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Dopo 50 anni il “White album” non smette ancora di stupire

Il 9 novembre è uscita la versione 50° anniversario di “The Beatles”, meglio noto come White Album, in diversi formati in base ai contenuti e ai supporti.

La parte del leone la fa la “7 Disc Super Deluxe Edition”, contenente due cd con il nuovo mix dei brani originali, un cd con gli Esher Demos e ben tre cd con le sessions dell’album: un totale di 107 tracce! Comprende inoltre un Blu-Ray e un libro.

L’operazione compiuta sui nastri originali da Giles Martin, figlio dello storico produttore dei Beatles George, è molto più della pulizia o della rimasterizzazione a cui erano stati sottoposti negli scorsi decenni. Giles ha preso i nastri originali, li ha digitalizzati ed è intervenuto su questi con l’intento di far sentire gli ascoltatori il più possibile vicini ai Beatles in sala d’incisione. Ascoltando il risultato si possono sentire differenze nella distribuzione degli strumenti nello spazio, la cui divisione nei due canali è stata resa meno marcata, alcuni sono stati messi in risalto e altri attenuati. Praticamente Giles Martin ha quasi rifatto da zero il lavoro di suo padre, e il risultato è apprezzabile anche dalle orecchie meno esperte.

La storia ci aveva tramandato come le sessions del “White album” fossero state caotiche, disordinate ed estremamente creative. Ora questa nuova pubblicazione spalanca le porte su questo mondo, confermando o smentendo quanto si era ipotizzato in 50 anni. I tre cd di sessions contenenti le take scartate e non finite nell’album presentano materiale capace di stupire anche il più esperto beatlesiano.

Tra queste Revolution 1 (Take 18)”, che dura ben 10’28” con John che canta “out/in” e la lunghissma coda strumentale. È la famosa versione che Lennon cantò sdraiato sul pavimento dello studio di registrazione e quella che “perse la coda” (che diventerà la base per “Revolution 9”).

Molte canzoni risultano più belle in queste take scartate che non in quelle pubblicate nel “White album”. Tra queste “Good night (Take 10)” cantata da tutti e 4 i Beatles assieme (stupenda!), e anche “Good Night (Take 22)” con solo la voce di Ringo Starr e il pianoforte, in cui il batterista canta benissimo, molto migliore della versione ufficiale.

“Ob-La-Di, Ob-La-Da (Take 3)” è cantata in maniera diversa da quella famosa, e con la chitarra in primo piano. È una versione più divertente, ed essendo un pezzo allegro ciò non disturba affatto e sarebbe stata benissimo sull’album. Imperdibile John Lennon che fa la musica con la voce cantando “chicaboom”.

Il capolavoro tra queste tracks è probabilmente “Helter Skelter (First Version / Take 2)” la mitologica versione da 12’53”! È un brano lento, ipnotico e psichedelico, molto diverso da quello famoso. Quei quasi tredici minuti sono imperdibili e rivoluzionari, vanno assolutamente ascoltati! Per non parlare di “Helter Skelter (Second Version / Take 17)” se possibile ancora più energica di quella finale, assolutamente punk rock!

Imprescindibile anche “While My Guitar Gently Weeps (Acoustic Version / Take 2)” bellissima versione acustica eseguita da Harrison; non si capisce come possa esserle stata preferita la versione più famosa.

Stupendi anche i brani non finiti nell’album del ’68 “St Louis Blues (Studio Jam)”, “Not Guilty (Take 102)”, “[You’re So Square] Baby I Don’t Care” e “What’s The New Mary Jane (Take 1)” con un divertito Lennon che ride più volte.

È una vera chicca “Let it be” in una stranissima versione ipnotica e distorta, completamente diversa da quella inserita nell’album omonimo.

Ed è una rarità anche “Blue Moon (Studio Jam)”, proprio quella “Blue Moon”, che i Beatles si divertirono a suonare tra una session e l’altra.

Sorprendono anche “Step Inside Love (Studio Jam)” scritta da McCartney per Cilla Black ma qui eseguita dal suo autore e seguita da “Los Paranoias (Studio Jam)”, e “Can You Take Me Back? (Take 1)” che precede “Cry Baby Cry”.

