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La Top 10 dei pezzi più sottovalutati dei Beatles

Siamo abituati a considerare i Beatles come la band più importante della storia del pop, ma anche come uno dei fenomeni fondamentali del ‘900, non solo in ambito musicale.

Yesterday, Michelle, Come Together, Let It Be, Hey Jude, l’elenco dei loro pezzi entrati della leggenda sarebbe buono da solo per riempire tutto l’articolo; eppure, ascoltando per bene la loro discografia, ci possiamo accorgere di come siano presenti decine di canzoni meno conosciute, sottovalutate o che comunque non hanno raccolto il successo che forse avrebbero meritato. Sono brani importanti non solo per completare la conoscenza dei Fab Four, ma soprattutto per scoprire altri lati della loro personalità.

Ed ecco così spuntare fuori un tesoretto di brani psichedelici, incursioni nel blues e atmosfere acustiche al limite del country; e, soprattutto, la scoperta della miniera di canzoni scritte da quello che forse è stato il più sottovalutato dei Beatles, George Harrison.

E allora, let’s go!

10. Sexy SadieWhite Album, 1968

Nel 1968 i Beatles vivevano un delicato passaggio del loro percorso esistenziale; fu George Harrison ad avere l’idea di trascorrere un periodo in India dal guru Maharishi Mahesh Yogi. Lennon presto si convinse che il maestro altro non fosse che un truffatore, che predicava la meditazione e viveva nel lusso quanto il fondatore di Playboy. Proprio a lui è dedicata la canzone, con la Sexy Sadie del titolo a trasfigurare il santone. Sexy Sadie, what have you done? / You made a fool of everyone o The world was waiting just for you sono passaggi in cui Lennon chiarisce il suo pensiero sul guru. Nel pezzo i Beatles sono schierati al completo, con Lennon che oltre al canto si occupa di chitarre soliste e Hammond. McCartney, oltre al basso suona il pianoforte. La celebrità del brano è dovuta a Susan Atkins, seguace di Charles Manson da lui ribattezzata Sadie prima dell’uscita del White Album, cosa questa che rafforzò nella mente malata di Manson l’idea che i Beatles gli parlassero attraverso i loro dischi. I Radiohead in Karma Police hanno preso in prestito la sequenza di accordi dell’introduzione per il ritornello. Look What You Donedei Jet ne è un plateale tributo.

9. I’m So Tired – White Album, 1968

Altro brano tratto dal doppio bianco, scritto anch’esso, come la maggior parte, nel periodo indiano dei Beatles. Nonostante sia accreditata a Lennon/McCartney, fu scritta dal solo John e fa ben capire lo stato d’animo di Lennon alla corte del guru Maharishi. Anche qui Beatles al completo e ognuno al suo strumento canonico. Il brano è uno di quelli che più anticipano il Lennon solista, come stile e suoni. Viene spesso citato nella delirante teoria Paul Is Dead per alcuni sussurri nella parte finale.

8. For You Blue – Let It Be, 1970

Uno dei quattro brani scritti da George Harrison a finire su un singolo, seppure come lato B, For You Blue è un classico blues a 12 battute, che si distingue per l’atmosfera particolarmente rilassata e allegra. Harrison, oltre a cantare, suona la chitarra acustica, lasciando la parte solista a Lennon che, per una volta, suona una lap steel guitar. Si può ancora ascoltare l’incitamento di George durante il breve solo, inneggiante al pioniere della slide guitar Elmore James. Sir Paul suona un pianoforte che, per avere un suono da honky tonk, era stato preparato infilando fogli di carta tra le corde.

7. Doctor Robert – Revolver, 1966

Questo piacevolissimo beat con tanto di maracas suonate da Harrison, fu scritto da Lennon e McCartney e, al di là della non grande fama, ha fatto molto almanaccare per il mistero dell’identità del Dottor Robert che gli dà il titolo. Inizialmente Paul liquidò la questione dicendo che il testo parlava semplicemente di un dottore che curava tutti i mali con la stessa pillola. Molti ci videro un ritratto del Dr. Feelgood, ovvero Max Jacobson, medico di Kennedy tra gli altri; o di Robert Freymann, dottore newyorchese che non si faceva pregare per prescrivere anfetamine. Altri dicevano che fosse Bob Dylan o addirittura lo stesso Lennon. A noi resta una bellissima canzone da riscoprire.

