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Budapest: presentazione del libro “Gábor Szabó – Il jazzista dimenticato”, di Stefano Orlando Puracchio

Sabato 10 settembre 2022, lo scrittore italo-ungherese Stefano Orlando Puracchio ha presentato il suo libro “Gábor Szabó – Il jazzista dimenticato” (Demian Edizioni, 2022), alla casa della cultura Virág Benedek, nel primo distretto di Budapest.

A moderare la presentazione il giornalista Andrea Parente, insieme all’interprete István (Stefano) Cobino, che ha curato la traduzione dall’italiano all’ungherese. L’evento ha avuto il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura di Budapest.

La presentazione del libro:

Andrea: «Salve a tutti. Innanzitutto volevo ringraziare la casa della cultura Virág Benedek per aver ospitato questa presentazione, oltre ad un ringraziamento doveroso all’Istituto Italiano di Cultura di Budapest, che ha dato il patrocinio a questa presentazione. Oggi ci troviamo qui per ricordare un jazzista dimenticato. “Gábor Szabó – Il jazzista dimenticato”, infatti, è il titolo del libro di Stefano Orlando Puracchio. Parliamo, quindi, di un jazzista che meriterebbe di essere in una collocazione molto più ampia di quella in cui si trova. Ed è il chitarrista ungherese Gábor Szabó

Da sinistra: Andrea Parente, Stefano Orlando Puracchio e István (Stefano) Cobino.

Stefano: «Gábor Szabó è stato un uomo di grande talento nel campo della musica che, purtroppo, nel momento in cui è diventato leader di una band e ha trovato un contratto con una delle case discografiche più importanti del settore, non è stato trattato come meritava. I responsabili della Impulse Records, quindi, l’hanno trattato come uno stregone esotico venuto dall’est Europa. Chiariamo che, la curiosità vista dagli americani in Szabó, non aveva niente di curioso a ben vedere.

Szabó ha unito il jazz americano degli anni 1950 con la lezione dei compositori ungheresi Béla Bartók e Zoltán Kodály. Lo so che sto semplificando, ma è importante far capire che la fusione di questi due aspetti ha creato, tramite Szabó, una terza via originale e meritoria. La decisione della Impulse di puntare sulla curiosità e non sui reali meriti di Szabó ha provocato che il suo nome andasse in cima all’attenzione del pubblico. Ricordiamolo: negli anni 1960, il nome di Szabó circolava. Anche la rivista Down Beat, la bibbia del jazz, parlava di Szabó. Però, se punti sulla curiosità, l’attenzione sì sale, ma scende altrettanto rapidamente. Sarebbe stato meglio puntare sui meriti, ma la decisione della Impulse fu presa in tal senso. Noi, purtroppo, non possiamo farci niente. Se non cercare di raddrizzare il torto.

Il primo in assoluto ad aver raddrizzato il torto è stato il collega scrittore ungherese Libisch Károly, che è seduto tra il pubblico e che ringrazio. Il secondo sono stato io e il primo in Italia, con “Gábor Szabó – Il jazzista dimenticato”. E, se Dio vuole, uscirà anche un libro in inglese che, sia il collega che io, attendiamo in trepidante attesa. La speranza è che ci sia un ritorno d’interesse sull’opera di Szabó. Noi, come autori, ci mettiamo tutta la buona volontà di questo mondo. Tuttavia, anche coalizzandoci, non abbiamo il potere di poter fare una campagna in supporto al ricordo di questo grande artista.»

La speranza, quindi, è che le istituzioni – soprattutto quelle ungheresi, visto che Szabó era ungherese – prendano più seriamente questo tema. Anche perché, parlando fuori dalle righe, Gábor Szabó rappresenta un asset culturale che potrebbe essere sfruttato molto a livello di pubblicità e di promozione del Paese.

Stefano Orlando Puracchio

La dedica:

Stefano: «Prima di passare a eventuali domande da parte del pubblico, vorrei ricordare una mia collega giornalista che è venuta a mancare prima dell’estate e che ha collaborato anche a “Gábor Szabó – Il jazzista dimenticato”, Manuela Romitelli. Nell’ultimo periodo le sue condizioni di salute erano peggiorate ma lei ci teneva moltissimo a poter vedere almeno il video del concerto di Ádám Török e degli altri musicisti. Quindi, penso che sia bello ricordarla così.»



István: «Se permettete, mentre il pubblico pensa alle domande, vorrei dire due parole a nome dell’Istituto Italiano di Cultura perché me lo ha chiesto il direttore.» [l’interprete parla in ungherese descrivendo in maniera puntuale le attività dell’Istituto Italiano di Cultura a Budapest incluso un ringraziamento ulteriore alla casa della cultura Virág Benedek, ndr].

Le domande del pubblico:

  • “Qual è il disco più rappresentativo, quello che fa risaltare di più l’anima ungherese con le contaminazioni?”

