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Across The World: “Mozambico e Sudafrica – capitolo 2”

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Temos um problema: La Grande Cacca parte 1. Dopo la prima tappa di ambientazione a Maputo, il nostro viaggio doveva proseguire alla volta del Sudafrica, dove ci attendeva l’esplorazione del Kruger Park ed i safari nella savana.

Per poterci muovere in libertà e senza problemi (ahimè!), Vicente ci aveva procurato un’automobile degna delle nostre aspettative: la mitica, unica, insuperabile e irripetibile Grande Cacca I. Era un Pajero bianco/grigiastro un po’ malandato dagli anni e dal clima, appartenente ad un presunto autonoleggio di Maputo.

L’inizio della nostra avventura era già partito con qualche lieve sospetto sul funzionamento della nostra auto, in quanto l’assicurazione non era stata pagata e la revisione assente. Per fortuna che il mio pignolo papà ha insistito per controllare tutti i documenti, altrimenti ci avrebbero negato l’accesso alla frontiera sudafricana – dove sono in vigore ben altri standard di circolazione rispetto al confinante Mozambico. La nostra partenza da Maputo è stata quindi ritardata di un paio d’ore, durante le quali mio padre ha pagato l’assicurazione e pagato l’addetto alle revisioni perché affrancasse il bollo sul libretto, senza nemmeno dare un’occhiata veloce all’automobile.

Sistemati gli intoppi “puramente burocratici” abbiamo potuto riprendere la marcia, arrivando alla nostra destinazione sudafricana che era già buio profondo.

Si pensava di riposare un po’ la mattina, per recuperare le fatiche del lungo viaggio; ma non appena abbiano intravisto alle prime luci dell’alba i facoceri che passeggiavano fuori dalla nostra finestra e le scimmiette che correvano sui rami degli arbusti nel giardino del lodge, tempo pochi minuti ed eravamo tutti a bordo del nostro veicolo (al momento ancora non battezzato), pronti per affrontare la nuova giornata con entusiasmo.

L’esplorazione del parco è stata avvincente: dopo aver visto centinaia di antilopi al pascolo e facoceri che razzolavano nelle sterpaglie, senza nemmeno accorgercene con anticipo ci siamo ritrovati davanti un immenso elefante solitario. Era solo il primo di tanti che si sarebbero poi presentati nei giorni seguenti, ma l’emozione provata per quel primo gigante delle praterie a passeggio nelle sue terre natie è stata irripetibile.

Nel pomeriggio, ormai quasi prossimo al tramonto, ci siamo fermati sul ciglio della stradina sterrata, di fianco ad un arbusto secco dietro al quale parevano esserci un branco di leoni: l’eccitazione era alle stelle! Abbiamo spento il motore per non spaventarli, i finestrini erano abbassati, il tettuccio aperto per godere al massimo dell’aria africana. Il tempo passava e a parte qualche mugolio e gli avvoltoi che si radunavano tutt’attorno, dei leoni non vi era nessuna traccia visiva.

Visto che entro l’ora del tramonto bisognava uscire dal parco e che eravamo piuttosto inoltrati nelle strade che portavano verso l’interno, abbiamo deciso di lasciar perdere e dirigerci verso l’uscita. Il Kruger Park ha una superficie di 19.633 km2 e i tempi di percorrenza sono molto lunghi, dovuti alle strade sterrate e all’impossibilità di superare i 50 km/h per non rischiare di ferire la fauna.

Peccato che la nostra fedele automobile non ne voleva sapere di ripartire: non dava cenni di vita. Ipotizzando che probabilmente la batteria fosse completamente a terra, subito dopo abbiamo realizzato di essere fermi nel mezzo della savana, al tramonto, con i finestrini spalancati e i leoni a pochi metri da noi (che però continuavano a stare nascosti). Dulcis in fundo, il nostro cellulare d’emergenza con numero mozambicano era fuori servizio.