L’ultima perla è “Across The Universe” solo voce e chitarra, acustica, solo Lennon, bellissima, germoglio iniziale da cui si svilupperà la versione pubblicata in “Let it Be”.

l vero tesoro del cofanetto sono però gli Esher demos, registrazioni che i Beatles fecero a casa di George Harrison nel maggio 1968, una volta tornati dall’India. Il quartetto si trovò a Esher, nel Surrey, per far sentire agli altri (e non dimenticare) tutti i pezzi che avevano composto tra l’uscita dell’album Sgt. Pepper e quel momento. Sono in molti casi brani ancora allo stadio iniziale, a volte con parole e musiche diverse, incisi alla buona e con una consistente dose di improvvisazione, ma sono il più vicino possibile a quello che i singoli autori avevano concepito. Finora non era mai stato possibile ascoltare queste registrazioni se non attraverso dei bootleg. Queste tracce riscrivono in parte la storia dei Beatles come la conoscevamo.

Tra queste canzoni possiamo ascoltare “Back In The U.S.S.R.” in una versione più spumeggiante e balneare, che sembra un pezzo dei Beach Boys.

Troviamo inoltre “Dear Prudence” cantata da Lennon più dolcemente, sembra cantata per una bambina. Anche “Ob-La-Di, Ob-La-Da” è intonata in maniera diversa, più divertente e con la chitarra in primo piano, senza pianoforte. Interessante anche “The Continuing Story Of Bungalow Bill” senza la parte cantata da Yoko Ono, con la sola voce di Lennon.

La vera perla è però “While My Guitar Gently Weeps” in una splendida interpretazione suonata solo con la chitarra classica. E funziona, funziona perfettamente. Bella anche “Piggies” suonata da Harrison con la chitarra al posto del clavicembalo.

Possiamo ascoltare anche una curiosa versione di “Happiness Is A Warm Gun” senza la parte iniziale, ma che inizia direttamente con la parte “I need a fix ‘cause i’m goin’ down…” per poi passare a “Mother superior jump the gun”. Alla fine Lennon canta le parole “Yoko oh no, Yoko oh yes” e soprattutto manca il ritornello che dà il titolo al pezzo. Da sentire assolutamente.

Non esistono parole per descrivere la bellezza della versione di “Julia”, cantata da Lennon ma con McCartney che fa la seconda voce, e risolve “live” il problema della sovrapposizione tra le strofe.

Troviamo inoltre una “Yer Blues” veramente blues, molto più della versione edita nel 1968. E che dire di “Everybody’s Got Something To Hide Except Me And My Monkey” con un inizio completamente diverso da quello ufficiale?

Molto interessante per gli esperti sarà constatare che la versione veloce di “Revolution” già esisteva negli Esher demos, contenente i battimani e il verso “you can count me out” senza “in”.

Molto bella anche “Sour Milk Sea” eseguita da George Harrison, che lui stesso regalerà a Jackie Lomax e non verrà mai pubblicata a nome dei Beatles, almeno fino ad ora. Destino simile anche per “Junk” in una bellissima versione (imperdibile!) e che vedrà la luce solo due anni dopo sull’album solista “McCartney”. Stessa storia per “Circles” e “Not Guilty” che finiranno negli album solisti di George Harrison.

Sugli Esher demos possiamo ascoltare anche “What’s The New Mary Jane” che non fu pubblicata sul “White Album”. È una sorpresa ascoltare la verione originale di “Mean Mr Mustard” e “Polythene Pam”, che saltarono l’album “The Beatles” per finire direttamente su Abbey Road.

Concludo questa carrellata con “Child of nature”, finalmente pubblicata (era stata esclusa anche dall’“Anthology”) suonata con chitarra, tamburello e mandolino.

Il giudizio finale è: nonostante il costo elevato del prodotto, il suo contenuto vale decisamente l’acquisto. Se siete degli appassionati dei Beatles e possedete già il “White Album”, questa nuova versione porterà una ventata di novità anche a voi. Le differenze con la versione del 1968 vi stupiranno piacevolmente.

 

 

 

 

— Onda Musicale

Tags: The Beatles, White Album, Giles Martin
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