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27 ottobre 2013: muore Lou Reed

Lou Reed
Sei anni esatti sono passati da quando, per prima, la rivista Rolling Stone America diede una notizia che scosse il mondo della musica. Una delle maggiori icone del rock era morta lasciando un buco indelebile nel panorama musicale contemporaneo.

Si trattava di Lewis Allan Reed, al secolo Lou Reed. Un artista che attraverso, prima il suo gruppo, i Velvet Underground, e poi la sua carriera da solista, si era affermato come una delle maggiori figure nel panorama musicale dagli anni 60 in poi. Reed era deceduto a nella sua casa aEast Hampton (New York), secondo la versione ufficiale per complicanze dovute al trapianto di fegato a cui si era sottoposto il maggio precedentealla Cleveland Clinic in Ohio.

La salute dell’artista era da anni cagionevole poiché soffriva di epatite c e diabete.  Recentemente aveva anche sviluppato un tumore che lo aveva portato ad eseguire il fatale trapianto. Anche se tale  operazione  sembrava inizialmente essere andata a buon fine, presto Reed aveva iniziato ad accusare i primi problemi. Il 30 giugno aveva avuto una primo grave malessere che lo aveva costretto ad un ricovero di urgenza per acuta disidratazione presso il Southampton Hospital di Long Island (New York). La seconda  e fatale ricaduta era avvenuta, invece, alcuni giorni prima della sua morte e l’artista aveva fatto ricoveraro alla Cleveland Clinic.

In questo secondo caso l’artista era stato presto dimesso in quando, constatata l’irreversibilità della condizione, i medici avevano consentito di lasciargli passare il tempo che gli rimaneva nella sua casa. Gli ultimi istanti della vita di Reed sono stati raccontati a Rolling Stone USA dalla moglie del cantante, Laurie Anderson. La donna in un’intervista uscita nella rivista del 21 Novembre 2013, ha descritto così gli ultimi attimi dell’artista. 

“I have never seen an expression as full of wonder as Lou’s as he died. His hands were doing the water-flowing 21-form of tai chi. His eyes were wide open. I was holding in my arms the person I loved the most in the world, and talking to him as he died. His heart stopped. He wasn’t afraid.“

“Non ho mai visto un espressione così piena di meraviglia come quella di Lou mentre moriva. Le sue mani stavano facendolo stile dell’acqua del tai chi. I suoi occhi erano ben aperti. Io stavo tenendo tra le mie mani la persona che amavo di più al mondo, parlandogli mentre moriva.  Il suo cuore si fermò. Non era impaurito.”

Reed dunque ha vissuto la sua fine in modo quindi molto sereno, aiutato dal tai chi, una forma di arte marziale che da amplio spazio alla meditazione  e che lui praticò assiduamente nell’ultimo periodo della sua vita. Un approccio alla morte che è sicuramente in linea con la singolare personalità e vita dell’artista.

Lou Reed nacque a Brooklyn (New York)  il 2 Marzo 1942 e lì visse fino ai suoi dieci anni, quando si trasferì a Long Island. Figlio di una famiglia ebrea alto-borghese, si avvicinò molto presto alla musica iniziando a suonare a 8 anni il piano spronato dagli stessi genitori.

Non appassionandosi particolarmente a questo strumento, presto lo abbandonò per iniziare a suonare la chitarra e in breve tempo formò  il suo primo gruppo. A 14 anni con la sua band, i Shades, pubblicò il suo primo album, So Blue,  e iniziò ad esibirsi nei bar, nelle feste scolastiche e in una  radio locale. In questi anni Reed ebbe una forte crisi depressiva. Questo, assieme al suo parlare esplicitamente della propria bisessualità, portò la sua famiglia a sottoporlo, a soli 17 anni,  a varie sedute di elettroshock per curarlo.

Tale fatto lo segnò enormemente.  Fu il finale colpo di grazia nei confronti dei rapporti già travagliati con la famiglia e fu ciò che più avanti ispirò la canzone Kill Your Sons (Sally Can’t Dance, 1974). Terminato il liceo il giovane artista si iscrisse alla Syracuse University, un istituto privato di Syracuse (New York) dove studiò giornalismo, regia cinematografica e scrittura creativa. Qui conobbe una delle persone che influenzò maggiormente  il suo modo di comporre i testi delle sue canzoni, ossia il suo professore di scrittura creativa, Delmore Schwarz.

