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“Strawberry Fields Forever”, quando la creatività di Lennon sfidò la tecnica di George Martin

“Strawberry Fields Forever” è una canzone dei Beatles scritta da John Lennon nell’estate del 1966, che deve parte della sua peculiarità all’insolito metodo di produzione usato.

Come è noto, lo “Strawberry Field” era il giardino di un orfanotrofio poco distante dalla casa di John a Liverpool, nel quale il futuro beatle si intrufolava per giocare assieme agli amici d’infanzia scavalcandone il muro di cinta (nella foto). Il verso “nothing to get hung about” è ispirato alle parole con cui la zia Mimi diceva al piccolo John di non andare a giocare in quel parco.

Lennon iniziò a scrivere la canzone ad Almería, in Spagna, durante le riprese del film “Come ho vinto la guerra” (settembre/ottobre 1966), in cui egli recitava. Il brano provvisoriamente si intitolava “It’s Not Too Bad” ed era costituito unicamente dai versi “No one is on my wavelength / I mean, it’s either too high or too low / That is you can’t you know tune in but it’s all right / I mean it’s not too bad”. John in seguito modificò alcune parole e aggiunse il resto del testo.

La canzone fu registrata alla fine del 1966 per essere inserita nel cosiddetto “Liverpool album”, ma fu invece pubblicata come singolo assieme a “Penny Lane” il 13 febbraio 1967. Questo causò la perdita di interesse nel disco su Liverpool e l’inzio dei lavori sull’album Sgt. Pepper. (Vedi approfondimento A day in the Life)

Lennon definì “Strawberry Fields Forever” una delle sue due canzoni “vere” (assieme a “Help!”) e come una sua seduta di psicanalisi in musica. Il lavoro in studio però avrebbe messo in crisi qualunque psichiatra: servirono infatti ben 55 ore di registrazione per inciderne la versione finale.

Tra tutte queste incisioni, registrate tra il 24 novembre e il 21 dicembre 1966 con tonalità, velocità e orchestrazioni differenti, a John piaceva la prima metà della take 7 e la seconda metà della 26. Le due tracce risultavano però molto differenti: la prima era “acustica”, suonata con chitarre, batteria e mellotron; la seconda con un arrangiamento orchestrale per fiati e violoncello, inoltre aveva un tempo più veloce ed era in una diversa tonalità.

Stando al produttore George Martin, il dialogo fra Lennon e lui fu il seguente: “Perché non congiungi l’inizio della prima con la seconda parte della seconda?” “Ci sono due dettagli ad impedirlo: sono in tonalità e tempi diversi.” “Beh, so che tu puoi sistemarli.”

Qui accadde il “miracolo musicale”: la differenza di tempo tra le due registrazioni era quasi esattamente proporzionale alla distanza fra le loro intonazioni. Con letteralmente un paio di forbici, due registratori e un macchinario per il controllo della velocità del nastro, George Martin e il tecnico di studio Geoff Emerick riuscirono ad unire assieme le due versioni, facendo partire quella orchestrale circa a metà del secondo ritornello. Variando la velocità delle due tracce per portarle approssimativamente allo stesso tempo, le due tonalità risultarono estremamente simili, al punto che è difficile accorgersi dell’artificio senza esserne a conoscenza.

“Martin e il suo tecnico Geoff Emerick realizzarono uno dei più efficaci lavori di editing nella storia della musica pop. Con l’aiuto di Dio, e un po’ di fortuna.” fu il commento del più modesto George Martin.
  (Ian MacDonald)

— Onda Musicale

Tags: John Lennon, The Beatles, George Martin, Strawberry fields forever
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