Cultura ed eventi

Intervista con il regista Leonardo Manzan, autore con Rocco Placidi dello spettacolo “Cirano deve morire” che sarà il 16 e 17 marzo nella Capitale

|

foto di scena

Niente nasi posticci e recitazione pomposa, ma barre a ritmo di rap piene di rabbia, energia, amore ingannato, sete di vendetta e delusione: questo, e molto di più, è “Cirano deve morire”.

Lo spettacolo di Leonardo Manzan e Rocco Placidi, “Cirano deve morire”, giunge nella capitale: il 16 e 17 marzo, infatti, va in scena presso il Teatro Palladium di Roma Tre, dopo il successo registrato la scorsa stagione al Teatro Vascello.

Leonardo Manzan ha sottolineato perché il rap in questo tempo è il linguaggio migliore per parlare di amore e tradimenti, lodando l’impegno dei giovani attori nel recitare battute a ritmi indiavolati.

Dissing rappati come espediente diegetico… Qual è il ruolo del rap all’interno dello spettacolo “Cirano deve morire”?

“È molto semplice. Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand è scritto in versi e l’obiettivo era di mantenere ritmo, metrica e rima attualizzandole. Ma questo non basta. Il rap non è solo un vestito nuovo che abbiamo dato al testo originale ma amplifica significati e caratteristiche essenziali dell’opera di Rostand. Cirano è un personaggio combattivo, irriverente, nemico a viso aperto dell’ipocrisia e dell’impostura e il rap è un genere musicale di forte denuncia sociale che quindi si sposa perfettamente con la verve polemica del protagonista. Inoltre Cirano è un abile spadaccino e un formidabile poeta. Un eroe che affronta i nemici con la spada e con la rima e in più di un’occasione nel testo originale lo vediamo ingaggiare con i suoi nemici duelli in rima improvvisata. Esattamente quello che accade nei freestyle rap. Cirano è il primo ‘dissatore’ della storia.”

“Cirano deve morire” ha vinto nel 2018 il bando Biennale College indetto dalla Biennale Teatro di Venezia: qual è la carta vincente dello spettacolo?

“Nessun segreto da rivelare. È un’idea intelligente, una riscrittura interessante dell’originale che dà voce al personaggio femminile raccontando la storia dal suo punto di vista e innovativa per l’uso del linguaggio. Ma soprattutto – come tutti gli spettacoli che funzionano – è scritto bene, diretto bene, recitato bene!”

Qual è stato il lavoro fatto sugli e con gli attori per arrivare ad un risultato così diverso dall’originale?

“Da profani del rap ci siamo tutti immersi in mesi di studio e prove musicali per far comunicare il testo originale con questa intuizione che andava messa alla prova. Gli attori hanno passato giornate intere a sillabare sul beat. In scena l’idea era quella di abbandonare la dimensione del teatro recitoso e abbracciare una restituzione scenica più frontale, esposta, in diretto e costante contatto con il pubblico proprio come accade in un concerto. Abbiamo insomma giocato a fare le rockstar, cosa di cui ci sarebbe più bisogno in teatro.”

L’approccio allo spettacolo è avanguardistico, con elementi ‘fuori tempo’: un consiglio affinché il pubblico non si smarrisca all’interno di questa moderna performance teatrale?

“Forse sarà avanguardistico per l’ambiente teatrale che ancora vive nell’800, ma non direi che gli elementi di cui ci serviamo nello spettacolo siano “fuori tempo”. Io da spettatore del 2000 vorrei ricevere piuttosto dei consigli su come non smarrirmi all’interno di certe antiche performance teatrali. In ogni caso tutti gli ingredienti (il rap, il dj in scena, le luci motorizzate, l’impalcatura di tubi metallici, la recitazione frontale) servono a restituire l’idea del concerto e a rinforzarsi reciprocamente nella scelta radicale di aderire a questa riscrittura. Tutto però concorre a raccontare, dal punto di vista di Rossana, la semplice e meravigliosa storia d’amore e inganno tra Cirano, Cristiano e Rossana. Per cui basta entrare in sala e lasciarsi catturare dalla vicenda.”

— Onda Musicale

Segui la pagina Facebook di Onda Musicale
Leggi anche

Altri articoli