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18 settembre 1970: la tragica morte di Jimi Hendrix

Jimi Hendrix nacque a Seattle il 27 novembre 1942. Si racconta che già da bambino costruì da solo un “cordofono” con una scatola da sigari e un elastico.

Quando era adolescente suo padre gli regalò una chitarra accordata per destri, che lui imparò a suonare nonostante fosse mancino. Portò avanti questo suo modo di suonare la chitarra “rovescia” durante tutta la sua carriera.

Il suo primo concerto risale al 1959 con il gruppo dei Velvetones, a cui seguirono altre performances con diversi gruppi sempre di maggior successo. Nel 1966 formò assieme ad altri musicisti la band Jimmy James and The Blue Flames (alias The Rainflowers), il suo primo gruppo come leader. Con questa formazione riuscì ad attirare l’attenzione di molti, compresa quella di Frank Zappa, che si dice gli insegnò l’uso di un nuovo effetto per chitarra: il wah wah. Chas Chandler, bassista degli Animals, vide in lui un nuovo talento da lanciare, e gli propose di realizzare la cover di “Hey Joe” di Billy Roberts.

L’arrivo a Londra

Con la promessa che avrebbe conosciuto Eric Clapton, Jimi si lasciò convincere ad andare a Londra, dove formò un “power-trio” con il chitarrista Noel Redding al basso e Mitch Mitchell alla batteria, sotto il nome di Jimi Hendrix Experience. L’effetto della band sulla musica inglese fu come un tornado, che stupì gli stessi Eric Clapton e Jeff Beck, e spinse gli Who a convincere Hendrix ad accettare un contratto dalla loro casa discografica.

Con questa nel dicembre 1966 venne pubblicato il singolo di “Hey Joe”, seguito da quelli di “Purple Haze” e “The Wind Cries Mary”. L’ascesa nella classifica inglese dell’album “Are You Experienced?” fu fermata alla posizione numero due da “Sgt. Pepper”, il capolavoro dei Beatles. E fu proprio Paul McCartney a consentire ad Hendrix di sfondare anche negli Stati Uniti, facendolo partecipare al “Monterey International Pop Festival” nel 1967.

Sapendo che il concerto sarebbe stato filmato, la band mise tutto il suo impegno nell’esibizione. Hendrix suonò la sua chiarra in tutti i modi possibili, anche con i denti, dietro la schiena, contro l’asta del microfono e la usò per mimare atti sessuali. Alla fine della performance, come tutti sanno, le diede fuoco.

Nello stesso anno la band realizzò il disco “Axis: Bold as Love”, di cui Hendrix dimenticò il master del lato A dell’album sul sedile di un taxi, senza riuscire a recuperarlo. Nonostante questo incidente il disco fu un successo, che non bastò a tenere Hendrix lontano dai guai: mentre la band si trovava a Stoccolma per alcune date del tour, il chitarrista fu arrestato per aver devastato una stanza d’albergo sotto l’effetto dell’alcool.

Il successivo album “Electric Ladyland visse delle fasi di lavorazioni travagliate. Il produttore Chas Chandler abbandonò il progetto in aperto contrasto con Hendrix, il quale voleva lavorare in maniera sperimentale, facendo tutto a modo suo. Il perfezionismo del chitarrista richiedeva ai musicisti di suonare e risuonare le parti fino all’esasperazione, in attesa del suono perfetto. Si dice che il brano “Gipsy Eyes” sia stato registrato ben 43 volte prima di trovare quella giusta. Anche il bassista Noel Redding era frequentemente in contrasto con Hendrix, e a volte abbandonava lo studio di registrazione durante le incisioni per calmarsi. Al suo rientro spesso trovava la linea di basso registrata dallo stesso Hendrix.

