Il 5 giugno, l’evento “Suonare la città” a cura di Lara Conte e Francesca Gallo, performance, ascolto e attraversamenti sonori
nel cuore della Garbatella
Una giornata per ascoltare la città, abitare i suoi silenzi e i suoi rumori, restituire una pluralità di voci. Il 5 giugno 2025 il Teatro Palladium e le strade della Garbatella diventano palcoscenico di Suonare la città. Dall’azione all’ecologia dell’ascolto, un progetto che intreccia ricerca accademica, pratiche artistiche e partecipazione urbana. A cura di Lara Conte e Francesca Gallo, l’iniziativa si sviluppa nell’ambito del PRIN PNRR ASE – Art Sound Environment: Towards a New Ecology of Landscape, percorso di indagine che ripensa il paesaggio contemporaneo attraverso il suono e le sue forme ecologiche.
L’evento
Il titolo evoca e rinnova l’azione visionaria di Giuseppe Chiari, Suonare la città, che nel 1969 trasformò Como in un’orchestra improvvisata. Una partitura collettiva che invitava a risignificare lo spazio urbano attraverso la partecipazione sonora. Oggi, quell’azione si riattualizza con nuove domande: cosa significa ascoltare una città nel 2025? Quali suoni emergono dai suoi margini, dalle sue case, dai suoi attraversamenti quotidiani?

Il programma di “Suonare la città
La giornata si apre alle ore 14:30 al Teatro Palladium con i saluti istituzionali di Anna Lisa Tota, Prorettrice Vicaria dell’Università Roma Tre, e di Luca Aversano, Direttore del Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Roma Tre. A seguire una tavola rotonda dedicata a Chiari, con studiosi, curatori e testimoni del suo lavoro – da Mario Chiari a Giulia Pedace, da Pasquale Fameli a Livia De Pinto e Daniele Vergni, passando per i contributi di dottorandi e di giovani ricercatori. Un confronto aperto sulle risonanze contemporanee del suo pensiero.
Alle ore 17:30, avrà luogo l’azione di Mauro Folci, dell’Azione negatrice, che evidenzia le trasformazioni dell’umano a partire dalle riflessioni di Kojève sulla condizione post-storica. Alle 18:00, la camminata di ascolto alla Garbatella, con un intervento dell’artista canadese Julie Faubert realizzato in collaborazione con Daniela Angelucci e Francesco Careri, esplora il quartiere come paesaggio da ascoltare. Mentre alle 19:00, la performance Ritratto di M. di Sara Basta e Marzia Coronati, in collaborazione con Iuno, Roma, porta nel cuore della strada frammenti sonori di intimità domestica, trasformati in segni collettivi.
Gran finale alle 21:00 al Teatro Palladium con Alvin Curran, figura iconica della musica sperimentale, che presenta Endangered Species, progetto solista in costante divenire, alimentato da un archivio di circa tremila suoni raccolti nell’arco di oltre sessant’anni di attività. Frammenti di voci, ambienti naturali, strumenti, oggetti quotidiani, tutti trasformati in materiale musicale grazie a un campionatore MIDI e intrecciati in tempo reale con un pianoforte a coda. L’effetto è un affresco sonoro in continua riscrittura, dove ogni performance si fa unica e irripetibile.
Intervista a Lara Conte
Il 5 giugno performance, ascolto e attraversamenti sonori nel cuore della Garbatella. Suonare la città. Dall’azione all’ecologia dell’ascolto è un progetto che intreccia ricerca accademica, pratiche artistiche e partecipazione urbana che vedrà anche la presenza dell’ ospite speciale Alvin Curran con Endangered Species.
Abbiamo intervistato sull’iniziativa del PRIN PNRR ASE – Art Sound Environment, Lara Conte co-curatrice con Francesca Gallo
dell’appuntamento al Teatro Palladium di Roma.

Partendo dal lavoro straordinario di Chiari, cosa può significare oggi ascoltare una città?
Una delle prime e memorabili elaborazioni di Suonare la città coincise con la rassegna Campo Urbano, a Como nel 1969, quando venne coinvolta la cittadinanza che scese per strada con strumenti improvvisati – pentole, sonagli, attrezzi vari – e invase giocosamente le strade del centro storico comasco producendo un concerto attraverso un’irriverente appropriazione
dello spazio pubblico.
Da allora molte ricerche si sono succedute, sottolineando quanto la dimensione acustica sia un aspetto fondamentale dell’esperienza e della comprensione dello spazio urbano: aggiungendo al rumore di fondo delle nostre città suoni più o meno raffinati e/o spontanei, predisponendo all’ascolto selettivo, evocando le trasformazioni del paesaggio sonoro corrispondenti all’evoluzione della composizione sociale, politica e culturale delle comunità. Ci siamo pertanto chiesti che dimensione possa
assumere oggi una riproposizione di Suonare la città e l’idea è stata quella di spostare la riflessione dalla produzione del suono alle forme dell’ascolto.
Attraverso momenti di dibattito, performance e una camminata di ascolto artist* visiv, musicist e ricercator* si confronteranno sulle potenzialità poetiche e politiche del suono all’incrocio con le arti visive.
Il programma coinvolge artisti come Julie Faubert, Mauro Folci e Alvin Curran: come avete costruito il dialogo tra generazioni, linguaggi e approcci alla relazione tra arte e suono?
