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Guerra fredda, radio libere e pantaloni strappati: dalla ‘College Music’ al ‘Rock Alternativo’ fu un attimo

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Il post-moderno, si sa, ha creato un bel po' di disguidi ermeneutici nelle testoline di noialtri. Dal Processo di Norimberga in poi, il bipolarismo sovietico-atlantista ha avuto reflussi ben più ampi di quelli a cui crederemmo laddove leggessimo la narrazione storica scolastica; cosa che sconsiglio.

Tra cotanta necessità di fascinazione verso gli yankee anziché gli zaristi (o viceversa), negli anni Ottanta venne fuori una musica del tutto nuovo nel panorama rock. Talmente innovativa da meritarsi l'appellativo di alternative, e non solo per i motivi etimologici superficialmente intuibili.

Le origini… collegiali

Presupposto: l'alternative rock nasce dal post-punk rock tra USA e Gran Bretagna. Ha delle caratteristiche peculiari tutte riconducibili all'utilizzo non poco smodato di chitarre elettriche, bassi elettrici, batterie, e disc jockey.

Per avere un'idea veloce di cosa stiam parlando, basti pensare a quelle band tanto in voga nei filmetti adolescenziali di matrice statunitense. Tant'è che molte testate giornalistiche dell'epoca si sentirono legittimate ad utilizzare niente popò di meno che il termine collegemusic per alludere a ciò che sarebbe stato storicizzato come alternative.

Alternative è un'apostrofazione postmodernista anni Novanta: modulazioni di frequenza, radio FM, strumenti demoniaci dei DJ. Insomma, un mix perfetto per partire come alternativi, e finire su MTV.

Apogei rappresentativi di questo genere musicale – composto a sua volta da miriadi di sottocategorie – furono Nevermind dei Nirvana e Out of Time dei mitici R.E.M.

Le alternative station

Trattavasi, in soldoni, delle prime stazioni radio FM statunitensi, diffuse tra i collegiali americani. Boston, 1980: iniziano a diffondersi a macchia d'olio le stazioni radio autogestite dai giovani, sulla falsariga del successo radiofonico delle liberalizzazioni delle stazioni radio degli anni Settanta, che riguardarono non gli Stati Uniti d'America ma anche il nostro Bel Paese. L'idea di poter esprimere la propria voce, magari tra un riff dei Pearl Jam e l'altro, senza necessarie e convenzionali impostazioni accademiche, allettava e non poco i giovani dell'epoca, alla ricerca di risposte socio-politiche ben più ampie di un mero bipolarismo muscolare tra Rocky e Ivan Drago.

Come ebbe a ribadire più e più volte il New York Times, il rock alternativo non si esauriva nella camicetta sbottonata o nel pantalone strappato, ma prevedeva la ricercatezza della noncuranza. Filosofia artigianale pura, altroché.

Gothic rock

Probabilmente il sottogenere dell'alternative più controverso. Figlio del punk britannico adoperava presentimenti, dispiaceri, sofferenze e misticismo, per rivolgersi a realtà religiose o soprannaturali meritevoli di ampie critiche dal mondo cattolico. Direttamente connaturato alla nascita dei nightclub, si annoverano tra i suoi maggiori esponenti i The Cure, i Sisters of Mercy e i Mission.

Britpop

Avviato dai Bush e i Radiohead, ripreso degnamente dagli Oasis e dai Coldplay, forse è la categoria di maggior successo. Non di rado, i pezzi degli Oasis raggiungevano le vette con album come Be Here now, da molti considerato anche come l'ultimo vero album britipop della storia della musica.

E in Italia?

Nel nostro Bel Paese la situazione fu differente. A differenza dei grandi successi in particola modo britannici, in Italia l'alternative rock troverà apogei interessanti ma mai capaci di scalare le classifiche con i Verdena, i CSI, i Bluvertigo, gli Aftehours e (parzialmente) con Le Vibrazioni. In verità i suddetti gruppi italiani ebbero precursori ben specifici, anche di una determinata colorazione politica: i primi Litfiba e i CCCP.

 

 Daniele Martignetti – Onda Musicale

— Onda Musicale

Tags: Oasis/Litfiba/REM/Le Vibrazioni/Afterhours/Nirvana/Subsonica
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