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“Sono un Tenente di polizia, mi chiamo Colombo”: storia di un detective sciatto ma geniale.

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Impermeabile color sabbia, completo color nocciola, camicia bianca e cravatta verde scuro. L’abbigliamento, non importa che sia sciatto oppure elegante, può diventare un marchio di fabbrica, rendere riconoscibile chi lo indossa con costanza.

Se poi a questo look assolutamente sbiadito e anomimo ci aggiungiamo un sigaro sempre acceso, una macchina sgangherata e un cane pigro e apatico, abbiamo completato l’identikit. Stiamo parlando di uno dei più conosciuti, amati e familiari detective della storia televisiva mondiale: Colombo!Talmente inconfondibile nel suo aspetto che pronunciarne il nome sarebbe stato un dettaglio in più. L’attore che dal 1968 al 2003 gli ha prestato le sue fattezze è stato il grande Peter Falk (1927-2011), celebre per il film “Angeli con la pistola”, ma divenuto un volto universalmente noto proprio grazie al personaggio del Tenente della Squadra Omicidi di Los Angeles.

Colombo – inizialmente chiamato Fisher (così compariva in alcune storie televisive di inizio anni Sessanta) – è la negazione totale del poliziotto per come ce lo potremmo immaginare, dato che il nostro immaginario ha assorbito la visione di innumerevoli stagioni di serie tv i cui protagonisti sono di regola giovani in forma smagliante, vestiti a modo e soprattutto alla guida di auto straordinariamente potenti e moderne (e qui il pensiero corre subito alla famosissima serie tedesca Squadra Speciale Cobra 11).

Fare il poliziotto non è cosa facile, soprattutto per il fatto che gli orari spesso non sono definiti, cosa che rende complicato l’avere una vita di coppia (o famigliare) priva di intoppi. Basti pensare a Montalbano: da una vita è fidanzato con Livia – residente a Boccadasse (GE) – e quando raramente gli capita di poter trascorrere del tempo con lei, puntualmente succede qualche imprevisto (generalmente un omicidio), seccatura che lo costringe a trascurarla. Il poliziotto, tra impegni di lavoro privi di orario e un carattere personale non sempre facile da gestire, spesso risulta essere un uomo solitario.

Colombo non si sottrae a questa descrizione: per più di un trentennio abbiamo saputo che è stato sposato con una donna che negli episodi egli ha nominato svariate volte, ma che non si è mai vista e che non sappiamo nemmeno lontanamente come si chiami. Nell’episodio “Che fine ha fatto la Signora Colombo?” [1990], il Tenente afferra un portaritratti in cui c’è una foto di donna che, dopo la confessione dell’assassina – l’agente immobiliare Vivian Dimitri – scopriremo essere la sorella della moglie. A questo proposito, è interessante riportare la dichiarazione di Falk, il quale una volta spiegò come il fatto che Colombo iniziasse a nominare la moglie fosse un chiaro segnale che egli aveva capito chi fosse l’assassino.

Colombo pare non avere figli, ma nel corso della sua storia egli fa un riferimento abbastanza isolato a una bambina piccola, che ovviamente non vediamo.

Il suo compagno fedele è, strano a dirsi, un cane, un basset hound per il quale la vivacità è un concetto sconosciuto. Anche il cane, come la moglie, è privo di nome. Colombo invece un nome ce l’ha, dato che in un episodio si vede, quasi accidentalmente, il particolare di un documento in cui scopriamo che all’anagrafe risulta come Frank Colombo, quindi è un italoamericano.

Per spostarsi a Los Angeles e dintorni, Colombo utilizza una macchina che certamente non passa inosservata: una Peugeot 403 cabriolet, color grigio, datata 1952, tutta impolverata. Nel corso degli episodi la presenza del malandato veicolo è un segno tangibile del fatto che il Tenente è sul posto, intento ad indagare. Da notare è il fatto che il veicolo è privo di lampeggiante, o meglio, è fornito di un lampeggiante da collegare al relativo accendisigari (che ovviamente non funziona). Anche l’invisibile moglie ha la sua macchina, più vecchia di quella del marito (quindi possiamo solo vagamente immaginare come sia messa).

