Il libro che vi proponiamo questa settimana è Il dito ritrovato di Francesca Picone. Spesso andiamo a cercare tra le pubblicazioni di piccole case editrici di qualità, e quello della scrittrice siciliana è un esempio emblematico.
Il romanzo ha infatti ottenuto un prestigioso riconoscimento alla fine del 2020; Francesca Picone si è infatti aggiudicata il Premio dell’Editoria Abruzzese, nella sezione dedicata agli autori provenienti da altre regioni.
Francesca Picone è infatti una siciliana DOC, di Palermo, dove vive e lavora – oltre che come scrittrice – in una famosa casa vinicola. Il dito ritrovato è il suo quarto romanzo, una storia a due voci che si svolge essenzialmente tra l’Abruzzo e Berlino. Francesca è inoltre autrice anche di una silloge di poesie, Penelope.
Fin dalla copertina si capisce che la musica – il jazz, in particolare – è la terza protagonista della storia.
I due personaggi principali sono John e Teresa.
Il primo – nonostante il nome americano – è un musicista abruzzese. Figlio d’arte, è un sassofonista jazz che si divide tra la sua terra d’origine, Chicago e lunghi tour con la sua band. La sua vita è quella tipica dell’artista scapestrato e senza radici, dedito a una serie di dipendenze e divorato dal demone della musica.
A causa di una serie di tristi eventi familiari, John – che si chiama così proprio per la passione del padre per la musica americana – torna al suo paesello tra le montagne abruzzesi.
Teresa è invece una giovane ragazza napoletana, eternamente indecisa sulla direzione verso cui indirizzare la sua vita. In fuga da una famiglia disfunzionale, dalla triste situazione lavorativa italiana, ma forse soprattutto da se stessa, la ragazza cerca fortuna a Berlino.
La capitale tedesca viene descritta con toni cupi e freddi; una metropoli piena di cultura ma dove le persone hanno tempo solo per il lavoro. Teresa, legata a un’idea ingenua e ideale dell’amore, non riesce a adattarsi ai rapporti veloci e superficiali che la città le propone.
I capitoli – sempre piuttosto brevi – alternano le voci dei due personaggi, che narrano in prima persona. John, in grande crisi esistenziale, trova la sua ragione di vita a causa dell’ennesima tragedia: il terribile sisma del 2016 che colpisce l’entroterra abruzzese. L’uomo si dà da fare nella ricostruzione, insegna musica ai giovani locali e riallaccia amicizie vecchie e nuove coi paesani.
Teresa, dopo varie esperienze spiacevoli, riesce a costruire una rete di amicizie con personaggi di contorno, bizzarri, ma ben tratteggiati. L’anziano Ronald, medico in pensione e fresco vedovo che la consiglia saggiamente e che pare uscito da un episodio de L’Ispettore Derrick; le amiche della fabbrica di cioccolato dove Teresa trova impiego.
Sarà proprio un incidente accaduto nello stabilimento a dare il titolo al libro e a innescare una valanga di eventi. Proprio Francesca Picone, nelle note finali, rievoca la prima idea del romanzo, scaturita leggendo una notizia incredibile. Un dito, evidentemente perso da un’operaia, era stato ritrovato dentro una tavoletta di cioccolata.
Ed è proprio quello che accade a Teresa, che perde una parte di un dito, tranciato da una delle macchine per una fatale distrazione. E la tavoletta di cioccolata in cui la parte del corpo si ritrova, per una serie di coincidenze, finirà proprio nel camper dove vive John, nel lontano Abruzzo.
I due si incontreranno? Per saperlo bisogna leggere Il dito ritrovato.
Al di là della trovata narrativa da cui il tutto scaturisce, il romanzo di Francesca Picone è un affresco sociale dei tempi in cui viviamo. Preziose sono le pagine in cui John si adopera per i terremotati, di cui egli stesso fa parte; la ricostruzione è appena accennata ma credibile, gli eventi – come il recupero tra le macerie di un vecchio pianoforte – sono rocamboleschi e a volte spassosi.
Meno piacevole la resa di Berlino, teatro cupo e ostile delle eterne indecisioni di Teresa. La giovane donna è una credibile versione dei nostri cervelli in fuga, personaggio umorale e afflitto da una smania di cambiamento che pare celare qualcosa di irrisolto a livello personale. Come le fa notare il saggio Ronald, la ragazza sembra in continua fuga, senza rendersi conto di portarsi sempre dietro il proprio nemico più feroce, essa stessa.
La scrittura di Francesca Picone è scorrevole e semplice; apprezzabile il cambio di voce tra i due personaggi, che hanno un proprio tono personale e caratteristico.
“Quelle mani, che erano la mia parte più preziosa, ora diventavano strumento di speranza. Tra i detriti emergevano pezzi di vita quotidiana: stoviglie, mobili, materassi, indumenti, giocattoli, perfino lampadari e lavandini, fotografie strappate e altre intere”.
Il dito ritrovato di Francesca Picone, uscito per Edizioni Solfanelli, è insomma un romanzo contemporaneo di facile lettura ma che lascia comunque una scia di riflessioni. Alcune faranno rimanere il lettore col sorriso sulle labbra, altre – forse la maggior parte – con un po’ di amarezza.
Una storia che ci permette per centosessanta pagine di entrare in punta di piedi nelle vite di questi due sconosciuti e a capire la fitta rete che il destino tesse per ognuno di noi. ”Mi piace pensare che anche ogni vita interrotta sia una storia sospesa, ma tutta da raccontare” conclude la stessa autrice nelle note finali.
Il dito ritrovato di Francesca Picone è un libro che vi consigliamo, che amiate il jazz o meno.