L’arresto per possesso di droga

Il 3 maggio 1969 Hendrix fu arrestato per possesso di hashish ed eroina mentre si trovava al Pearson International Airport di Toronto.
Anche la frequente isteria collettiva dei fans ai loro concerti minava l’integrità dei membri della band: la loro esibizione al Bob Fey’s Denver Pop Festival del 29 giugno 1969 vide violenti scontri tra il pubblico, che necessitarono l’intervento delle forze dell’ordine con i gas lacrimogeni. I tre membri del gruppo dovettero scappare dalla scena e rinchiudersi nel rimorchio di un camion del service assediato dai fans. Redding mollò la formazione il giorno dopo.

La straordinaria esibizione a Woodstock

Rimane ancora impressa nell’immaginario collettivo l’esibizione di Jimi Hendrix al festival di Woodstock nell’agosto del 1969. Con una nuova band dal nome Gipsy Sun And Rainbows la sua partecipazione era prevista in chiusura della serata del 18 agosto, terzo ed ultimo giorno della kermesse. A causa di un violento acquazzone e di problemi tecnici e logistici tutte le esibizioni accumularono ritardo, e quella dei Gipsy Sun And Rainbows slittò all’alba del 19 agosto. Dopo due ore di concerto, Hendrix chiuse il festival suonando l’inno americano distorto e intervallato da suoni che ricordavano bombardamenti, mitragliate, sirene di contraerea e altri rumori di guerra volti ad evocare il conflitto in Vietnam, prodotti con la sua chitarra.

I Gipsy Sun And Rainbows durarono il tempo di pochi altri concerti, per essere sostituiti dalla Band of Gypsys con Billy Cox e Buddy Miles. Con questa formazione e titolo nel 1970 uscì un LP che raccoglieva il meglio dei quattro concerti tenuti dalla band in due giorni, tra il 31 dicembre 1969 e il 1° gennaio 1970.

Winter Festival of Peace

Il 28 gennaio 1970 la band partecipò al Winter Festival of Peace presso il Madison Square Garden di New York. Anche in questo caso l’esibizione dovette slittare in avanti fino alle tre di notte. Hendrix salì sul palco sotto effetto di LSD, suonò solo due pezzi e poi si mise ad insultare il pubblico, rifiutandosi di proseguire il concerto. Dovettero intervenire i suoi roadies e portarlo via di peso. Il batterista Buddy Miles accusò il loro manager, Michael Jeffery, di aver volontariamente somministrato l’LSD ad Hendrix per rendere l’esibizione disastrosa e ricostituire gli “Experience”. Se vi sembra un’accusa esagerata, sappiate che la mossa successiva di Jeffery fu quella di sciogliere la band e riformare il trio Hendrix, Redding e Mitchell. Durò poco, perché il chitarrista sostituì in breve tempo Redding con Cox dei “Gypsys”. I concerti di quell’anno videro Hendrix in condizioni non buone, e a volte fischiato dal pubblico.

La sua morte

La mattina del 18 settembre 1970 Monika Dannemann, compagna di Hendrix, trovò il chitarrista morto nell’appartamento preso in affitto al Samarkand Hotel di Londra. Alla polizia disse che fosse morto nella notte soffocato da un improvviso conato di vomito, a causa di un cocktail di alcool e tranquillanti. La morte così poco dignitosa di un personaggio di tale caratura spinse alcuni fans ad inventare la leggenda che passerà alla storia come “Club dei 27”.

Le registrazioni del disco che Hendrix aveva in preparazione furono parzialmente pubblicate nel 1971 con il titolo di “Cry of Love”, e riproposte nel 1997 in una forma più completa in “First Rays of New Rising Sun”. La pubblicazione di inediti postumi di Hendrix non si è mai fermata, e continua ancora adesso, con il grottesco e surreale risultato che il chitarrista si ritrova ad aver fatto uscire più dischi da morto che non da vivo.

Nello specifico:


– da vivo: 3 album studio, 2 album live, 2 raccolte, 12 singoli
– da morto: 10 album studio, 32 album live, 1 raccolta, 20 singoli

— Onda Musicale

Tags: Jimi Hendrix
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