Stefano: «Secondo me, l’album da cui si deve partire è Dreams, pubblicato nel 1968. Poi, successivamente, consiglierei tutti gli album pubblicati con la Skye Records. Questa è una scelta di comodo, lo ammetto. Però è anche vero che il periodo in cui Szabó ha avuto più “tranquillità” è stato il periodo in cui ha lavorato per la Skye. Di certo, non nel periodo Impulse. Il periodo Skye è stato un periodo molto interessante a livello qualitativo. Inoltre, con la Skye, ha pubblicato tanti album in un lasso di tempo molto breve. Dreams, per partire. Poi, ognuno va dove vuole.»

  • “Chick Corea e tanti altri artisti citano Szabó come un modello ideale o qualcuno da cui hanno imparato tanto. Perché è stato dimenticato?”

Stefano: «Un artista che è riuscito ad entrare alla prestigiosa scuola di Berklee [College of Music] da autodidatta…un artista che è stato chiamato dal batterista Chico Hamilton…un chitarrista che è stato, praticamente, il mentore di Carlos Santana…un musicista che ha collaborato con gente di spessore, ad esempio, come lei ha citato, Chick Corea, oppure con la leggenda vivente Ron Carter, uno dei migliori contrabbassisti e bassisti esistenti. Con tutti questi elementi, uno penserebbe che sia la persona più nota dell’universo.

Però, poi, noi ci troviamo qui a parlare di un chitarrista che, nonostante tutte queste cose, non è conosciuto dal grande pubblico. Le motivazioni sono tante. E ne sto sottacendo una: Szabó viene accusato da molti jazzisti di aver fatto cover di pezzi pop appena usciti. Questo è uno dei problemi. Però, secondo me, il problema principale è che è stato descritto dalla Impulse come uno stregone esotico venuto dall’est.»

Il “male” di essere autodidatta…

Nel tempo, il mondo jazzistico, ha vissuto un po’ di superficialità, sia riguardo le persone, che gli avvenimenti. Szabó aveva due particolarità: la prima, come ha detto Stefano, era autodidatta; la seconda, invece, era il suo sistema di amplificazione della chitarra. Per i jazzisti, questi due aspetti non erano ben visti. E questo ha fatto sì che si creasse un’informazione non corretta attorno a questo grande jazzista. Il libro “Gábor Szabó – Il jazzista dimenticato” , difatti, ha la finalità di sciogliere la superficialità che si è creata attorno al chitarrista ungherese.

Andrea Parente

  • Cosa ha spinto l’autore a strutturare il libro nel modo in cui, poi, ha deciso di strutturarlo? Quali sono le motivazioni?

Stefano: «Il libro “Gábor Szabó – Il jazzista dimenticato” necessita di pensare “da italiano” e non “da ungherese”. Quindi, azzeri il background culturale e ti chiedi: “Ma cosa sa un italiano medio dell’Ungheria?”. Di conseguenza, nelle prime trenta pagine ho dovuto raccontare la storia ungherese dal 1936 al 1956. Anche perché, in Italia, noi alle scuole superiori ci fermiamo alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Già la guerra fredda non la studiamo a scuola. Figuriamoci se un italiano medio può sapere cos’ha significato il secondo dopoguerra in Ungheria, cosa ha potuto significare il 1956 ma, addirittura, il post 1918, eccetera, eccetera, eccetera.

Se non si sa cosa significa per un ungherese aver vissuto determinati eventi storici, non si può capire come mai, poi, Szabó sia riuscito ad arrivare negli Stati Uniti, a bruciare le tappe, e, infine, a firmare un contratto da leader con una delle migliori case discografiche jazzistiche statunitensi. Anche qui, per rispondere, ho dovuto fare dei salti mortali ma spero di esser riuscito a rispondere in modo corretto alla domanda. Direi che è arrivato il momento di lasciare spazio alla musica.»

L’omaggio musicale a Gábor Szabó:

La presentazione del libro “Gábor Szabó – Il jazzista dimenticato” si è conclusa con un omaggio musicale a Gábor Szabó.

Török Ádám: flauto e percussioni
Fehér Ádám: chitarra
Németh Károly: tastiera

Da sinistra: Németh Károly, Fehér Ádám e Török Ádám.

Gábor Szabó, A Tribute (con Ádám Török e Ádám Fehér Duó – Special Guest Károly Németh).

La performance musicale:

  • Mizrab (Gábor Szabó)
  • Sombrero Sam (Charles Lloyd)
  • Evening in the Country (da Bartók)

Nota: La scelta dei brani copre tre aspetti della carriera di Szabó:

  • Brano originale di Szabó
  • Brano di un collega jazzista che Szabó ha rielaborato (vedi pp. 137-138 del libro)
  • Brano di Bartók rielaborato fa Szabó

Piccola curiosità: “Quando Török Ádám e Szabó Gábor hanno suonato alla jam insieme, Szabó ha suonato “Sombrero Sam”. Da quel momento, Ádám ha incluso il brano nel suo repertorio” (Stefano Orlando Puracchio).

Il libro:

Stefano Orlando Puracchio, “Gábor Szabó – Il jazzista dimenticato” (Demian Edizioni, 2022).

— Onda Musicale

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