Le varie generazioni coinvolte sono proprio il segno tangibile di come l’eredità della ricerca e della pratica di Giuseppe Chiari siano germogliate in plurime direzioni, di quanto il suo lavoro sia ancora vivo e conosciuto da diversi artisti. Alvin Curran è stato per un certo periodo un compagno di strada di Chiari, anche se con una formazione e un percorso più interno alla tradizione musicale d’avanguardia. Folci, invece, appartiene a un nutrito nucleo di artisti che usa il lavoro di Chiari nella dimensione didattica, per esempio, per decostruire alcuni stilemi della performance, e ricorre al linguaggio verbale in maniera sistematica. Julie Faubert e Sara Basta, infine, si muovono da posizioni completamente diverse ed autonome rispetto alla genealogia che viene da Cage e passa per Chiari, hanno assunto posture più prettamente di genere nell’approccio all’ascolto
e alla produzione sonora.
A partire da questa esperienza, quale futuro immaginate per una “ecologia dell’ascolto” nelle nostre città? Può diventare una nuova chiave per progettare lo spazio urbano?
Ascoltare la città è un atto di cura che permette di ribaltare stereotipi e rapporti di forza dominanti. Il coinvolgimento di artisti e artiste che a vario modo lavorano sul suono fornisce nuove prospettive per sensibilizzare in una maniera sempre più incisiva le comunità alle questioni ecologiche e ambientali, alle problematiche relative all’identità del paesaggio naturale e
antropizzato.
“Suonare la città” riprende idealmente l’azione di Giuseppe Chiari del 1969: cosa significa oggi, nel 2025, restituire una città alla sua dimensione sonora?
Una delle prime e memorabili elaborazioni di Suonare la città coincise con la rassegna Campo Urbano, a Como nel 1969, quando venne coinvolta la cittadinanza che scese per strada con strumenti improvvisati – pentole, sonagli, attrezzi vari – e invase giocosamente le strade del centro storico comasco producendo un concerto attraverso un’irriverente appropriazione
dello spazio pubblico.
Da allora molte ricerche si sono succedute, sottolineando quanto la dimensione acustica sia un aspetto fondamentale dell’esperienza e della comprensione dello spazio urbano: aggiungendo al rumore di fondo delle nostre città suoni più o meno raffinati e/o spontanei, predisponendo all’ascolto selettivo, evocando le trasformazioni del paesaggio sonoro corrispondenti all’evoluzione della composizione sociale, politica e culturale delle comunità. Ci siamo pertanto chiesti che dimensione possa
assumere oggi una riproposizione di Suonare la città e l’idea è stata quella di spostare la riflessione dalla produzione del suono alle forme dell’ascolto.
Ascoltare la città è un atto di cura che permette di ribaltare stereotipi e rapporti di forza dominanti. Il coinvolgimento di artisti e artiste che a vario modo lavorano sul suono fornisce nuove prospettive per sensibilizzare in una maniera sempre più incisiva le comunità alle questioni ecologiche e ambientali, alle problematiche relative all’identità del paesaggio naturale e
antropizzato.
Il progetto si inserisce all’interno di un percorso di ricerca accademica come ASE – Art Sound Environment. In che modo il suono può diventare uno strumento critico per leggere e ripensare il paesaggio urbano contemporaneo?
Il nostro progetto PRIN PNRR ASE – Art Sound Environment: Towards a New Ecology of Landscape si propone di analizzare il rapporto tra arte, suono e paesaggio nelle ricerche artistiche italiane dagli anni Sessanta a oggi, con particolare attenzione agli interventi processuali, installativi e partecipativi, realizzati all’aperto, sovente in luoghi decentrati, periferici e marginali della penisola.
Queste pratiche sollecitano simultaneamente più canali sensoriali: non solo la vista, ma anche il tatto e l’udito, dando vita ad esperienze corporali totali, sinestetiche e immersive, capaci di sensibilizzare in una maniera sempre più incisiva i fruitori e le comunità alle questioni ecologiche e ambientali, alle problematiche relative all’identità del paesaggio naturale e antropizzato.
Si tratta di interventi sovente effimeri, legati alla temporaneità della singola mostra, ai processi del divenire della natura, alla precarietà, residualità e biodegradabilità dei materiali impiegati, che necessitano pertanto di specifiche modalità di studio e di catalogazione per trasmettere al futuro la loro conoscenza e quindi per ampliarla in una prospettiva di ricezione transdisciplinare che tenga conto delle pratiche della cura, dell’ecologia dell’ascolto, della marginalità come valore culturale e creativo. In questa prospettiva di analisi e di ricerca la contaminazione linguistica apre nuovi spazi interstiziali, nuove prospettive di indagine e di storicizzazione non lineari che smuovono il canone della “grande narrazione” della storia dell’arte,
progressista, centrale, dominante.
A partire da queste considerazioni nell’ambito del progetto di ricerca stiamo realizzando una mappatura degli interventi artistici ambientali e sonori realizzati sul territorio italiano: un archivio multimediale che raduna materiali documentativi (testuali, visivi e sonori) relativi a questi interventi.
La giornata del 5 giugno alla Garbatella mette in dialogo performance, ascolto e partecipazione. Quanto è importante, in un progetto del genere, il coinvolgimento diretto delle persone e più in generale dello spazio pubblico?
Negli anni Sessanta e Settanta la partecipazione era una parola d’ordine dirompente, che convergeva verso la messa in discussione di gerarchie culturali e di potere. Oggi essa ha assunto un valore completamente diverso, anche grazie alla pervasività della rete e della comunicazione di massa: questo è uno dei motivi per cui non ci sembra aver più molto senso
ripetere la dimensione spontanea e assembleare di Suonare la città oggi, ma abbiamo preferito puntare invece sulla rivalutazione dell’ascolto come premessa per una partecipazione che sia effettivamente tale, che possa basarsi sul dialogo e sulla reciprocità.