Dal personaggio spostiamoci ora a considerare la struttura narrativa e le caratteristiche degli episodi. La serie originale – sette stagioni, andate in onda in America tra il 1971 e il 1978 – era composta da episodi che duravano 70 minuti. Nel 1989, dopo una pausa più che decennale, fu la volta de “Il ritorno di Colombo”: Falk tornò a rivestire i panni del celeberrimo Tenente, impersonandolo in altre tre stagioni (oltre che in alcuni episodi speciali) sino al 2003, quando appese l’impermeabile al chiodo. Dopo 35 anni era giunto il momento di mandare in pensione il personaggio. Gli episodi girati a partire dalla fine degli anni Ottanta presentano una durata standard di 90 minuti.

Il classico episodio di Colombo, tranne qualche eccezione, è così strutturato:diversamente dal giallo inglese, dove il rinvenimento del cadavere mette in moto le indagini che porteranno all’identificazione dell’assassino (o dell’assassina), in Colombo lo spettatore assiste personalmente all’uccisione della vittima. L’autore (o l’autrice) del delitto sarà poi uno dei primi personaggi a parlare con il Tenente, mostrando una gentilezza e un’educazione un po’ eccessivi, o quantomeno sospetti, oltre a fingere stupore per la notizia della morte di colui che ha ucciso di persona. Colombo, com’è la prassi, interroga i presenti e raccoglie informazioni, assassino incluso. Nonostante i suoi dubbi, il caso molto spesso sembra avere una soluzione chiara e quasi ovvia. Ma, come puntualmente accade, qualcosa non convince il Tenente: incongruenze nei racconti dei presenti, oppure anomalie nel comportamento del principale sospettato.

L’assassino risponde alle domande di Colombo, il quale apparentemente si ritira soddisfatto. Ma dopo poco ricompare per dare avvio ad una sequenza di domande che, in un graduale crescendo di intensità, gli faranno capire che il tenente l’ha scoperto e quindi attende solo di raccogliere le prove decisive per incastrarlo. Le prove del suo delitto, per quanto siano state cancellate, lasciano sempre una flebile traccia agli occhi dell’investigatore, di intelligenza superiore alla media nonostante – com’egli ha modo di ammettere in un episodio – in Polizia ci fossero colleghi più capaci e più brillanti di lui.

Il culmine dell’episodio si verifica quando Colombo deve mettere alle strette l’assassino. Dato che pretendere una sua confessione come risposta ad una domanda diretta sarebbe alquanto ingenuo e maldestro, il Tenente gioca d’astuzia: conduce un bluff che in alcuni casi è un vero colpo di teatro, dato che è così ben recitato che il colpevole confessa spontaneamente il delitto commesso (come vediamo nell’episodio in cui mette in scena il finto funerale della moglie).

Da notare è il fatto che in certi episodi il ruolo dell’assassino è stato interpretato da attori o musicisti famosissimi, partecipazioni che senza dubbio hanno dato lustro alla già famosa serie televisiva: Leonard Nimoy, Martin Sheen, Martin Landau, Johnny Cash, Dick Van Dyke e Donald Pleasence, per citare i più noti.

In questo periodo di permanenza forzata tra le mura domestiche, l’ennesima replica di una delle più fortunate e longeve serie tv ha dimostrato quanto il personaggio e le sue avventure siano ancora saldamente radicati nella memoria del pubblico, che dimostra di gradire ancora l’opera a distanza di più di trent’anni dalla sua prima messa in onda.

 

  Massimo Bonomo – Onda Musicale 

 

— Onda Musicale

Tags: Los Angeles/johnny cash
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