Schwarz fu uno scrittore estremamente talentuoso che, grazie ai suoi lavori e al fatto di insegnare in alcune delle più prestigiose università americane,  ebbe una grande influenza negli scrittori americani degli anni 30 e 40. Nonostante questo suo enorme contributo, Schwarz  non godette di grande riconoscimento e fama durante la sua vita e soffrì molto di depressione e di dipendenza dall’alcool. Ciò sicuramente contribuì alla sua morte precoce a soli 53 anni, nel 1966.

Reed fu estremamente affascinato dal suo talento e dalla sua personalità così tormenta e arrivò a dedicargli, nell’anno della sua morte, la canzone European Son. Un brano che venne poi incluso nel primo lavoro dei Velvet Underground, The Velvet Underground & Nico (1967).

Nel 1964 il giovane Reed si trasferì a New York dove iniziò a comporre musica commerciale per la Pickwick Records. Una di queste canzoni, The Ostrich, venne notata dai suoi produttori che decisero di affiancargli altri musicisti per formare un gruppo che prese poi il nome di The Primitives.

Tra gli artisti scelti dai produttori vi era un polistrumentista gallese, un certo John Cale, che divenne poi uno dei membri della band che avrebbe portato alla notorietà Reed,  i Velvet Underground. I due musicisti, infatti, furono i fondatori e le figure chiave di questo nuovo progetto formatosi più tardi nel 1964.

I Velvet Underground comprendevano loro due, il chitarrista e bassista Sterling Morrison e la batterista Maureen Tucker. Vennero presto notati dal visionario artistaAndy Warhol che li accolse al Factory, un luogo ritrovo per artisti da lui stesso creato.

Warhol funse poi da loro protettore e li promosse e sovvenzionò. Fu inoltre egli stesso a volere fortemente l’inserimento dell’attrice,modella e cantante tedesca Christa Päffgen, in arte Nico, nel gruppo. L’avventura di Reed con i Velvet Underground diede vita a 4 studio album: il già menzionato The Velvet Underground & Nico (1967); White Light/White Heat (1968); The Velvet Underground (1969); Loaded (1970).

Questi lavori influenzeranno grandemente i  musicisti delle generazioni successive, non solo per la loro innovazione a livello melodico ma anche per i testi dello stesso Reed. I testi composti erano infatti profondamente poetici e  risentivano grandemente del background letterario dell’artista statunitense e della sua anima ribelle da  “poeta maledetto”. 

Erano componimenti innovativi perché non esitavano ad esporre tematiche ancora taboo per l’epoca come l’omosessualità .  Inoltre, come quasi nessun aveva fatto prima, si riferivano in modo estremamente crudo e realista ai deleteri effetti della droga.

Reed lasciò definitivamente la band nel 1971 per diversi contrasti con gli altri membri. Questo allontanamento ebbe un impatto molto negativo nell’artista che tornò a casa dei suoi genitori pensando ad un definitivo ritiro dalla scena musicale per dedicarsi solo alla poesia.

Fortunatamente questa pausa creativa non durò molto poco.  Reed venne ricontattato da un vecchio dirigente dei Velvet Underground che lo convinse a ricominciare a fare musica. Il giovane, si recò, anche se titubante, a Londra dove la sua musica stava ottenendo un maggior successo. Qui compose il suo primo LP da solista, Lou Reed (1972), che conteneva brani inediti ma anche alcuni pezzi non inclusi nei lavori dei Velvet UndergroundQuesto primo LP non ebbe grande successo ma le cose iniziarono comunque a muoversi.

A Londra, infatti, Reed incontrò svariati artisti tra cui David Bowie. Quest’ultimo che aveva un contratto con la sua stessa casa discografica, la RCA Records, produsse il suo secondo disco Transformer (1972).

Con Transformer la carriera da solista di Reed decollò definitivamente. Da qui vennero prodotti altri 21 album, l’ultimo dei quali, Lulu,  creato in collaborazione con i Metallica, uscì nel 2011. Una carriera, quella da solista, che lo ha visto quindi attivo per quasi 40 anni.

40 anni in cui Reed ha saputo rinnovarsi e sfornare materiale sempre di altissima qualità artistica. 40 anni in cui ha creato dei lavori che, insieme ai quelli prodotti con i Velvet Underground, hanno reso unico il contributo dato da questo artista al modo della musica.

— Onda Musicale

Tags: Metallica, Lou Reed, Velvet Underground, John Cale
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