Non ci siamo però fatti prendere dal panico! Per fortuna non eravamo i soli ad esplorare il parco e, trovandoci fermi nel mezzo del cammino, una gentile signora sudafricana con un SUV si è offerta di chiamare in soccorso per noi i rangers del Kruger. Comunicata la nostra posizione dovevamo solo rimanere in attesa.

Dopo circa 40 minuti è sopraggiunta la Jeep dei guardaparco, ai quali abbiamo spiegato la situazione. Concordando sul fatto che probabilmente la causa della nostra fermata fosse la batteria, sono ripartiti alla volta del campo più vicino per trovare i cavi necessari a far ripartire il Pajero (no, non li avevano con sé a bordo della loro mega Jeep …).

Dopo un’altra abbondante ora di attesa sono ricomparsi con i cavi e dopo qualche tentativo ci siamo rimessi in moto. I rangers ci hanno caldamente consigliato di cambiare la batteria ma ormai avremmo dovuto aspettare l’indomani, era troppo tardi; ci hanno però assicurato che saremmo arrivati fino al nostro alloggio, ad una condizione: non dovevamo assolutamente spegnere l’auto durante il tragitto.

Fin qui sembrava tutto risolto …. Via a tutta birra verso il nostro campo base! Stavamo percorrendo una strada abbastanza grande, ormai nell’oscurità,quando due veicoli della polizia ci hanno fatto segno di accostare: ancora! Questa giornata sembrava non voler finire … ci siamo avvicinati, abbiamo abbassato i finestrini e, con il motore rigorosamente acceso, abbiamo cercato di capire il motivo della fermata. La nostra auto non aveva i fari a norma, o meglio, nessuna luce/spia/tasto luminoso sembravano svolgere la funzione per la quale erano stati progettati; questo ci avrebbe causato un lungo controllo e probabilmente una multa.

Ho cercato di spiegare la situazione in breve tempo (“eh sì, abbiamo proprio bisogno di un meccanico, ma come sapete è chiuso al momento …”) e le nostre facce sfinite e sufficientemente preoccupate hanno fatto il resto: i poliziotti ci hanno esortati a recarci tempestivamente dal meccanico all’indomani, ma per il momento potevamo proseguire per raggiungere il nostro alloggio al più presto.

Quando abbiamo varcato il cancello del lodge ci siamo sentiti immensamente sollevati: la prima cosa che abbiamo fatto è stato battezzare la nostra compagna di sventure. Il nome di Grande Cacca (viaggiante – se va tutto bene), non glielo toglieva nessuno! (Ispirato al mitico film “Vita da Camper” che rappresentava molto spesso le nostre avventure “on the road”).

Il giorno seguentesiamo riusciti a trovare una specie di capannone dove svolgevano lavori di meccanica: dopo qualche ora di attesa la batteria è stata cambiata (dopo che il tecnico ha perso vari bulloni nel motore dell’auto e che ha unto i sedili con l’olio per lubrificare il tettuccio, che versava dal barattolo della Ricotta: il tettuccio ancora non si chiudeva – abbiamo rinunciato).

Insomma, a parte il fatto che le spie continuavano ad accendersi e spegnersi a piacimento (come quelle dell’albero di Natale in modalità “sparkling”), il tettuccio doveva restare aperto, il finestrino posteriore sinistro invece era chiuso e velato da una pellicola grigio scuro e che il conducente doveva entrare al suo posto passando dal sedile accanto perché non si apriva la sua porta, la Grande Cacca era di nuovo attiva e pronta a ripartire!

Alla prima sostaall’interno del Parco si è ripresentato lo stesso identico problema del giorno prima: fortuna che questa volta eravamo nel campo, dove ci hanno assistiti per resuscitare la batteria nuova e già persa. In realtà il problema non era la batteria: era l’auto!

La continuazione delle sventure in auto durante l’esplorazione del Sudafrica sarà pubblicata la prossima settimana in una seconda parte; l’ultimo articolo della serie “Mozambico e Sudafrica” è stato pubblicato il 04/04/2018.

Camilla Lorenzini – Onda Musicale

 

 

 

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