 1967 l'inizio del declino della città. La polizia fa irruzione in un locale, frequentato prevalentemente da afroamericani, che vendeva abusivamente alcolici. Dai primi tafferugli all'uscita del bar, si sviluppa in breve una vera e propria guerriglia urbana di quattro giorni che si conclude con l'intervento dell'esercito, oltre 40 morti e ovviamente molti feriti ed arresti.

Per paura degli scontri si accentua un esodo (iniziato già negli anni '50 e mai più fermato), dei bianchi benestanti verso i sobborghi della città. Con il loro spostamento nell'hinterland si trasferiscono anche i loro soldi, così il comune di Detroit vede costantemente perdere gran parte dei proventi delle proprie tasse.

In centro restavano solo i neri, ormai, e quando anche questi divennero classe media e fu il loro turno di raggiungere l'hinterland, i bianchi si spostarono ancora più lontano dal centro.

In città rimanevano quindi soltanto famiglie povere afroamericane, aumentava la criminalità e il Comune se da una parte aveva minori introiti, dall'altra doveva affrontare una vasta emergenza assistenzialistica.

Anche la scena musicale della città, avanguardia di Detroit, cominciava ormai ad affondare: a causa di liti interne e contrasti razziali fra musicisti, la stessa etichetta Motown nel 1972 decise di abbandonare la sua città natia per trasferirsi a Los Angeles.

Ormai la città prende le sembianze di un fantasma: innumerevoli sono le case vuote, i prezzi del mercato immobiliare crollano e disfarsi delle proprie abitazioni diventa sempre più difficile.

Detroit affondava inesorabilmente, colpita ripetutamente dalle cicliche crisi dell'industria automobilistica (del 1973/74, del 1979 e l'ultima del 2008) e dai conflitti razziali, portando allo sfacelo di quest'ultimo decennio. Se in 65 anni ha perso oltre un milione di abitanti, tra il 2000 e il 2010 la sua popolazione è crollata del 25 per cento.

Decine di migliaia gli edifici abbandonati, in completo sfacelo o sventrati per raccogliere il materiale edilizio, ettari di campi invase dalle erbacce, quartieri completamente deserti e un innalzamento della delinquenza che fa di Detroit la città meno sicura degli interi Stati Uniti.

Un destino purtroppo che accomuna molti centri urbani americani, divenuti delle vere e proprie 'ghost town', città fantasma, svuotate dalla crisi dei subprime.

Se il caso più eclatante è quello di Detroit, costretto ad abbattere oltre 10 mila edifici fatiscenti ed abbandonati, non di meno si ritrovano città come Las Vegas (ribattezzata 'la capitale americana dei pignoramenti'), Phoenix, alcune città della California, New Orleans per via dell'uragano Katrina, o anche intere contee che basavano la propria economia sul turismo (oltre il 55 per cento di immobili abbandonati).

Fra il 1990 e il 2013 Detroit tenta di salvare il salvabile dimezzando il numero dei dipendenti comunali eppure il 23 luglio 2013 è costretta a dichiarare il fallimento mentre la città viene commissariata sotto l'emergency manager Kevyn Orr.

Ormai due ambulanze su tre erano fuori servizio, la criminalità aveva raggiunto soglie preoccupanti con il tasso di crimini violenti pro capite più alto d'America mentre la polizia era in grado di effettuare solo pochi interventi, il 40 per cento dell'illuminazione stradale non funzionava più ed oltre un terzo della popolazione viveva al di sotto della soglia di povertà.

Una bancarotta pubblica non è fenomeno comune al pari del fallimento di un soggetto privato. La notizia fa sempre scalpore e lo scenario da città post belliche di un indefinito futuro remoto, è a dir poco agghiacciante.

La bancarotta è un dispositivo del capitale per gestire l'insolvenza e in quanto tale è generatore d'opportunità: viene infatti definita 'distruzione creativa'. Ma sebbene a Detroit essa sia terminata l'11 dicembre del 2014, la cose in città non sembrano così diverse rispetto a un anno e mezzo prima.

La ripresa di Detroit è stata annunciata parecchie volte ma la metropoli sembra ancora sospesa sull'orlo del proprio abisso.

Se ancora qualcosa succede è grazie alla buona volontà di alcuni residenti rimasti, a tratti presi dallo slancio del recupero delle vie o dei quartieri, di qualche coraggioso che intraprende nuove attività, mentre il supporto della Chiesa è l'unico rimasto e la vecchia abitudine economica del baratto ha preso il sopravvento sopra ogni altra legge di mercato.

Ricominciare non è mai facile, noi auguriamo lunga e felice vita a Detroit, a suo tempo definita… "la città delle opportunità".

 

Giusy Locatelli (Onda Musicale)

 

 

— Onda Musicale

Tags: Detroit/Giusy Locatelli
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