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Across The World: “Brasile – capitolo 6”

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Strana lingua. Stavo passeggiando per le vie sterrate del villaggio con le mie compagne di viaggio; il caldo sole pomeridiano si faceva sentire e attorno a noi si percepiva un clima di siesta.

Noi ragazze chiacchieravamo amabilmente, assorte nell’atmosfera di tranquillità e pace che avvolgeva Pedra de Agua. Al sentire le nostre voci una donna uscì dalla sua capanna e dopo averci sorriso amichevolmente ci invitò ad entrare e sedere accanto a lei.

Era intenta a ricamare una tovaglia con un bel verde acceso e ci disse che sarebbe stata felice se avessimo potuto continuare la nostra conversazione nella sua stanza, così poteva ascoltarci parlare quella lingua così strana. Tolleranza, condivisione, apertura mentale, accoglienza.

Quella donna mi ha dimostrato tutto questo con un semplice gesto: aprendo la porta di casa sua. Non le importava chi fossimo, da dove venissimo, il motivo che ci aveva portate lì; aveva però la voglia di stare con noi ed io, seduta a gambe incrociate sul pavimento di terra battuta mi sono sentita benvenuta come poche volte nella mia vita.

 

La strada per un futuro migliore. È difficile comprendere certe situazioni finché non ci si immerge completamente e non certo solo per una settimana e anche un’esperienza di trentotto anni come quella di Luis non è a suo dire sufficiente. È difficile anche parlare di popolazioni arretrate senza conoscere le radici che questa loro situazione attuale ha. Ho visto negli occhi della gente del villaggio uno sguardo di riguardo e un atteggiamento quasi di sottomissione verso le persone bianche; mi sono sentita in colpa e a disagio a mangiare servita a tavola, mentre loro attendevano i nostri avanzi da consumare poi in cucina. A nulla sono serviti gli inviti miei e delle mie compagne a pranzare tutti insieme, o le esortazioni a non lavare i piatti nel nostro alloggio.

Questi gesti di sottomissione nei nostri confronti sono stati oggetto di accese discussioni con il missionario una volta rientrate a casa sua nella città di João Pessoa. La sua missione è proprio quella di aiutare queste persone a reclamare la loro dignità, ad uscire dal pregiudizio di inferiorità che è stato loro inculcato dagli schiavisti bianchi.

Lo stato brasiliano è ancora in lotta con i quilombos, non vuole riconoscere questi villaggi, la loro gente e non dà loro alcun diritto. Quello che sta cercando di fare lo Stato è confiscare tutti i terreni dove sorgono i villaggi per poterli sfruttare per la produzione di massa. Per ottenere questo spesso lo fa con metodi violenti, che non rispettano nessun diritto umano.

Cito solo alcune testimonianze che ho avuto l’occasione di ascoltare durante la mia esperienza in Brasile, a un seminario a Salvador e in alcune interviste registrate dai collaboratori di Luis. Ho sentito di gente che viene catturata dalla polizia, picchiata a sangue e poi reclusa perché potrebbe aver parlato dell’esistenza dei diritti umani agli abitanti del suo villaggio; c’è gente che da anni non vede la sua famiglia per questo motivo. Oppure ancora, campi di fagioli che sono l’unico sostento di molte persone che vengono distrutti dalle mandrie di bovini rilasciate apposta allo scopo dalla polizia statale.

Il problema è che questa gente non è nemmeno a conoscenza dell’esistenza di diritti che possono salvaguardarli, vivono nell’ignoranza a cui erano costretti durante l’incubo della schiavitù. Il lunghissimo lavoro che c’è quindi da fare è proprio istruire queste persone, nel senso di aprire loro gli occhi per mostrare che la loro vita non deve per forza essere così; devono trovare il coraggio di alzare la testa e prendere posizione di fronte agli sfruttamenti, senza sopportare più passivamente.

Non è un percorso facile né senza ostacoli, è un processo lento e pieno di difficoltà che comincia dalla scuola, dall’educazione che si cerca di dare a quei bambini che vivono sperduti nell’entroterra oppure per le strade delle favelas.

Padre Fernando- un comboniano che dirige un centro doposcuola a Sussuarana- ci ha raccontato di come spronano i bambini affinché non diventino come i loro genitori – dipendenti dall’alcool o spacciatori- ma che credano nei loro talenti e nel loro futuro, che sperino in un’educazione migliore e, malgrado le fatiche che questa può portare, che non cadano nella tentazione di seguire vie più semplici, come appunto la droga o la prostituzione.

Anche qui la speranza viene posta nelle generazioni future, nei bambini di oggi che saranno gli adulti di domani, sperando che passo dopo passo il mondo possa diventare per tutti un posto migliore.

L'ultimo capitolo pubblicato della serie "Brasile" è stato pubblicato in data 23 febbraio 2018 (leggilo a questo LINK) e prossimamente seguirà l'ultimo della seria.

 

Camilla Lorenzini – Onda Musicale

 

 

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Tags: Brasile/Camilla Lorenzini/Across The World
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