6. Why Don’t We Do It In The Road?White Album, 1968

Paul McCartney era sicuramente, con Ringo Starr, il meno interessato alla meditazione durante il periodo indiano. La canzone nasce dal fatto che, proprio mentre meditava con scarsa intensità, Paul si distrasse osservando due scimmie che si accoppiavano impunemente sotto i suoi occhi. Musicalmente è una delle incursioni dei Beatles nel rock blues allora imperante; Paul suona tutti gli strumenti eccetto la batteria di Ringo Starr. Il testo ripete ossessivamente la stessa frase dall’inizio alla fine, mentre McCartney rispolvera l’attitudine e la voce di carta vetrata degli esordi rock’n’roll.

5. Love You To – Revolver, 1966

Altro pezzo scritto da George Harrison, ne riflette appieno la fascinazione per strumenti e atmosfere indiane. Forse è il primo brano che sfoggia tali suggestioni platealmente, dopo l’assaggio di sitar in Norwegian Wood dell’anno prima.Tecnicamente il brano esplora effettivamente varie tecniche della musica indiana e si apre con una improvvisazione di Harrison al sitar che si conclude nel riff che fa da canovaccio al brano. Altri musicisti indiani collaborano con tabla, sitar e tambura, mentre il solo beatle che partecipa oltre a Harrison è l’immancabile Ringo che suona il tamburello. Il pezzo è forse la più riuscita incursione harrisoniana nella musica indiana.

4. Yer Blues – White Album, 1968

Di nuovo dal forziere delle meraviglie, ovvero il doppio White Album, il pezzo più blues dell’intera discografia dei Beatles. Yer Blues è un brano di John Lennon, dal testo cupo e pessimista, scritto di nuovo nel periodo indiano. L’andamento è quello classico del blues e si rifà al passaggio tra il primo british blues – John Mayall, Chicken Shack e Savoy Brown – al rock blues più roccioso di formazioni come i Cream. Lennon offre una strabiliante prestazione vocale, degna di un vero bluesman. Harrison fa un gran lavoro alla chitarra elettrica e regala anche un veloce assolo con un suono molto trattato. Peccato il solo di Lennon che vanifica un po’ l’atmosfera. C’è una splendida versione registrata nel Rock’n’roll Circus dei Rolling Stones, con Keith Richard al basso e Eric Clapton che impreziosisce il tutto con la sua Gibson. Impagabile la sua espressione al momento dell’assolo di John Lennon.

3. I Me Mine – Let It Be, 1970

I Me Mineè un brano scritto e cantato da George Harrison; la struttura è molto particolare: parte in modo solenne e malinconico, con un bel lavoro di Harrison alla chitarra elettrica e di McCartney all’organo, per poi esplodere in un ritornello blues che sancisce un cambio di ritmo e di atmosfere. Registrato il 3 gennaio del 1970 ad Abbey Road, senza John Lennon, è il brano che si fregia del titolo di ultima registrazione dei Beatles. Rimaneggiato da Phil Spector in post produzione, è uno dei pezzi che meglio fa comprendere il genio sottovalutato di George Harrison.

2. Think For Yourself – Rubber Soul, 1965

Ancora un brano scritto e cantato da George Harrison e ancora una prestazione degna dei più blasonati Lennon e McCartney. Think For Yourself è una canzone che sorprende per le tante invenzioni e per le diverse atmosfere che la animano. È inoltre caratterizzata dal sorprendente utilizzo di un fuzzbox che va a distorcere pesantemente il suono del basso elettrico. Una delle tante invenzioni in sala di registrazione, quasi fantascienza per l’epoca.

1. Hey Bulldog – Yellow Submarine, 1968

Ed eccoci in cima a questa bizzarra Top 10. Hey Bulldog è un pezzo di rock psichedelico ai limiti dell’hard rock, caratterizzato da un solido riff suonato contemporaneamente da piano, basso e chitarra elettrica. Un riff che entra di diritto tra i più belli dell’epoca, degno rivale di pezzi dei Rolling Stones e dei Deep Purple. Ottimo anche il breve assolo acido di George Harrison e la vocalità roca adottata da John Lennon per l’occasione. Secondo i presenti, la registrazione del brano fu l’ultima occasione in cui i quattro sembrarono veramente coesi e entusiasti di suonare assieme.

— Onda Musicale

Tags: Eric Clapton, The Beatles, Paul McCartney, Yesterday, George Harrison, Revolver, Hey Jude, White Album, Let It Be, Come Together
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