Musica

I’m the Walrus, il fascino senza tempo di un capolavoro del ‘900

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I capolavori si logorano meno delle altre opere simili ma di qualità inferiore. Nonostante il trascorrere del tempo, e di moltissime altre cose che si succedono, sono sempre attuali; riescono a sprigionare sempre un arcano fascino, posseggono una strana aura, incantano, divenendo così dei classici, unici…

Ciò accade perché i capolavori sono spesso costituiti, in modo occulto, non tanto di elementi straordinari (o perlomeno non solo), quanto da come sono architettati e ingegnerizzati, cioè in modo più originale di altri, creativamente, distinguendosi da altre cose pure di alta fattura. Di queste meravigliose sintesi creative si sente il profumo della bontà, si percepisce che hanno qualcosa di eccezionale…
 
I Am The Walrus dei Beatles, segnatamente di John Lennon, è una di queste meraviglie che, come moltissime loro, ancora oggi (al netto dei suoi limiti sonici per la bassa tecnologia dell’epoca anche solo rispetto a dieci dopo) nella sua essenza risulta fresco, moderno. E ciò perché le specifiche soluzioni compositive adottate sono state pochissimo percorse da loro stessi, e ancor meno da altri; ancora oggi.
 
Inserito in quella miniera di diamanti che è Magical Mistery Tour, è stato pubblicato come singolo esattamente mezzo secolo fa, ultima settimana di novembre del 1967. Giova rammentare che in musica i fattori musicali fondamentali sono ritmoarmonia, melodiatimbro e forma, e in questo brano il ritmo non è particolarmente importante, mentre gli altri lo sono molto.
 
Esteriormente “The Walrus” è una mirabile fusione tra reiterazione e variazione, tra focalizzazione quasi ossessiva e fantasia vorticosa da Alice nel Paese delle Meraviglie… Sin da subito il piano elettrico esegue ostinati tra due note che producono quasi un effetto di sirena; pendolo allarmante, che peraltro si trasla e anticipa così quel che il flusso del tema cantato diffusamente farà: poche note sovente contigue cromaticamente alternandole rapidamente, in una sorta di fluttuazione cantilenante, ma che si spostano… Per converso, nell’Intro (che ripete a circa metà del brano) il tema ha dei salti notevoli seppur in glissato.
 
E ancora, un turbinio di accordi e temi melodici (e suoni) che però hanno una coesione particolare, come se avessero tante piccole zone magnetiche di attrazione. Infatti, eccezionalmente, tutte le sezioni (Intro, A, B ecc.) sono composte dalla stessa tipologia di accordi, ossia maggiori (con un paio di passaggi aggiuntivi di sus) e ben sette differenti, che delineano come nota bassa fondamentale una precisa scala madre, ma che in specifiche zone del pezzo ruotano come tonica e quindi variano la gerarchia modale, offrendo costantemente strutture melodiche e colori armonici simili ma differenti*. Fantasmagorico.

In musica la connessione biunivoca di reciproca influenza armonia-melodia è sempre presente, e quindi in questo caso la peculiarità armonica si riflette nelle scelte melodiche: questo brano non ha, perché a rigore non può avere, una singola scala per generare la melodia, dunque i motivi melodici si conformano, traslando nello spazio musicale, di volta in volta al procedere degli accordi: speciale.

 
Anche la particolarissima tavolozza timbrica usata ha il suo peso, che non è certo da classica band rock: in sostanza non ci sono chitarre, e basso e batteria fanno il minimo… mentre archi, fiati ed effetti sonori di manipolazioni nastri e rumori sono coprotagonisti insieme con la voce di Lennon, che a volte ringhia acido, satura sonicamente. George Martin è il grande coprotagonista.

La forma è straordinaria, asimmetrica, con una strutturazione interna di battute basata sui numeri 3 e 6; poi in alcune sezioni 5, 4 e 8. Tutto in 4/4 con eccezione al principio; tempo medio.

La struttura del brano:
Intro1 (una battuta “fuori” di 6/4; poi 4, poi 2 con batteria); 21” A1 (6 batt.); 39” A2 (6); 55” Ponte1 (3); 1’04” A1; 1’21” (5); 1’35” A2; 1’52” Ponte1; 2’ Effetti nastri (1); 2’03” Intro2 (3); 2’11” (5); 2’25” Ponte2 (4); 2’36” A1; 2’53” A2; 3’09” Ponte3 (6); 3’25” Coda (8).

Altresì gli accordi si muovono sempre in modo discendente, ad eccezione nel Ponte1; poi nel Ponte2 un piccolo rimbalzo: l’ultimo torna su quello precedente; nel Ponte3, prima della Coda, si ritorna completamente indietro. Nella Coda si apprezza il classicissimo moto contrario tra la sequenza armonica dei bassi discendenti (la stessa dell’Intro) e la linea degli archi, generando un effetto avvolgente, sorta di canone perpetuo.

 
Infine da notare che gli archi (e talvolta i fiati), che permeano e puntellano il brano continuamente, qua e là alquanto arabeggianti, variano sempre i loro interventi melodici, rendendo così ancor più volubile il pezzo, sfuggente…

Tutto questo ha contribuito a rendere “The Walrus”, piccolo oggetto di circa 250 secondi, non logoro nemmeno dopo mezzo secolo, unico. Profetizzo: nemmeno un secolo intero basterà a consumare i denti del tricheco; queste simpatiche creature appaiono in molte leggende dei popoli artici, ora una anche da noi… Viva per sempre.
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* Nell’Intro la scala MI Frigio (dunque sequenza accordale che tonicizza il MI), nella A e scala LA Eolio(tonica LA), C quella di SI Locrio (tonica SI), Ponte scala DO Ionio (tonica DO). Peraltro ogni volta per modulare in questa sezione (il Ponte) c’è un inusuale movimento tritonico degli accordi che permette il lancio verso l’unica parte armonica ascendente del pezzo: da FA a SI per giungere cromaticamente, ascendendo, in DO per poi proseguire in RE ecc.).

 
(fonte: di Carlo Pasceri – www.carlopasceri.it – link)
 
 

— Onda Musicale

Tags: The Beatles
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