Musica

The Beatles – Let It Be… Naked (2003)

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La settimana scorsa si celebrava il 48° anniversario di un grande album, Let It Be, che la critica musicale – al tempo della sua pubblicazione, l’8 maggio 1970 (UK) – non aveva mancato di sottoporre alle Forche Caudine del proprio attento ed implacabile vaglio.

Il disco, pubblicato un mese dopo la dichiarazione con cui McCartney dichiarava una frattura dei Beatles diventata impossibile da camuffare a livello mediatico, era l’atto finale di una straordinaria avventura iniziata nel 1962 con “Love Me Do”. Il grosso di Let It Be venne realizzato con le registrazioni delle sedute svoltesi ai Twickenham Studios nel freddo Gennaio 1969.

Paul McCartney – principale sostenitore del progetto – inizialmente l’aveva denominato “Get Back”: come reazione ai litigi e alle tensioni che avevano iniziato a manifestarsi sempre più forti nel corso del 1968 (durante la realizzazione del White Album) oltre che alla crescente complessità tecnica delle tecniche di registrazione delle canzoni, il Beatle aveva proposto di tornare alle origini ( “get back to the roots” ) con una performance live per la cui ambientazione si era contemplato pure un anfiteatro romano in Tunisia.

L’idea di imbarcarsi in una nuova performance dal vivo fu scartata, dal momento che il ricordo delle massacranti tournée era ancora assai vivo. A parziale smentita di questa posizione si ricorda il memorabile Rooftop Concert del 30 gennaio, prima storica performance in assoluto sui tetti londinesi (prima ed ultima dopo il Candlestick Park): dalle registrazioni di questo anomalo concerto cittadino furono mixate le migliori esecuzioni di “Dig A Pony”, “I’ve Got A Feeling”, “One After 909” (versione più intrigante di un brano del 1963, che ritroviamo nell’Anthology 1) e “Don’t Let Me Down” (quest’ultima – B-side di “Get Back” – scelta in sostituzione di “Dig It” (frammento di una jam session) e “Maggie Mae” (brano della tradizione popolare di Liverpool che Lennon imparò dalla madre), omesse dal Let It Be del 2003.

L’ultimo disco dei Beatles si sarebbe rivelato tale perché, a cominciare dal febbraio del 1969, si sarebbero messe in movimento le sedute di quello che sarebbe stato il capolavoro Abbey Road (uscito nel Regno Unito il 26 settembre): la maggiore importanza attribuita a quest’ultimo fece scivolare in secondo piano il progetto Get Back, momentaneamente accantonato.

Nel marzo del 1970 il controverso manager Allen Klein, dal gennaio dell’anno precedente amministratore finanziario del gruppo, reclutò il celebre produttore americano Phil Spector perché mixasse il materiale delle tese e focose Get Back Sessions al fine di realizzare un prodotto vendibile nonché ascoltabile (a questo proposito eloquente fu l’uscita di Lennon, il quale di Spector disse che «He was given the shittiest load of badly-recorded shit with a lousy feeling to it ever, and he made something of it»). Spector era noto per la ricercata e complessa tecnica di registrazione del Wall of Sound, nella quale il brano veniva arricchito con una folta orchestra che contribuiva a creare un suono spazioso, ampio, che avvolgeva (ed impressionava) l’ascoltatore.

Let It Be, dopo esser passato per le mani di Spector, era sì vendibile, ma fortemente ritoccato rispetto a quella che era la volontà iniziale dei Beatles. McCartney, in una lettera a Klein del 14 aprile 1970 (la si può leggere al seguente indirizzo: LINK), esprime tutto il suo fastidio ed il suo disappunto per la pomposa produzione del disco, soprattutto per i ritocchi di “The Long And Winding Road”.

Nel Novembre 2003 McCartney, con il consenso di Starr e delle consorti di Lennon e Harrison, pubblicò Let It Be in un nuovo mixaggio che lo spogliava (lasciandolo appunto “naked”) di tutti gli interventi di Spector (orchestrazioni e cori), prediligendo per certi brani differenti takes rispetto a quelle del 1970. La nuova versione dell’ultimo LP dei Beatles veniva così presentata in un aspetto fedele alle intenzioni originali del gruppo (nonostante l’opera fosse stata concepita in un periodo di aperta conflittualità tra i quattro musicisti), quindi più “live” e “pura”, con una scaletta leggermente più corta e con i pezzi in un ordine differente rispetto all’originale (infatti il Naked si apre con “Get Back”, che nel disco originale è invece posto a chiusura).

La confezione del nuovo Let It Be oltretutto è corredata da “Fly On The Wall”, disco bonus di 21 minuti in cui si possono sentire i dialoghi che facevano da ponte tra un brano e l’altro, nonché spezzoni di canzoni che sarebbero comparse su Abbey Road.

Al di là dell’eterna disputa tra puristi ed innovatori (versione del 1970 contro versione del 2003), ritengo sia consigliabile possedere entrambe le versioni del disco per cogliere nella sua interezza (e nei suoi dettagli) tutta la ricchezza ed il sapore dell’ultimo capitolo dell’epopea beatlesiana.

 

Massimo Bonomo – Onda Musicale

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Tags: The Beatles/Paul McCartney/Love me do/Wall of Sound/Phil Spector/White Album/Let It Be/Get back/Allen Klein/Abbey Road
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