Da Pete Best a Ian Stewart, il mondo del rock è pieno di storie di musicisti che non hanno ottenuto il successo, pur sfiorandolo. Andrea La Rovere ha raccolto trenta vicende in Magnifici Perdenti.
I Magnifici Perdenti di Andrea La Rovere sono dunque quei personaggi, scelti non solo in ambito musicale, che avevano tutte le carte in regola per sfondare, ma non ce l’hanno fatta. Sì, perché a volte il talento non basta per entrare nel grande giro o – addirittura – nella leggenda. Eppure, spesso proprio tra le pieghe di queste storie si trovano grandi emozioni e qualche insegnamento.
“𝑃𝑒𝑛𝑠𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑖𝑎 𝑛𝑒𝑐𝑒𝑠𝑠𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑒𝑑𝑢𝑐𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑒 𝑔𝑒𝑛𝑒𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑎𝑙 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑐𝑜𝑛𝑓𝑖𝑡𝑡𝑎. 𝐴𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑢𝑎 𝑔𝑒𝑠𝑡𝑖𝑜𝑛𝑒. 𝐴𝑙𝑙’𝑢𝑚𝑎𝑛𝑖𝑡𝑎̀ 𝑐ℎ𝑒 𝑛𝑒 𝑠𝑐𝑎𝑡𝑢𝑟𝑖𝑠𝑐𝑒. 𝐴 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑟𝑢𝑖𝑟𝑒 𝑢𝑛’𝑖𝑑𝑒𝑛𝑡𝑖𝑡𝑎̀ 𝑐𝑎𝑝𝑎𝑐𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑣𝑣𝑒𝑟𝑡𝑖𝑟𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑢𝑛𝑎𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑑𝑒𝑠𝑡𝑖𝑛𝑜, 𝑑𝑜𝑣𝑒 𝑠𝑖 𝑝𝑢𝑜̀ 𝑓𝑎𝑙𝑙𝑖𝑟𝑒 𝑒 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑚𝑖𝑛𝑐𝑖𝑎𝑟𝑒 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑖𝑙 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑒 𝑙𝑎 𝑑𝑖𝑔𝑛𝑖𝑡𝑎̀ 𝑛𝑒 𝑠𝑖𝑎𝑛𝑜 𝑖𝑛𝑡𝑎𝑐𝑐𝑎𝑡𝑖. 𝐴 𝑛𝑜𝑛 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑛𝑖𝑟𝑒 𝑢𝑛𝑜 𝑠𝑔𝑜𝑚𝑖𝑡𝑎𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑠𝑜𝑐𝑖𝑎𝑙𝑒, 𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑎𝑟𝑒 𝑠𝑢𝑙 𝑐𝑜𝑟𝑝𝑜 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑟𝑟𝑖𝑣𝑎𝑟𝑒 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑜.”
A pronunciare queste parole fu Pier Paolo Pasolini, e la sua citazione suona oggi ancora più attuale. Quanti problemi psicologici e sociali arrivano più o meno direttamente dalla cultura del vincente a tutti i costi?
Andrea La Rovere da anni si occupa di raccogliere queste storie, con correttezza storica e filologica inappuntabile, ma anche con l’approccio del narratore. L’autore, infatti, oltre a essere vicedirettore della nostra testata, è un apprezzato autore di narrativa; il suo Insonnia, raccolta di racconti d’esordio, ha vinto il prestigioso Premio dell’Editoria Abruzzese e il seguito, Incipit, è da poco uscito.
Magnifici Perdenti raccoglie invece una serie di articoli scritti per Auralcrave, che ha edito il volume, e altri inediti. Le storie sono divise in quelle rock, di cui ci occuperemo, e in altre che raccontano personaggi sportivi, dal tennis alla Formula 1.

Un breve sguardo alle storie musicali che trovate nel volume.
Si parte da Roy Buchanan, grandissimo chitarrista blues dalla vita violenta e sfortunata. Il musicista era conosciuto come il miglior chitarrista sconosciuto del mondo, grazie al titolo di un documentario che gli diede quel po’ di fama. Secondo la versione più accreditata, Roy rifiutò la chiamata dei Rolling Stones, proprio per preservare il suo sound senza compromessi.
