Ci sono romanzi che si reggono su trame banali, ma sono nobilitati dalla bravura dell’autore. Altri vantano invece una solida trovata, ma peccano nell’esecuzione. Le Nostre Vite di Francesco Carofiglio appartiene decisamente al secondo caso.
Francesco Carofiglio, inutile girarci attorno, è il fratello del più celebre Gianrico, uno degli scrittori italiani di più grande successo. Francesco nella vita ha avuto tante esperienze; di professione architetto, ha fatto l’attore ed è un bravo illustratore. Da un po’ di tempo, però, ha deciso di seguire le orme fraterne dedicandosi alla scrittura.
Le Nostre Vite è uscito qualche mese fa per Piemme e segue il discreto successo de L’Estate dell’Incanto, del 2019. Se quest’ultimo era un romanzo con ambizioni di grande affresco storico, riuscito a metà, Le Nostre Vite è un lavoro più riflessivo e intimista.
La struttura è divisa in due parti ben distinte che si sovrappongono, inseguono e alla fine riuniscono. La prima, quella principale, ha per protagonista Stefano Sartor, ineffabile professore nientemeno che alla Sorbona di Parigi.
L’uomo si muove un po’ apaticamente nell’alta borghesia parigina, tra chef stellati, il successo dei suoi libri, l’università e le frequenti sedute di psicanalisi. Stefano nasconde però un oscuro segreto, tanto più che è oscuro anche per lui; a diciannove anni ha perso i genitori e la memoria per una fortuita esplosione i casa sua.
Sì, perché Sartor è un cinquantenne che è in pratica nato a vent’anni, dopo essersi ripreso dalle ferite dell’incidente. Viene portato dal nonno Zeno in Puglia, dove cresce tra la vita di campagna e lo studio, senza mai che gli venga fatto cenno della sua vita precedente, che viene completamente rimossa. Il meccanismo, per quanto poco credibile, non è privo di una sua sfiziosità, andando a solleticare il lettore sui temi della memoria, del doppio e del tipico what if.
La seconda linea narrativa racconta di Nina, una ragazza adolescente che vive i suoi primi turbamenti d’amore; turbamenti che, ahimé, esiteranno in una vera e propria violenza sessuale subita da un ragazzo poco più grande.
Nella vita piena di soddisfazioni ma piatta di Stefano, arrivano a un certo punto due fatti che scardinano le sue labili certezze. La prima è Anna Castiglioni, affermata fotografa internazionale, con cui l’uomo intreccia una relazione; la seconda è la crescente pulsione ad indagare sul suo misterioso passato.
Inutile dire che i due fili narrativi a un certo punto si uniranno, lasciamo ai lettori scoprire come.
Il romanzo, come si diceva, può dirsi riuscito a metà.
La parte che funziona – accettata la trovata della perdita di memoria – è proprio nella particolarità della situazione. Le riflessioni di Stefano, benché a volte slegate dal contesto, sono spesso interessanti, e la ricerca delle proprie origini ha quel tocco avvincente che tiene comunque alto l’interesse.
D’altro canto, troviamo dei dialoghi spesso algidi fino quasi all’assurdo; alcune scene, poi, che vorrebbero essere ricche di pathos – come quando Sartor si ritrova allo zoo, e si commuove vedendo un orango – si rivelano totalmente avulse dal contesto.
Insomma, Le Nostre Vite è un romanzo che non riesce a convincere fino in fondo, a causa di personaggi poco approfonditi psicologicamente, nonostante di psicologia si parli spesso; e forse anche per un’ambientazione non sempre credibile. Proprio questo è uno degli inghippi dei romanzi di Carofiglio, ancor più evidente nella novantenne fin troppo arzilla del precedente L’Estate dell’Incanto.
Un peccato perché, al netto di qualche difetto specie nei dialoghi, Francesco Carofiglio vanta una scrittura assai scorrevole e trovate narrative spesso buone.
Non resta allora che aspettare un nuovo lavoro, magari con il tiro aggiustato sui difetti.
Noi, per adesso, vi auguriamo buona lettura.