Abbiamo poi la vicenda di Terry Reid, apprezzato cantante e chitarrista britannico di fine anni Sessanta. Terry ebbe la possibilità di entrare sia nei Led Zeppelin che nei Deep Purple, ma ambedue le volte rifiutò. La sua scelta gli negò il successo planetario, ma gli garantì la possibilità di portare avanti una carriera di culto e senza compromessi.
E, a proposito di Deep Purple, troviamo anche la vicenda di Rod Evans, la prima voce della band. Il cantante fu con la band di Blackmore fin dal primo dischi e per tre album. Poi, quando i Deep Purple stavano per fare il botto con In Rock, Rod venne sostituito da Ian Gillan. Chissà, magari il risultato non sarebbe stato lo stesso, ma rimane comunque una storia eccezionale.
Così come quella, più nota, di Pete Best. Il primo batterista dei Beatles condivide con Evans un destino simile, quello di essere sostituito – da Ringo Starr, nel suo caso – proprio alla vigilia del grande successo. Per alcuni, Pete pagò il fatto di avere un aspetto fisico che surclassava gli altri componenti della band, per altri era invece scarso tecnicamente. Fatto sta che, mentre la beatlemania imperversava, lui finì a lavorare all’ufficio di collocamento di Liverpool.
Ancora più surreale la storia di Ian Stewart, pianista dei Rolling Stones fin dagli inizi. Ian venne messo da parte dal management del complesso perché la sua immagine non ricalcava lo stereotipo della rockstar maledetta. Ian, grande musicista e persona semplice e umile, accettò di fare l’autista e di suonare non accreditato, pur di rimanere negli Stones.
Più sfumata la vicenda di Bob Klose, primo chitarrista dei Pink Floyd, quando la band ancora non si chiamava così. Sebbene per Richard Wright Bob fosse all’epoca il migliore tecnicamente tra i componenti dei Pink Floyd, fu lo stesso Klose ad abbandonare il progetto. I motivi furono di studio; negli anni, Bob è diventato un apprezzato fotografo e si è poi ritrovato a suonare anche con David Gilmour.
C’è spazio anche per una storia italiana, quella del cantautore maledetto Piero Ciampi. Piero fu un vero personaggio di culto della musica italiana tra gli anni Sessanta e Settanta. Più poeta di De André, più maledetto di Bukowski e dedito ad alcol e gioco d’azzardo, Piero ci ha lasciato un inestimabile patrimonio di canzoni d’autore.
Questo per quanto riguarda le storie di musicisti raccontate da Andrea La Rovere; le altre storie, però, sono altrettanto interessanti e tutte da scoprire. Si va dalla storia dell’Olanda del 1974, la squadra che rivoluzionò il calcio senza però vincere i Mondiali a quella di El Trinche, sorta di Maradona ante litteram che non vinse mai nulla.
Si parla di tennisti come Tappy Larsen, reso pazzo dalla guerra e che credeva che un uccello gli stesse sulla spalla mentre giocava; o ancora dell’immenso talento di Mecir, vanificato dal fisico di cristallo, e di Satoh, che si suicidò per non giocare la Coppa Davis. Incredibili anche le storie da Formula Uno di Mike Beuttler, unico pilota a dichiararsi gay della storia, o di Stirling Moss, l’asso inglese che non vinse mai il Campionato del Mondo.
Insomma, Magnifici Perdenti è il libro di Andrea La Rovere che non può mancare nella libreria dell’appassionato del rock. Perché, come scritto nella prefazione di Carlo Affatigato: “Andrea La Rovere è un cantastorie puro. Di quelli che non esistono più. Riesce a penetrare dentro le fibre della realtà tangibili in modo da accedere ciò che dentro essa è nascosto.”
“E sapere che si può rinascere anche di fronte a clamorose sconfitte può capovolgere il modo in cui viviamo ogni giorno.”